Capitolo 4

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Dopo la 'buonanotte' di ieri sera, Cameron non mi ha più scritto per tutto il giorno. Manca solo un'ora e poi potrò tornare a casa.

Vado verso il mio armadietto e prendo i libri per letteratura, lo richiudo e un foglietto di carta cade a terra.

Lo raccolgo e vedo che non è un semplice foglio, ma un biglietto.

Lo apro e leggo il contenuto.

" Ti aspetto all'uscita davanti la prima finestra a destra. Devo parlarti. "

Solo alla fine capisco che è di Nash dalla grafia arrotondata che cura di più alla fine di ogni frase.

Prima di entrare in classe una mano si posa sulla mia spalla. Mi volto e vedo la mia amica Katalyn.

"Vale il preside ti vuole nel suo ufficio."

Rimango basita e spalanco gli occhi. Non so il motivo di questa convocazione e la cosa mi preoccupa.

"Ora?" domando.

"Si ora muoviti!"

"Ma così salterò l'ultima ora, mancano solo 5 minuti all'inizio della lezione!"

"Ha detto che hai il suo permesso per saltarla."

La ringrazio e mi dirigo verso l'ufficio del preside. Entro alquanto spaventata.

"Salve signorina Ross, si accomodi."

Ricambio, intimorita, il saluto e mi siedo sulla poltroncina davanti la scrivania del preside Green. Ogni mio movimento, seppur discreto, viene seguito dal suo sguardo attento e severo. Alzo lo sguardo e chiedo il motivo di questa convocazione così improvvisa.

"Signorina ho saputo da poco di ciò che è successo in casa. Mi dispiace moltissimo e sono sicuro che non è una cosa facile da sopportare. D'altronde per chi sarebbe facile affrontare una disgrazia simile? Voglio solo che..."

Non riesco a collegare il cervello alla lingua e non dico nulla, limitandomi ad annuire. Cosa è successo? Di cosa sta parlando? Per farmi rivelare più informazioni possibili rimango in silenzio fino alla fine del suo monologo. Devo assolutamente estrapolarne più informazioni possibili.

"... non deve temere, se vorrà prendersi qualche giorno per accettare l'accaduto faccia pure. Le manderò i migliori studenti per farle ripetizioni e spiegarle il programma svolto nei suoi giorni di assenza. A sua madre provvederanno i migliori medici della città a curarla. Non tema e speri sempre nel meglio. Ma, signorina, mi sta ascoltando? Se vuole la faccio accompagnare in infermeria, la vedo alquanto sconvolta. Lei era a conoscenza di tutto ciò, giusto?"

"Si, certo" mi affretto a rispondere per evitare che si insospettisca. Devo fargli credere che il mio shock per questa rivelazione non sia altro che lo sconforto e la preoccupazione per ciò che, a quanto pare, sanno tutti tranne me.

"La ringrazio ma sto bene, davvero. Bene per quanto possa stare in questo momento. Mi dica, è stata mia madre a parlarle di tutto questo?" proseguo per evitare sospetti.

"No. Sua madre non è il tipo di donna che rivela ogni sua disgrazia al primo passante che incontra. La ammiro moltissimo per come sta reagendo alla sua malattia. E' una donna forte che sicuramente riuscirà ad affrontare anche questa difficoltà, come ne ha affrontate tante altre."

Per questo allora negli ultimi giorni si è comportata diversamente del solito. La preoccupazione e l'angoscia hanno disegnato sul suo volto, già stanco, segni di stanchezza e abbattimento. Sono abbastanza arrabbiata perché non me ne ha parlato lei, ma so che l'ha fatto per non farmi preoccupare più del dovuto. Da come ha detto il preside tutto passerà, quindi deve essere una malattia facilmente risolvibile e curabile. Spero solo che non riporti danni permanenti.

"Scusi se faccio questa domanda, ma lei come è venuto a conoscenza di tutto ciò?" domando.

"Ieri sera mi trovavo in ospedale per far visita a un amico che lavora lì. Mentre parlavamo mi ha detto di dover andare a fare dei controlli a una paziente lì in cura. In mano aveva una cartella, dalla quale ho intravisto il cognome 'Ross'. Ma avendolo visto di sfuggita non ero sicuro di ciò che avevo letto. Non appena ci fermiamo davanti la stanza della paziente in questione per salutarci, capisco che i mie occhi non avevano visto male. E..."

"Basta così, grazie signor Green della sua comprensione. Avrei davvero bisogno di qualche giorno per affrontare al meglio il resto dell'anno. Perciò se è così gentile da concedermi qualche giorno io gliene sarei grata."

"Certamente signorina, si prenda tutto il tempo che le occorre. Mi faccia sapere se sua madre avrà miglioramenti."

"Si, grazie ancora e arrivederci."

L'aria stava diventando troppo opprimente in quella stanza. Non potevo sopportare tutto questo. Per questo mia madre me ne ha tenuta all'oscuro. Lei è tutto ciò che mi resta su questa terra, senza di lei non ne varrà più la pena continuare ad affrontare le mie giornate come ho fatto fino ad ora. Lei sa quanto la amo, ed io so quanto lei ami me. Non posso perderla, non voglio. Se non ce la facesse io arriverò al capolinea insieme a lei. Siamo l'una l'ancora di salvezza dell'altra, perciò se affonda lei affondo io.

Mi affretto a raggiungere l'uscita, che in questo momento mi sembra lontanissima. Non appena sono fuori faccio un lungo sospiro e mi asciugo le lacrime che mi scorrono sulle guance. La amo, deve restare per me, per noi. Cammino a capo chino verso casa. Ora capisco perché ieri sera sia andata a dormire così presto. E' uscita dalla finestra ieri sera per evitare di farsi scoprire da me. Questo spiega in perché la sua porta era chiusa a chiave questa mattina. Non riesco a crederci che Dio mi voglia portare via l'unica persona che sono stata in grado di amare in tutta la mia vita.

Mancano ancora molti metri per arrivare a casa mia, ma di certo non troverò qualcuno ad aspettarmi a casa. Perciò vado a passo svelto, senza correre ma senza neanche andare piano. L'unica cosa che vorrei in questo momento è un abbraccio da una persona che sia in grado di capirmi. Ma questa persona è in ospedale.

"Valerie, aspetta."

Mi volto per capire chi mi abbia chiamata. Vedo Cameron correre verso di me. Si ferma a qualche passo da me e si poggia con le braccia sulle ginocchia per riprendere fiato. Da quanto tempo mi stava seguendo? Da quanto sta urlando il mio nome senza ottenere risposta?

"No Cameron, vai via."

"Ehi che ti prende?"

"Niente che ti riguarda. Lasciami stare."

"Cosa?! Valerie dimmi cosa ti prende" insiste.

"Perché mi seguivi?" domando per non rispondere alla sua domanda.

"Ti stavo aspettando all'uscita di scuola per farti una sorpresa. Ma ho aspettato che uscissi in vano. Mentre aspettavo Nash mi ha detto di aver incontrato la tua amica, che gli ha detto che eri uscita prima. Anche lui ti stava aspettando da come mi ha detto. Comunque... Ehi ma dove vai? Valerie aspettami, porca puttana! E' da dieci minuti che ti corro dietro chiamandoti. Ora ti fermi e mi dici cosa ti prende."

Non faccio in tempo a fare un altro passo che afferra il mio braccio e mi fa voltare nella sua direzione per permettermi di guardalo negli occhi. Alzo lo sguardo e lui vede il mio volto pieno di lacrime.

"Valerie, vieni qui."

Mi mette le mani sulla vita e mi tira a sé. Mi cinge con le braccia e mi lascio consolare da lui. Forse non sono del tutto sola. Forse in parte potrei davvero credere che lui tenga a me. Scaccio questi pensieri e lascio che, per una volta, sia io quella che ha bisogno di un abbraccio.

Attraction (#Wattys2016)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora