Capitolo 22

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"Incredibile. Questo ragazzo è stato davvero fortunato! Bene, dire che viste le condizioni attuali, può essere dimesso oggi stesso. Ma lo faccia riposare e faccia in modo che si rechi qui per i controlli ogni settimana."

Il dottore da gli ultimi accorgimenti a Gina, mentre aiuto Cameron a rimettere in ordine le sue cose.

"Cameron, io ti aspetto giù" dice Gina al figlio.

"No mamma, vai tranquilla. Hai fatto fin troppo per me" la rassicura il figlio.

"Non posso lasciarti da solo. Me lo ha detto espressamente il medico" ribatte.

"C'è Valerie con me" e si gira per guardarmi, accennando un piccolo sorriso.

Arrossisco e abbasso lo sguardo, continuando a ripiegare i suoi vestiti.

"Capisco. Credo tu preferisca le attenzioni di questa bella ragazza, che quelle di una vecchia madre" dice ironizzando il tutto.

"Esatto, perciò sparisci mammina cara" e mostra i denti sorridendo, per indispettire la mamma.

"E va bene. Ciao Cam, ciao Valerie!" ed esce, come le è stato chiesto dal figlio.

"Finalmente" annuncia alla sua uscita.

"Dovresti trattarla meglio. Si è tanto preoccupata per te" lo rimprovero.

"Hai ragione."

"Bravo."

Mi piego per riporre tutto nella valigia e, quando mi rialzo, sento le mani di Cameron cingermi la vita.

"Cosa ti ha fatto cambiare idea?" mi sussurra all'orecchio in tono sensuale.

"Non lo so" ammetto.

"Il fatto che stavo male?" mi chiede.

"Ma che dici Cameron? Non è questo."

"E cosa allora?" e mi mordicchia l'orecchio, per stuzzicarmi.

"Forse, la paura di perderti, e non poterti rivedere più" gli dico, ripensando al dolore che ho provato in questi ultimi giorni.

"Chi ti ha detto che ero qui?"

"Phil."

"Bene."

"Nash invece non mi ha detto niente, nonostante sapesse che stavo male per te" gli confesso, leggermente irritata al ricordo della delusione avuta da lui.

"Ha fatto bene" mi dice soridendomi.

"Cosa? Perchè?" gli domando sconcertata.

"Glielo avevo chiesto io stesso, mentre stavamo in macchina. Solo che poi sono svenuto e non ho sentito la sua risposta. Perciò credevo che non avesse mantenuto la parola data, anche se, a quanto pare, l'hai saputo lo stesso."

"Perchè non volevi che lo venissi a sapere? Perché non volevi che fosse lui a dirmelo?"

Non capisco il perchè di tutto questo.

"Perchè non volevo che tu sapessi cosa era successo" si limita a dire, senza dare importanza a questa conversazione.

Mi allontano da lui e lo guardo abbastanza irritata. Dovrei arrabbiarmi tantissimo, ma non voglio rovinare questo momento, perciò abbasso i toni.

"Vuoi raccontarmi cosa è successo, quella sera?" gli chiedo, sta volta con voce più serena.

"Ora no. Voglio vederti sorridere, non piangere o, addirittura, arrabbiarti."

Gli sorrido e acconsento. Scendiamo le scale e usciamo dall'ospedale.

Saliamo nella macchina di Gina che, gentilmente, si è offerta di darmi un passaggio.

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