Capitolo 3

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Sono appena le sette di mattina quando mia madre, in tutta fretta, entra in camera sbattendosi la porta alle spalle.

"Sveglia pigrona" urla con tutto il fiato che ha in gola.

Io la sento, sento anche il suo respiro sul mio viso, ma il mio corpo non ne vuole sapere di reagire. Il massimo che riesco a fare è strizzare gli occhi come segno di protesta per la sua voce troppo acuta.

Al che sento uno scalpiccio dirigersi verso la mia finestra e un attimo dopo una luce abbagliante entra in camera costringendomi a portare sul viso il lenzuolo, tanto il fastidio.

Mi metto seduta sul letto con le gambe incrociate, gli occhi ancora assonnati e i capelli scompigliati come non mai. Vedo il suo viso rabbonirsi non appena i suoi occhi incontrano il mio aspetto.

"Ti ha risposto tesoro?" dice lei in tono pacato sedendosi accanto a me.

"No mamma, credo sia davvero intenzionato a non saperne più nulla" rispondo abbassando lo sguardo, come se mi vergognassi.

"Vedrai che quando riuscirà a sbollire il tutto ti cercherà e magari un domani potrete rimanere in buoni rapporti. Dagli tempo " conclude posandomi la mano fredda sul ginocchio. Poi si alza e si dirige in cucina annunciando che a breve la colazione sarebbe stata pronta.

Gattono sul letto sino ad arrivare vicino al comodino. Prendo il telefono e lo fisso per un paio di secondi prima di accenderlo. Ieri sera ho faticato ad addormentarmi, avevo impresso il suo volto triste nei miei occhi, cercavo un'altra giustificazione al mio comportamento, forse più valida rispetto a quella che gli avevo detto, non so perché, forse per sentirmi meno in colpa. Sono arrivata alla conclusione che probabilmente lui mi ama più di quanto io ami lui o forse non lo amo nemmeno, forse so solo vagamente cosa sia l'amore. Credo che il mio legarmi a lui sia dovuto al fatto che mi è stato vicino da quella sera in poi come mai nessuno aveva fatto prima. Accendo il telefono. Aspetto un po' prima di arrendermi all'idea che non mi ha degnata nemmeno di una risposta, cosa mi aspettavo del resto?

"Sbrigati a scendere Elly" urla mia mamma risvegliandomi ancora una volta.

Sono in macchina già da un paio d'ore quando finalmente mio padre mi dice euforico che a breve saremo alla UCLA. Oddio la California, un sogno che si avvera. Mi sento più impaziente di quanto immaginassi. Vedo la città scorrermi dietro al finestrino mentre rimango a fissarla, incantata.

Non appena scorgo l'edificio inizio a tamburellare irrequieta le dita sulle ginocchia, le mani sudano e il mio sguardo si perde alla vista di quella che ora rappresenta la mia nuova vita.

Io e mia madre scendiamo subito dalla macchina e prendendo un paio di cose a testa iniziamo a dirigerci verso il dormitorio. Mentre attraverso i parchetti del college inizio a fantasticare su chi sarà la mia compagna di camera, spero vivamente di stringere un bel rapporto con lei.

Ammetto di non essere una ragazza molto espansiva, ma dopo una lunga ed interminabile discussione con mia mamma ho capito che stringere un po' di amicizie non può farmi di certo male.

Proprio in quel momento di estrema felicità ripenso a lei... ripenso a Katia. Mi chiedo quanto sarebbe stata fiera di me. Ovunque lei sia spero possa guardarmi. Scommetto che se fosse qui con me avrebbe subito iniziato ad indicarmi tutti i possibili ragazzi che potrei conoscere, facendomi fare sicuramente qualche pessima figuraccia. Sorrido al solo pensiero. Afferro il ciondolo della mia collana e la sento già più vicina. Una parte di lei è ancora qui con me. Mi manca e spesso è ancora una fitta allo stomaco ammetterlo.

"Eccolo" squittisce mia mamma non appena arriviamo all'ingresso del dormitorio. Sorrido guardandola.

"Mi farà male lasciarti tutta soletta qui tesoro, ma allo stesso tempo sono tranquilla perché so che te la caverai. Andrà tutto bene, per qualsiasi cosa conta su di me" dice con quel fare da mamma che solo le mamme hanno. È decisamente più tesa lei di me.

Saliamo le scale prima di trovarci di fronte al grosso portone.

Una volta dentro percorriamo il lungo corridoio e ad ogni passo mi guardo attorno per cercare la mia stanza.

"Trovata!" esclamo dopo averla individuata. Siamo quasi arrivate quando la porta si apre e sulla soglia appare una ragazza. Ha i capelli biondi, decisamente magra e alta. Non sembra molto il tipo di amicizia che avrei liberamente scelto per me, ma cerco di non farmi abbattere dai pregiudizi e distolgo subito lo sguardo dalla sua gonna corta e dalla sua maglietta rosa cosi aderente che anche da questa distanza riesco a vedere nitidamente la forma dei suoi seni.

"Se torni a casa conciata così credo che tuo padre ti farà dormire fuori con il cane" bisbiglia mia mamma divertita.

"Piacere" urla la ragazza emancipata appena sono di fronte a lei.

"Io sono Tiffany Jackson" conclude soddisfatta porgendomi la mano dalle lunghe unghie laccate di rosso.

"Ellison Cooper" rispondo ricambiando la stretta.

La camera non è grandissima, il mio letto è appena sotto la finestra, abbiamo una scrivania a testa e un solo armadio, ma è abbastanza grande da contenere i vestiti di entrambe, non che io ne abbia poi chissà quanti.

Ci raggiunge quasi subito anche mio padre con tanto di affanno per aver portato avanti e indietro scatoloni su scatoloni.

"Hai più libri che altro" constata lei mentre svuoto la valigia.

"Non posso darti torto" concordo io.

"Sai perché so che andremo sicuramente d'accordo?"

"No, ma sono curiosa di sapere la tua teoria"

"Perché ti vesti in un modo cosi anonimo che sono certa che non mi ruberai nessun ragazzo. Questa è la convivenza perfetta, non trovi Ebby?" conclude lei con un ghigno sulle labbra che non riesco a comprendere

"Ellison, mi chiamo Ellison" constato infastidita.

"Bè è lo stesso" conclude alzandosi dal letto su cui era sdraiata per uscire dalla camera sculettando come se dovesse attirare l'attenzione di qualcuno.

Mi passo una mano tra i capelli mentre appoggio l'altra sul fianco. Espiro rumorosamente.

Quando sollevo lo sguardo verso i miei genitori li vedo riuniti in un angolo a ridere di quella situazione, risata che contagia anche me quando mio padre inizia a muoversi per la stanza, ondeggiando i fianchi a desta e sinistra chiamandomi Ebby.

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