Giorno 11 Agosto 1939, parte 2.

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-Chi sei tu?- sentii inondare la cabina da una voce profonda, alzai il capo per scoprire di chi si trattava, e pian piano che il mio sguardo scrutava la figura dinanzi a me, mi accorsi dell'imponente statura del ragazzo, portava dei lunghi capelli ricci che gli ricadevano leggeri sulle larghe spalle, quest'ultime erano coperte da una giacca nera di un tessuto ad occhio molto costoso, lo stesso si poteva dire sulle braghe e le scarpe.
Aveva due grandi occhi verdi, contornati da delle lunghe e folte ciglia, il naso leggermente sporgente e le labbra dello stesso colore di un tramonto o dello stesso pigmento delle rose.
Era a dir poco perfetto.

-Sai parlare la mia lingua?- mi chiese visto che non gli avevo risposto, notai un'accento strano mentre parlava, non era né britannico né Americano.

-Questa è la mia stanza- gli risposi ovviamente inventandomi il tutto, non potevo farmi scoprire, mi avrebbero arrestato e preso per clandestino.

-No tesoro, questa stanza è stata assegnata al sottoscritto Harry Styles- disse con tono di superiorità, come se io dovessi sapere chi fosse lui.

-Non è vero!- controbattei io alzandomi pensando di arrivare quasi alla sua stessa altezza ed intimorirlo, ma quando distesi il più possibile le gambe mi sentii piccolo e vulnerabile, ero davvero troppo minuto per la mia età.

-Senti marmocchio, avrai si e no quattordici anni, vai via dalla mia stanza, non ho tempo da perdere per gente..- si fermò scrutandomi da capo a piedi per poi riprendere a parlare -povera come te.- disse con disprezzo, in quel momento sentivo piccolo anche l'animo e la forza che c'era in me, odiavo essere giudicato, soprattutto se quella persona non sa nulla di me.

-Per tua informazione io ho quasi vent'anni!- alzai il tono della voce, ero davvero offeso per il fatto che mi abbia scambiato per un moccioso, ma non era la prima volta che accadeva.

Vidi il ragazzo dal nome affascinante scrutarmi ulteriormente facendo nascere così un cipiglio sul suo volto, iniziai a sentire il cuore in gola, i miei abiti non erano dei migliori, sicuramente avrà capito qualcosa, ma non la verità.

-Dimmi il tuo nome.- disse non staccando lo sguardo dal mio volto.

-Mi chiamo Louis Tomlinson- risposi con voce leggermente insicura e impaurita.

-E dimmi caro Tomlinson, sei tedesco anche tu?- appena sentii quella domanda scossi velocemente il capo in segno di negazione, mai e poi mai avrei rinnegato le mie origini per salvarmi, e soprattutto non vorrei mai essere uno di loro, sanno solo discriminare la gente.

-Sono un ragazzo ebreo- dissi flebilmente per poi sentire il ragazzo dagli occhi verdi scoppiare in una fragorosa risata, lo guardai alzando un sopracciglio per intendere che non capivo la sua reazione esagerata.

-Adesso tu scendi da questa nave lurido pezzo di feccia- disse smettendo improvvisamente di ridere e prendendomi per un lembo della mia sottospecie di felpa.

-No, ti prego Harry! Ti prego non posso essere arrestato! Cercherò di trovarmi un lavoro nella nave, dormirò anche nella parte più misera che si possa trovare, ma ti prego non farmi arrestare, non sono un clandestino!- supplicai ad Harry. Mi guardò per qualche secondo per poi parlare -Non ti credo, non avresti motivo di trovarti su una nave così costosa!- disse convinto che ciò che diceva lui fosse la verità.

-Ti sbagli! Dammi qualche minuto per spiegarti tutto, ti prego- continuai a supplicarlo nell'intento di impietosirlo.
-Ti dò mezz'ora di tempo- mi disse mentre mi riconduceva verso la cabina.

Tedesco, ecco, il suo accento era tedesco.

Purebred ||Larry Stylinson||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora