Ho sempre vissuto con poche regole nella mia vita.
Sono sempre stato uno di quei ragazzi che preferiscono mettere un limite per non finire in cose più grandi di me.
Mi sono sempre imposto di non chiamare mai per due volte la stessa ragazza per evitare che si facesse strane illusioni su di me, non ho mai voluto diventare amico con qualcuno troppo lontano dalla mia città poiché sarebbe stato difficile vedersi, non ho mai ordinato più di tre pizze in una sera per evitare il mal di pancia e non ho mai lasciato Calum da solo per più di due giorni per evitare di ritrovarmi l'appartamento al suolo.
Insomma semplice e fondamentali regole che mi hanno portato fino a qui, una specie di promemoria per poter sopravvivere, come Ned che scriveva un diario di sopravvivenza alla scuola io ne ho inventato uno per sopravvivere senza legarsi mai alle persone e per evitare che il proprio coinquilino ti mandi a fuoco casa.
Tutte queste regole hanno funzionato, specialmente quelle sulle ragazze, non ho mai voluto vederle una seconda volta dopo il sesso, non ho mai lasciato il mio numero, e funzionava con tutte le ragazze, loro non si aspettavano niente da me e non si affezionavano.
Ma una ha infranto quella regola.
Una bambina di soli cinque anni ha mandato a puttane le mie regole che mi aiutavano ad evitare ogni responsabilità ed ogni legame con le persone ma lei ha voluto distruggere ogni barriera aspettandosi da me il comportamento di un buon padre.
Difficile sapersi comportare da padre quando il mio non ha mai voluto farlo, come posso sapere come essere la persona giusta con lei se non ho un modello a cui ispirarmi?
Di sicuro non diventerò un padre severo e stronzo che non fa altro che pensare al tuo futuro da medico, non voglio essere come lui è mai lo sarò, non auguro neanche al mio peggior nemico di avere un padre come il mio, un padre che invece di aiutarti a rialzarti ti infama ricordando le tue cadute e rinfacciandotele ogni giorno, finendo per convincerti di essere una delusione per tutti.
Io non sono così, non sarò mai medico come lui, non sarò mai laureato ad Harvard e non salverò mai le vite delle persone ogni giorno, io vivrò a modo mio, ecco perché ho lasciato casa.
Pensavo di poter sfuggire a questa responsabilità, pensavo di poter chiuderle la porta in faccia ogni volta che avrebbe pianto, pensavo semplicemente di poter aspettare l'arrivo degli assistenti sociali, un gioco da ragazzi insomma.
Ma non avevo calcolato che quella bambina saccente e fastidiosa avesse demoni così grandi alle sue spalle, spalle troppo piccole per sorreggere tutto questo peso, un peso che la schiaccerà lentamente.
Mi passo una mano tra i capelli mentre vedo la porta della sua camera chiudersi con violenza, le sue parole continuano a vorticarmi nella mente, come una persona potrebbe fare male ad un essere indifeso come lei?
Mi alzo e indeciso mi avvicino alla sua porta, comincio a bussare sperando mi apra, non so cosa voglio fare, non so se sono in grado di gestire un problema del genere ma non ho intenzione di lasciarla piangere da sola avvolta dall'oscurità che si porta dietro.
"Rebecca, puoi aprirmi per favore?" Chiedo dolcemente ma la marmocchia rimane in silenzio, appoggio l'orecchio alla porta e la sento singhiozzare.
"Hey mostriciattolo, giuro che non ti prenderò in giro, voglio solo parlare con te, posso entrare?" Richiedo ma anche stavolta la sua risposta è il silenzio più totale.
Chiudo gli occhi mentre tra il silenzio della casa sento i suoi singhiozzi frenati dal cuscino o dal suo Daniel, no non mi arrendo così facilmente piccoletta.
