Capitolo 1

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POV ANASTASIA

Stanotte non ho chiuso occhio, ho ripensato e ripensato alle parole di Kate e a quanto vorrei potessero essere giuste per me. Purtroppo ho delle responsabilità che non posso trascurare e sebbene lei andrà a New York a lavorare come giornalista, io mi accontenterò della paga come donna delle pulizie. Anche se tra un paio di ore indosserò la tunica e il tocco dell'università, il mio destino è stato segnato da quella famosa sera di quattro anni fa.

Quando diedi la notizia alla mia famiglia e ai miei amici, pensavo mi avessero in qualche modo aiutato. Mi sarebbero stati vicini. Invece no. Jose mi ha definito in modo poco signorile, una donna dai facili costumi, dicendo che da me non si aspettava tale bassezza. Jessica e Alyssa mi hanno definito una cretina, che non dovevo buttare al vento la possibilità di aspirare ad un futuro migliore di quello che avevo a Portland. Mia madre non ha voluto sentire ragioni, mi ha considerata una sciocca ragazzina immatura. Ma io non avrei mai potuto seguire il suo consiglio. Sarebbe stato il mio più grande rimorso. Non a caso dopo due mesi andò via di casa per andare a Savannah insieme al suo amante. Lasciando me e papà da soli. Mi hanno voltato tutti le spalle, solo Kate, Ethan e mio padre mi sono rimasti vicini.

Guardo la divisa e mi chiedo se sia veramente il caso di andare oggi. Alla fine anche se prenderò la laurea in letteratura inglese non credo di avere speranze per lavorare. Tutte le case editrici di Seattle mi hanno chiuso la porta in faccia. Mi sono sentita così male, mi hanno fatto vergognare di me stessa. Nonostante i mille tentativi e le insistenti chiamate ho capito che nessuno assumerá una ragazza nelle mie condizioni. Neanche avessi una malattia radioattiva. Il bussare insistente alla porta mi fa sospirare, so benissimo che troverò Kate dall'altra parte della porta. Butto nel lavandino ciò che resta del mio the. Apro la porta mezza rovinata e faccio segno a Kate di entrare ma di non fare troppo rumore.

-Steele che cosa ci fai ancora vestita in pigiama? Che hai fatto alla faccia? Hai due occhiaie spaventose.-

-Non ho chiuso occhio, domani devo lasciare questo appartamento e non so se sarà decente quello che vedrò domani. Non ho trovato nessun lavoro a Seattle che mi dia la possibilitá di avere un appartamento con almeno una stanza da letto. L'unico lavoro sicuro è quello che mi ha trovato Margaret nell'impresa di pulizia di sua cugina. La paga è molto misera...

Mi viene un nodo alla gola. Non so più cosa inventarmi, come troverò i soldi per l'affitto, la scuola, il cibo, le bollette. Mi abbraccia e mi lascio cullare.

-Oh Ana io te l'ho detto, e anche Ethan credo, noi ci siamo per te. Non devi fare altro che chiedere.-

-No Kate, io devo farcela da sola.-

-Sei sempre così cocciuta Ana. Mi chiedo come faccia mio fratello a venirti ancora dietro nonostante i tuoi continui rifiuti.-

-E' un ragazzo dolce ma non può stare con me. –

-Perché Ana? Ethan te l'ha sempre detto, per lui non ci sono problemi. E' te che vuole. Farebbe di tutto per te. Perché non vuoi dargli un'occasione. Sai bene che continuerà a Seattle a studiare ed avrete modo di vedervi spesso-

-Perché è complicato. Io non posso, non...-

-Mamma.

Mi giro e guardo Theodore. Indossa il pigiamino nuovo, regalo di Kate.

-Fame.-

-Si tesoro vieni mamma ti prepara la colazione. Tu sta con zia Kate.-

Annuisce e corre da Kate. Il mio ometto. Apro il frigo e prendo il cartone del latte ormai quasi vuoto e alcuni biscotti secchi. Li ripongo sul tavolo e prendo la sua tazza, quella con topolino sopra. Senza di essa la colazione non è colazione. Il mio piccolo si siede e mangia.

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