-XXI-

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A giudicare dal numero delle macchine parcheggiate fuori casa Reed e dagli schiamazzi che provengono dall'interno, Russell ha invitato parecchi amici. Sono tesa, non lo nego. Sono piuttosto tesa. Per fortuna devo badare a Benjamin così non devo preoccuparmi troppo di Russell.
"Oh ciao, Maggie. Ben non c'è, mi dispiace che tu sia venuta per niente. Steve qui non mi ha chiamato, ero sicuro non ci saresti stata...è andato a casa del suo amico" Russell lo dice così, appena mi vede, quasi con noncuranza. Con un tono che al resto del mondo deve pare veramente sincero. Ma io lo so, lo sento che questo è tutt'altro che una coincidenza.
"Cavolo! Mi dispiace Maggie, avrei dovuto avvertire è vero" esclama mio padre, "Ma se ti porto a casa adesso mi perdo l'inizio della partita" aggiunge mestamente.
"Lascia stare 'pa. Fa lo stesso"
So quanto ci tiene e visto che non avrei niente da fare comunque, non voglio che si perda la partita.
"Vedi che brava figlia comprensiva che ho?" dice dando un colpetto a Russell per poi passargli oltre e andare dagli amici in salotto. Russ mi guarda beffardo; vorrei tirargli un cazzotto e baciarlo allo stesso tempo.
"Che gran bastardo che sei. Lo sai vero?" gli dico cercando di controllare il tremito della mia voce. Abbozza un sorriso e se ne va. Prendimi, prendimi ora maledetto bastardo!

Mi sono seduta su uno sgabello in cucina e sto guardando video stupiti sul telefono quando entra Russell per prendere delle birre. Gli altri sono tutti in sala, pronti al fischio di inizio.
"Dimmi la verità. L'hai fatto apposta vero? Hai mandato via Benjamin apposta"
Si lancia uno sguardo alle spalle e si avvicina pericolosamente. Mi afferra il mento e mi bacia con un tale impeto che a momenti cado dalla sedia: "Non so di cosa parli" mormora sulle mie labbra. Dio mio! Sono sua, ad uno schiocco delle sue dita chissà cosa sarei capace di fare! Cerco di darmi un contegno: "Dimmi di Reynolds. Se sono qui è per sapere di lui" mento spudoratamente. In realtà la questione Reynolds è passata in secondo piano.
"Non dirà niente lui, se non vuole essere sputtanato come mai in vita sua" apre una birra e ne beve un sorso.
"Che vuoi dire?"
"Tempo fa l'ho beccato a farsi le seghe su della roba che farebbe vomitare il peggiore dei pervertiti"
"Che roba? Oddio! Bambini?"
Scuote la testa e beve ancora: "Animali" dice soffocando un moto di disgusto, "mi ha fatto giurare di stare zitto. La sua schifosa fissa è la nostra salvezza"
Rimango senza parole, piuttosto stupita. La nostra rispettabile cittadina nasconde così tanti sporchi segreti, chi l'avrebbe mai detto.
"Russ! Sta per iniziare, muoviti" mio padre si è materializzato sulla porta. Mi guarda: "Mi dispiace davvero, Maggie. Dai, vieni di là con noi!"
"Ma scherzi?" lo so che sta cercando di rimediare, sono sicura che si senta un po' in colpa, ma mai al mondo andrei di là a guardare una partita di cui non mi frega niente, magari proprio seduta tra mio padre e Russell. Mi sento male solo pensandolo.
"Se vuoi, di sopra in camera mia, c'è un altro televisore" la butta lì Russell. Mi sta spingendo ad andare in camera sua? Non può essere un bastardo tale! Magari sono io sta volta a pensare male, magari vuole solo fare il gentile.
"Ti siedi sul divanetto e ti guardi qualcosa. Meglio che startene qui, immagino" continua.
Ha comunque ragione: "Sì, d'accordo"

Così ora sto salendo le scale diretta alla camera da letto di Russell e Annalise. Non che non l'abbia mai vista, anzi. Ma adesso è davvero troppo strano e particolarmente inconveniente. Mi lascio cadere sul piccolo divano ai piedi del letto proprio davanti alla TV. La accendo e inizio a cambiare canale. Non c'è un granché; mi fermo su un documentario che parla del Sud America, tanto per, ma la mia mente ritorna alla conversazione di poco fa. Sapere che nella nostra piccola e graziosa cittadina c'è qualcuno diciamo pure dai gusti un po' particolari, che essa non è poi così immune dalla follia che sembra sempre essere solo nelle grandi e sporche metropoli, è disturbante ma stranamente confortante. In effetti anch'io e Russell contribuiamo a tale follia. Mi viene quasi da ridere se penso che la gente è convinta di vivere in un luogo tranquillo e "normale". In realtà grattando un po' la superficie del perbenismo provinciale si scopre tutto il marciume che c'è sotto.
Perfino con la porta socchiusa sento il baccano che stanno facendo di sotto, inveendo contro il televisore, insultando la squadra avversaria, saltando in piedi a ogni mèta e ogni mischia, proprio come se fossero allo stadio. Forse Russell non ha niente in serbo per me, non stasera almeno. È troppo preso dalla partita e poi non so se sarebbe capace di farmi qualcosa in casa propria, nella stanza dove dorme con sua moglie. E con mio padre al piano di sotto per di più. Anche se non ne sono troppo sicura. Cerco di autoconvincermi con questo pensiero e riesco a rilassarmi un po'.Il tempo passa lentamente e noiosamente.
Mi sto per assopire quando la porta si chiude rumorosamente, facendomi sobbalzare. In un attimo Russell è davanti a me.
"Mi hai fatto prendere un colpo!" il mio cuore sta battendo fortissimo, lo sento rimbombare in tutto il corpo. Mi alzo in piedi.
"Spogliati"
Rimango immobile a fissare la sua alta sagoma scura, l'unica luce nella stanza proviene dal televisore. Fa un passo verso di me: "Spogliati, ho detto" lo dice a voce bassa con un tono che non ammette repliche. Sembra balzarmi addosso, mi prende per le spalle e mi avvolge la bocca con la sua al gusto di birra. Le sue mani scorrono lungo le mie braccia, veloci e voraci, sotto la maglietta, dentro al reggiseno.
"Spogliati Maggie" mormora baciandomi il collo, le spalle, ovunque riesca ad arrivare, "sei la mia droga"
Fatico a respirare dall'eccitazione, tutto il resto è sparito, siamo di nuovo solo io e lui, solo i nostri corpi palpitanti e affamati.

Ecco che ancora una volta tutte le mie preoccupazioni evaporano sotto il suo tocco, spariscono quando la sua mano si stringe attorno alla mia bocca, al mio collo. Cessano di esistere nel momento in cui mi abbassa sul divanetto e si infila dentro di me con un gemito roco. E sento che il suo corpo si fonde col mio, che i nostri respiri diventano uno solo.
Mi afferra le braccia portandomele dietro alla schiena, immobilizzandole in qualche modo con una mano sola, sollevandomi con l'altra.
"Non dovevi farmi quello scherzo al ristorante" dice mangiandosi un po' le parole. Deve essere alticcio.
"Adesso lo devi capire" mi trascina verso un lato del letto, il suo letto. Io non oppongo resistenza, non dico niente, mi sento tramortita, quasi come quella fatidica notte. Mi piega a novanta e con le dita mi sfiora tra le gambe: "Bagnata come sempre" biascica e subito dopo è di nuovo dentro. Mi carica con forza, il letto cigola e si muove con noi.
Mi lascia andare le braccia ma mi tappa la bocca; mi schiaffeggia forte una natica nuda, la mia voce viene soffocata dalla sua mano. Il rumore è stato davvero scioccante, più del dolore stesso. Mi colpisce ancora e ancora, alternando colpi di mano a colpi di bacino fino a farmi sentire sul punto dell'orgasmo e con il culo in fiamme. Per una volta non interrompe la corrente del piacere, lasciando che si propaghi per tutto il mio corpo, assaporando i miei tremiti convulsi senza fermarsi un attimo. Mi lascia andare la bocca solo per stringermi forte le chiappe doloranti mentre mi viene dentro.

"La partita finisce tra circa mezz'ora" bofonchia rialzandosi, "è meglio che ti sistemi un po' "
E così come è arrivato se ne va, chiudendosi la porta alle spalle, lasciandomi mezza nuda sul suo letto con il suo seme ancora caldo che inizia a colare di fuori. Non riesco a muovermi. Sono frastornata, intorpidita e dolorante. Per la prima volta mi sento come se fossi stata brutalmente usata; mi è venuto dentro un'altra volta, senza un minimo di riguardo, senza pensarci un secondo. Era ubriaco.
Mentre sono in bagno a darmi una ripulita non ho neanche il coraggio di guardarmi allo specchio.
Sento le lacrime scorrermi sulle guance.

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