-XXIII-

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Siamo rimasti davvero a lungo in quella macchina. Ci siamo messi a parlare, abbiamo discusso su come sarebbe bello poter andare a cena fuori, al cinema, o in qualunque posto insieme. Mi ha fatto riflettere su come questa nostra relazione vada ben oltre il puro sesso. E poi mi è venuto in mente Benjamin e ho faticato a cacciare indietro le lacrime.
"Cosa c'è?" mi ha chiesto preoccupato. Non sapevo se dirglielo o no ma sentivo di non potermelo tenere dentro a lungo.
"Russ, tu hai una famiglia. Se penso a Benjamin io..."
Ha sospirato: "Maggie, io non potrei mai mai abbandonare Ben" e ha detto proprio Ben, non la mia famiglia, "ci tengo davvero a te, ti amo. Ma Ben è la persona più importante della mia vita"
Questo mi ha rincuorato e anche scosso; se da un lato vuol dire che Ben sarà al sicuro, dall'altro significa che non potremo mai avere una relazione neanche lontanamente normale. Almeno non nell'immediato. Anche a questo mi è venuto in mente in quel momento. Non ho detto niente ma Russell mi ha stretto a sé facendo dissolvere poco a poco questi miei pensieri pesanti.

Sono rientrata appena in tempo, infatti dopo neanche mezz'ora mia madre è tornata dal lavoro e di lì a poco anche mio padre. Ho dovuto lavarmi un'altra volta perché mi pareva di avere sulla pelle l'odore del sesso. Non so se fosse solo una mia impressione o se fosse reale, ma ho preferito togliermi ogni dubbio con una doccia.
Ci voleva proprio quella lunga chiacchierata, mi ha fatto capire che anche per lui è una situazione confusa, sebbene non l'abbia detto esplicitamente. È successo tutto così in fretta, ad una velocità assurda. In neanche un mese la mia vita intera è stata stravolta; sembra passato un secolo dalla nostra prima volta e Dio!, se chiudo gli occhi riesco ancora a sentire le manette strette ai polsi e il calore che emanava il cofano della macchina. Lascio la mia mente vagare indietro, a quando avevo quindici anni e una gran cotta per Russell. Solo nelle mie più torbide e proibite fantasie lui mi prendeva come mi prende adesso. Non avrei mai immaginato neanche in un milione di anni che un giorno sarebbe successo per davvero. E se vado ancora più indietro a quando ero una bambina, vedo una piccola me giocare con un Russell più giovane. È come se fosse un altro Russell, non quello che fino a qualche ora fa mi stava venendo in bocca. Per la mia mente sono due persone diverse, non possono essere la stessa. Eppure...eppure non ci ho mai pensato davvero. Io ti ho vista crescere. Questa frase riaffiora all'improvviso mentre sono seduta al tavolo del pranzo; boccheggio come un'ebete mentre si espande nella mia mente riempiendola del tutto, togliendo spazio a ogni altro pensiero. Quando? Mi chiedo quando Russell abbia iniziato a vedermi con altri occhi, sempre che non me lo sia immaginato. Ma io sono sicura, sicura che ad un certo punto il suo sguardo sia cambiato, anche se non posso dirmi altrettanto sicura di quanta consapevolezza ci fosse. E la notte del mio compleanno...avrebbe mai fatto qualcosa se non avessi iniziato io?
C'è un tale baccano nella mia testa! Quante domande, quanti dubbi. Vorrei solo riuscire a staccare la spina e smettere di torturarmi in questo modo.

Nel pomeriggio esco con le mie amiche ma sono abbastanza assente. E loro se ne accorgono: "Problemi col ragazzo, Maggie?" mi chiede Judith sperando di cavarmi qualche parola. Io vorrei davvero raccontare loro tutto, ma non è una cosa da raccontare alla leggera, non è un semplice essere insieme a qualcuno, è qualcosa che in questa piccola cittadina scatenerebbe il caos. Il solo stare con un "uomo adulto" sarebbe già motivo di scandalo qui, se poi ci si aggiunge che è un amico di famiglia, un difensore della legge... Non oso nemmeno immaginare.
Sento la tasca vibrare e non esito un secondo prima di controllare.
>Stasera sono di pattuglia.
Una semplice frase, senza richieste, senza niente, basta a farmi esplodere il petto. Ci siamo lasciati poche ore fa e già vuole che ci rivediamo; riesco quasi a percepire la sua voglia attraverso tutto il corpo. Che poi è il mio desiderio stesso. Nonostante il mondo che mi sta implodendo dentro riesco, di fuori, a mantenere un'aria serena, la mia espressione non cambia di un millimetro, anzi forse si fa addirittura seccata.
"Che palle mia madre, sono appena uscita e già rompe" dico con una naturalezza che mi sconcerta.
Il tempo passa così, tra un negozio e l'altro, tra un discorso scemo e l'altro ma la mia mente è da tutt'altra parte.

>>A che ora?
Scrivergli è la prima cosa che faccio appena tornata a casa.
Passano minuti interminabili prima della risposta.
>Fatti trovare all'incrocio verso mezzanotte. Camicetta e minigonna.

Mentre mi preparo con la mente paralizzata dall'eccitazione, mi guardo furtivamente allo specchio e non posso non provare quello che definirei come un misto tra la grande approvazione e un leggero disgusto.
Ci si può immaginare bene la mia espressione quando, nel bel mezzo del silenzio notturno mi si affianca la macchina della polizia, e il primo volto che vedo, quando si apre la portiera, è quello di Raynolds.
"Francis vai dietro" sento la voce di Russell dalla parte del guidatore. Reynolds esce dalla macchina guardandomi con malcelato fastidio e va a mettersi dietro, sbattendo la portiera. Che cazzo gli è saltato in testa di portarsi dietro quello?! Salgo con le ossa che tremano dal nervoso e, mi duole un po' ammetterlo, dall'eccitazione. Non c'è un'anima viva in giro, le luci nelle case sono tutte spente, come lo erano quelle di casa mia quando ho chiuso piano la porta sul retro.
"Ehi piccola"
Basta questo per farmi dimenticare il terzo incomodo sui sedili posteriori; Russell si sporge verso di me per lasciarmi un bacio sulle labbra.
Nel silenzio più totale facciamo qualche chilometro per poi fermarci davanti a un pub quasi vuoto. Russell scende e fa scendere Reynolds; riesco a sentire che gli sta dicendo qualcosa ma non riesco a captare una singola parola però posso vedere che Russ ha appoggiato una mano sulle spalle del suo collega, all'altezza del collo, e che stringe leggermente la presa facendosi ancora più vicino alle sue orecchie. Poi con una spinterella lo manda verso la porta. Reynolds scuotendo la testa la apre e sparisce all'interno.
"Non devi preoccuparti di lui" mi dice risalendo, leggendomi in faccia preoccupazione e disapprovazione, "è uno smidollato pervertito che si sega guardando uomini che si fanno inculare dai cani e..."
"Troppe informazioni, Russell! Troppe informazioni" sovrasto la sua voce interrompendolo, con lo stomaco che mi si contorce. Lui si mette a ridere davanti al mio sguardo sbarrato. Mi attira a sé, gli appoggio la testa sulla spalla: "A parte lui, il rischio che ci becchino è zero...?"
"Beh... Proprio zero no, ma non preoccuparti! Aggiunge quel qualcosa in più"
Vorrei replicare e chiedere rassicurazione ma in effetti ha proprio ragione.

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