-XXII-

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In macchina mio padre parla della partita ma sento a malapena la sua voce. Quando mi ha visto con gli occhi rossi e mi ha chiesto il perché, da chissà dove ho tirato fuori la scusa di aver visto un film triste. Mentre stavamo uscendo, Russell era in piedi sulla porta, con le gambe traballanti e lo sguardo basso. Non riusciva nemmeno a guardarmi.
"I ragazzi si sono scolati litri di birra, soprattutto Russell! Ne ha approfittato che non doveva guidare" dice mio padre entrando con la macchina nel vialetto. L'auto di mia madre non c'è, dunque non è ancora tornata. Meglio così.
Salgo le scale a grandi passi con gli occhi appannati; non faccio quasi in tempo ad arrivare alla mia camera che sto piangendo. Stupida! Stupida idiota! Mi odio per la mia ingenuità, mi odio per l'incapacità di odiare Russell. Mi odio perché in fondo mi è piaciuto essere trattata come la peggiore delle puttane. Mi butto sul letto con le luci spente, sono solo le undici ma ho una gran voglia di dormire. Dormire per una settimana intera.
Mi sento l'odore di Russell addosso.

Mi sveglio perché il mio telefono sta suonando. Sono circa le nove e la mia stanza è innondata di luce perché ieri notte non ho abbassato le tapparelle. Sul cuscino c'è l'alone lasciato dalle mie lacrime. Il telefono ha smesso di suonare. Sbuffando mi alzo; ho ancora i vestiti della sera prima, i miei capelli sono un disastro. Devo assolutamente farmi una doccia e mentre sto per entrare sotto l'invitante acqua calda, il telefono suona ancora. Nessuno mi chiamerebbe a quest'ora, nessuno tranne... Mentre mi sto asciugando suona la terza volta e rispondo.
"Sì?"
"Ciao Margaret, sono Russ"
Non so cosa dire, sento un nodo alla gola.
"Voglio parlarti" continua sovrastando il mio silenzio, "vieni al supermercato, nel parcheggio sotterraneo. Alla lettera J"
"Quando?"
"Adesso"
Riattacca. Rimango col telefono muto appoggiato all'orecchio, fissando il vuoto davanti a me. Mi viene in mente quello che ha detto al motel, che se mi avesse chiamato sarei dovuta andare da lui sempre e comunque. Vorrei davvero poter dire che non lo farò, che non sottostarò più al suo volere. Ma la verità è che dopo cinque minuti sono già per strada con la voglia di prendermi a schiaffi da sola.

A quest'ora non c'è molta gente a fare la spesa, nel centro commerciale ci sono soprattutto anziani che vanno a passare lì la loro mattinata. Il parcheggio è semivuoto. Mi aspetto stupidamente di trovare l'auto della polizia e invece Russell è ovviamente in abiti civili, appoggiato al retro della propria macchina. Sento che tutto il corpo mi trema, che le viscere mi si contorcono.
"Ciao Maggie" mi saluta quando sono più vicina.
"Ciao"
Quando fa per avvicinarsi il mio corpo automaticamente si allontana ma lui riesce lo stesso a prendermi e ad abbracciarmi. Me ne sto lì stupita, dura come una tavola di legno tra le sue braccia: "Sono stato un vero pezzo di merda ieri" mormora accarezzandomi i capelli. Lentamente le mie braccia si alzano e si stringono intorno alla sua vita, i miei muscoli si rilassano e mi lascio sprofondare nel tepore del suo corpo.
"Ho bevuto come un idiota e ho perso il controllo", continua con un tono colpevole, "se non fossi stato ubriaco non l'avrei mai fatto, con Steve lì poi!"
È sinceramente turbato, sembra che si senta davvero un miserabile. Non gli dico che mi è piaciuto, riesco a malapena ad ammetterlo con me stessa. Forse lo farebbe sentire un po' meglio ma non ci riesco proprio. Forse lo sa anche lui che in fondo. Questa mia parte oscura, masochista?, mi lascia interdetta e piena di dubbi. Ma adesso non voglio pensarci, voglio solo godermi il lato dolce di Russell.
"Vieni entriamo in macchina"
Nessuno dei due vuole rischiare di essere visti. I finestrini della sua auto sono oscurati, quindi da fuori non si vede assolutamente niente. Ci sistemiamo sui sedili dietro per stare più vicini. In tutta sincerità, non mi aspettavo questo, che Russell si sentisse in colpa e si scusasse. Il cuore mi batte ancora dannatamente veloce ma non sono più agitata come prima; mentre appoggio la testa sulla spalla di Russell si fa strada in me la certezza di significare qualcosa di più per lui di una scopata facile. Così parliamo un po' del più e del meno, della scuola, del suo lavoro, della questione Reynolds che lui mi assicura avere sotto controllo.
A un certo punto il suo tono si fa più serio: "Senti", dice, "sono andato fino fuori città per prenderti questa"
Dalla tasca estrae una scatoletta con dentro un blister con una sola pasticca al centro. So cos'è.
"Sí, è..."
"La pillola del giorno dopo" completo la sua frase tentennante.
"Sono andato in una farmacia fuori città, sai per evitare persone che mi conoscono e voci strane"
Ammetto che non avevo pensato al fatto di poterla assumere.
"Pensi proprio a tutto tu eh?"
Mi guarda con un sogghigno: "Già... Ma non deve diventare un'abitudine"
"Dillo a te stesso!"
Sbuffa e mi porge una bottiglia d'acqua così in un sorso ingoio la pillola.
"Sai come funziona...?"
"Sì non preoccuparti, a scuola ci hanno fatto educazione sessuale"

Stargli così vicino, sui sedili della sua macchina, con una compilation di Janice Joplin in sottofondo, mi sta facendo salire una voglia pazzesca. Lui lo sa, oh se lo sa! Gli accarezzo la coscia guardandolo negli occhi. Nella mia testa, quella vocina mi dice di no, di non cascarci un'altra volta, di non essere ancora così stupida. La metto a tacere avvicinandomi ancora di più e baciandolo, un bacio lungo e appassionato.Tanto basta per sentirmi già bagnata. Lentamente, guardandomi con gli occhi infiammati, Russell si slaccia la cintura e si abbassa la cerniera dei pantaloni. Con un movimento del bacino si solleva e scattante, se li abbassa, boxer compresi. Ce l'ha mezzo duro; glielo afferro delicatamente e lui sobbalza leggermente. Ridacchio perché so di avere le mani fredde per l'agitazione.
"Hai le dita congelate, Maggie" mi dice infatti con un mezzo sorriso. Senza una minima esitazione mi chino sulle sue gambe e me lo metto in bocca. È ancora soffice tra le mie labbra, ed è la prima volta in effetti che inizio a lavorarmelo così. Lo sento indurirsi, crescere nella mia bocca. Lievita in fretta e in meno di due minuti è il cazzo che sono abituata a sentire. Russell mi accarezza i capelli, senza spingere, con delicatezza. Sospira e mormora parole incomprensibili, poco più che gemiti di piacere. La sua mano scorre sulle mie spalle e va ad appoggiarsi sulla schiena, massaggiandola lentamente. E lentamente scende, scende, nei miei pantaloni, nelle mutandine. Mi blocco di scatto quando infila un dito, due, nelle profondità di quello che è ormai un lago e col pollice mi massaggia il buchetto posteriore senza però violarlo. Stretto nel mio pugno bagnato, sento il suo membro pulsare leggermente come per attirare la mia bocca alla sua punta scura. Rispondo al richiamo e di nuovo sparisce tra le mie labbra affamate. Con l'altra mano Russell continua a lisciarmi i capelli sulla testa senza mai spingermela in basso. È tutto così lento, mi sembra di vivere al rallentatore; questa macchina è un universo silenzioso dove il tempo scorre due volte più piano e tutte le sensazioni sembrano esplodere con la violenza di una vulcano. Mi ferma e sussurra un baciami che non lascia scampo. Le nostre labbra, toccandosi emanano scintille.

"Voltati, appoggia la testa qui"
Mi fa stendere a pancia in su con la testa sulle sue cosce; mi accarezza la guancia bagnandomi con i miei stessi umori, scorre sul mio corpo e ritorna nelle mie mutandine. Appena mi sfiora sussulto, tanto sono sensibile adesso.
I suoi occhi affondano nei miei mentre con le dita inizia a stuzzicarmi e pizzicarmi. L'orgasmo mi travolge quasi all'istante con la potenza di un'onda anomala. Gemo a labbra serrate mentre il mio corpo è scosso dai tremiti. Ma le sue dita non si fermano, anzi si infilano dentro proprio all'apice del piacere. Dentro fuori dentro fuori. E un'altra onda sale verso l'alto e si infrange nella mia testa. E un'altra ancora e un'altra ancora. Strizzo gli occhi, mi premo una mano sulla bocca per impedirmi di gridare. Vorrei che si fermasse e che non si fermasse mai. La mia mente non può reggere ma il mio corpo sembra volerne sempre di più. Quando finalmente Russell si ferma sono stremata, ansimo alla disperata ricerca di ossigeno. Apro gli occhi e lui mi sta guardando con soddisfazione; estrae la mano bagnata fradicia e mi porta due dita alle labbra che si schiudono lasciandole entrare. Assaggio il mio succo, poi lo assaggia lui sorridendo: "Non mi stancherò mai del tuo gusto, piccola mia" mormora. Il mio cuore batte così forte che potrebbe scoppiare, sopraffatto dalle mille intense emozioni.
"Ti amo" sussurro socchiudendo gli occhi. Potrebbe anche essere tutto un sogno questo, un magnifico sogno, di quelli che sembrano non finire mai. Allungo una mano sopra la testa toccandogli il membro dritto sulla sua pancia in attesa di ricongiungersi alla mia bocca. Strisciando su me stessa mi metto a petto di sotto, con le gambe piegate all'insù per non sbatterle sul finestrino. Con la lingua gli sfioro i testicoli gonfi e sensibili, li succhio come grosse e soffici caramelle mentre la mia mano scorre veloce sulla sua asta di roccia. Russell reclina la testa all'indietro mentre un primo lento fiotto trasparente cola dalla punta verso la mia mano stretta alla base; lo guardo scendere in basso e con la lingua lo acchiappo prima che tocchi la mia pelle risalendo fino alla sommità. Sento che Russell si sta trattenendo, vorrebbe non finisse mai, ma appena lo bacio proprio sulla punta un altro fiotto più denso e lattiginoso mi arriva dritto sulla fronte. Lascio che mi venga in bocca mentre con entrambe le mani lo strizzo per bene. Gli tremano perfino le gambe: "Cristo Santo, Maggie!"

Mi sono voltata su un fianco accucciandomi sul sedile, sempre con la testa appoggiata su di lui. Russell mi accarezza la testa mentre io gli accarezzo il membro fradicio che pian piano sta ritornando morbido. Nessuno dei due parla, questo silenzio è più eloquente di qualsiasi parola.

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