Capitolo 43 - Annalisa's pov

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Il racconto che Francesca mi fece quel giorno mi traumatizzò letteralmente. Come potevano tre ragazzi come Gianluca, Ignazio e Piero nascondere un segreto così importante?

E io che credevo di aver avuto delle allucinazioni quel sabato sera... Invece era vero, era tutto vero. Speravo proprio di essermi sbagliata, di essermi immaginata tutto, ma dopo aver parlato con Francesca la mia convinzione si era dissolta come vapore nell'aria: evidentemente niente era quello che sembrava.

Arrivai alla pausa pranzo facendo una gran fatica per rimanere concentrata, trattare bene i clienti e non capire fischi per fiaschi: il mio pensiero era sempre fisso lì. Fortunatamente per le tre arrivò Alessio, e quella fu forse la prima volta in cui fui sinceramente sollevata di vederlo.

«Ah, menomale, non ce la facevo più da sola!» sospirai, non appena lui entrò e iniziò a sistemarsi.

Bernabei assunse un'espressione spaesata, giustamente sorpreso dalla mia inusuale affermazione. «Nali... Ma hai bevuto?»

«No» negai con il capo. «Ho solo mille pensieri per la testa.»

«Del tipo?»

«Del tipo che non riesco a capacitarmi di essermi sbagliata per tutto questo tempo, non riesco a credere alla realtà dei fatti» ammisi, andandomi a riempire un bicchiere d'acqua.

Alessio, ignaro di tutto, era ovviamente confuso. «Si può sapere di cosa stai parlando?»

Proprio in quel momento entrarono Gianluca e Ignazio, con un principio di occhiaie violacee piuttosto evidenti, apparentemente agitati e con aria preoccupata. Guardai verso di loro e poi mi rivolsi al mio collega.

«Chiedilo a loro» tagliai corto, con voce flebile.

I due ci salutarono accennando un sorriso, per poi fare la loro ordinazione: una semplice camomilla, mai richiesta da loro prima di allora.

«Una camomilla?» ripeté stupefatto Bernabei. «Alle tre del pomeriggio? Che ci dovete fare? Vi sentite male?»

Gianluca sospirò amaramente e aspettò qualche secondo prima di proferire parola. «Alessio, io ti devo parlare.»

«E io parlerò con Annalisa» lo seguì Ignazio.

Perplesso, il tizio dal ciuffo biondo andò a preparare le camomille, mentre io rimasi lì dov'ero.

«Dobbiamo cercare di calmarci... Per il momento evitiamo di prendere valeriana o robe del genere, se possibile» tentò di spiegarmi il marsalese, titubante.

Non riuscivo proprio a fingere con loro, pertanto, con una punta di delusione dissi subito la verità. «Ragazzi, io so già tutto. Bevete e dopo ne parliamo.»

Annuirono con un cenno del capo e aspettammo l'ordinazione in silenzio, finché Alessio non tornò da noi.

«Et voilà! Che la pausa depressione abbia inizio!» esordì, portando le due tazze di camomilla. Gianluca e Ignazio, ovviamente, non accennarono neanche un minimo di risata.

Bernabei sbuffò. «Ah, allora la faccenda è proprio seria qui! Ma che cazz...»

«Alessio, è una questione estremamente importante» lo interruppe Gianluca. «Non so nemmeno se dopo aver sentito quello che ho da dire vorrai ancora essere mio amico. Cinque minuti e ne parliamo.»

Praticamente scioccato, il mio collega si ammutolì, rimanendo immobile dov'era, mentre i due amici andarono a sedersi per consumare la loro ordinazione. Una volta terminato di bere, ci riportarono le tazze e Gianluca chiese ad Alessio di uscire un attimo fuori con lui per parlare.

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