Capitolo 27 - Ignazio's pov

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Camminavo verso l'università con la testa tra le nuvole. La mia mente era ancora ferma a quello che avevo sentito in quel bagno: Piero e Francesca stavano insieme? Ma da quanto tempo? E perché non me ero accorto prima? Caterina non lo rendeva più felice come faceva un tempo?

Non seppi spiegarmi il motivo di quella voglia incontrollabile di ricevere delle risposte, tuttavia tentai di concentrarmi per la lezione di letteratura spagnola che avrei avuto alle nove e mezza.

Entrai nell'aula ed essa era vuota così mi sedetti nei posti in alto, i miei preferiti, tirai fuori il mio quaderno e una penna blu. Quella mattina non avevo voglia di ascoltare musica, mi sentivo strano.

I miei pensieri vennero interrotti dall'entrata fulminea di Francesca, la quale tirò un sospiro di sollievo non appena si guardò intorno, accorgendosi di essere in anticipo.

Avrei voluto invitarla a sedersi di fianco a me, ma il coraggio venne a mancare. Ignazio che diamine ti prende? Vuoi riprenderti?

Respirai a fondo ma la voce non aveva intenzione di uscire. Troppe domande ronzavano nella mia testa e mi stavano mandando in confusione.

Fortunatamente lei si accorse di me e salì rapidamente gli scalini, posizionandosi accanto a me.

«Ciao Ignazio! Come stai?» chiese gentilmente e le sorrisi, lei ricambiò dolcemente.

«Benissimo, grazie, sono solo un po' stanco. Alzarmi presto la mattina mi distrugge. E tu?» farfugliai, provando a calmarmi. Perché ero così agitato?

«Beh, guarda, non tanto bene! Cose da donne.» Sbuffò e una ciocca di capelli le cadde davanti al viso. Frenai mentalmente la mia mano che stava già per avvicinarsi al suo volto e che voleva sistemarle quel ciuffo ribelle.

«Purtroppo non posso capire cosa provi. Menomale che son nato maschio.» Ridacchiai e lei mi seguì, arrossendo leggermente.

I minuti successivi li passammo a parlare di musica, scoprii nuove canzoni e gliene feci scoprire altre. Anche la lezione trascorse tranquilla tra risate e scherzi.

Tutti gli studenti uscirono dall'aula ma quando fu il nostro turno, bloccai il polso di Francesca e la costrinsi a girarsi verso di me.

«Hey, Francy, aspetta un attimo, volevo... Insomma, volevo chiederti una cosa prima di uscire da qui.»

Lei sbarrò gli occhi e la osservai confuso: come poteva aver già capito cosa volevo dirle?

«O-okay. Ti ascolto» rispose con voce tremante.

«Come vanno, beh... Come vanno le cose con Piero?»

Lei corrugò la fronte e posò la borsa sulla sedia sopra la quale era seduta qualche attimo prima.

«Cosa intendi, scusa?» domandò, incrociando le braccia al petto e guardandomi con uno sguardo indecifrabile.

«Quando siamo andati a Roseto Piero si è comportato in modo piuttosto ambiguo. Una sera, nel momento in cui gli è squillato il cellulare, per la prima volta da quando ci conosciamo si è allontanato. Io e Gianluca l'abbiamo seguito e...» mi schiarii la voce e continuai. «E abbiamo sentito Piero che diceva che aveva cercato di far capire ad una persona di cui non abbiamo compreso il nome, il non interesse da parte di quest'ultima verso un'altra persona. Non abbiamo compreso il sesso dell'interlocutore fino a quando, continuando ad ascoltare la conversazione, ha pronunciato il tuo nome. Ha ribadito che non può più continuare a tenerselo dentro e se non lo dirai tu a questa persona, glielo dirà lui. Oppure dovrete dirglielo insieme.» Esposi e presi un respiro, buttando fuori l'aria che non mi ero accorto di aver trattenuto.

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