Capitolo 39 - Marco's pov

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Il giorno precedente

Con un respiro profondo mi forzai a uscire dallo stato catatonico in cui ero caduto.

La consapevolezza di aver perso le staffe di fronte all'amico di mio cugino stava appena iniziando a farsi largo nella mia mente. Un banchiere rispettabile non dovrebbe mai farsi vedere in un simile stato dalla gente. Solo con mio cugino mi lasciavo andare, con quella fiducia cieca che si dà e riceve quando due persone decidono di condividere la parte più vulnerabile di loro stessi: la vita domestica.

Decisi di rimandare lo sfogo alla sera, quando l'amico di Lorenzo si sarebbe tolto dai piedi e le nostre pance avrebbero rumoreggiato allegramente, satolle dopo la cena. Nel frattempo, mi sarei preso una birra e avrei tolto il disturbo rifugiandomi nella mia stanza.

Il momento di discutere arrivò, e con mio sommo - e triste - stupore scoprii che anche Lorenzo aveva qualcosa da raccontarmi.

«Francesca mi ha friendzonato. E ha fatto lo stesso con Gianluca. Nello stesso giorno. E no, non ne voglio parlare.»

Le sue parole rimasero sospese a mezz'aria, creando una cappa di opprimente silenzio sopra le nostre teste. Potevo leggere dalla tensione delle sue spalle e dagli occhi ostinatamente intenti a seguire i ghirigori arrabbiati che il suo dito stava disegnando sul tavolo, che la faccenda l'aveva scosso parecchio e che stava facendo sempre più fatica a mantenere la presunta maschera di indifferenza che credeva di ostentare.

«Mi dispiace tanto. Mi dici almeno come stai?» chiesi in un sussurro. Avevo quasi paura di svegliare qualsiasi tipo di bestia albergasse nel suo animo ferito in quel momento.

«Mi sento come se quello che ho vissuto in questo periodo fosse stato un sogno in cui la mia percezione della realtà era alterata... Ci ho davvero sperato fino all'ultimo.»

«So che lo hai fatto. E magari a un'altra ragazza sarebbe piaciuto e si sarebbe innamorata di te all'istante. Però sai come vanno queste cose: ogni persona ha un carattere e delle preferenze diverse, e forse quelle di Francesca non combaciavano bene con le tue.»

«A quanto pare.» Lo disse con amarezza, ma anche con la rassegnazione di chi è deciso a metterci una pietra sopra. «Adesso mi spieghi cosa ha causato il tuo rientro melodrammatico a casa oggi pomeriggio?»

Me l'aveva chiesto con un accenno di sorriso, e forse fu quello a trattenere il nervoso che sentivo ancora prudere sotto la pelle. Mi impegnai a parlarne con voce neutrale e controllata.

«Rapposelli dovrebbe andare a mungere caprette in montagna insieme al nonno di Heidi e io dovrei farmi una vacanza alle Bahamas. Così lui potrebbe sorridere ai monti, dato che sorridere è l'unica cosa che sa fare senza farsi male; e io potrei dimenticare tutto questo enorme casino che mi sta facendo venire i capelli bianchi.» D'accordo, il sarcasmo non ero proprio riuscito a trattenerlo.

«Wooo, deve averla fatta grossa stavolta!»

«Stavolta?! Guarda ti risparmio i dettagli, ti basta sapere che per quanto riguarda trovare gli indizi e seguire piste è più cieco di una talpa.»

«Ti capisco... L'altra volta è stato divertente parlarne, ma se è così incapace come dici, questa situazione davvero non si risolverà mai.»

Vidi chiaramente la scintilla di furbizia illuminare lo sguardo di Lorenzo prima che aprisse bocca.

«Dobbiamo fare qualcosa. Ne ho fin sopra i capelli di questa storia, io che sono solo uno spettatore esterno. Non oso immaginare come vi sentiate tu e Venditti. No, basta, questa faccenda va risolta con le buone o con le cattive.»

«Così mi spaventi... Cosa intendi?»

Era come se avesse abbassato la sua voce di un tono, donandole una sfumatura pericolosa che mi fece preoccupare ma anche vibrare di curiosità.

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