Capitolo 44 - Lorenzo's pov

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Senza parole.

Ecco com'ero rimasto: senza parole. Non mi spiegavo come avessero potuto fare una cosa del genere, soprattutto nella banca di mio cugino e senza dirmi niente! Incredibile.

Quella notte, non appena io e Marco avevamo colto Gianluca, Ignazio e Piero con le mani nel sacco, ero sbiancato e scappato via a gambe levate per lo shock. Erano i miei migliori amici. I miei migliori amici, porca miseria. E non avevo mai saputo un emerito accidente di quello che avevano organizzato durante tutti quei mesi. Sarebbe stata dura riprendersi!

Eravamo ormai a metà luglio, erano già trascorse quasi tre settimane dall'accaduto e in quei giorni avevo continuato a evitare costantemente i ragazzi ogni volta che cercavano di raggiungermi per chiarire. Una realtà come quella era più che pesante da digerire, soprattutto per me che sono una persona ligia e sensibile, anche se il bene che provavo nei confronti dei miei vecchi migliori amici era sempre lo stesso.

Nonostante tutto non sarei mai e poi mai riuscito ad odiarli: per me c'erano sempre stati, non mi avevano mai negato il loro tempo o il loro aiuto, mi avevano sempre ascoltato quando avevo bisogno di un consiglio. C'era solo un dettaglio che non mi andava giù, che poi alla fine tanto dettaglio non era: Gianluca, Ignazio e Piero avevano rapinato una banca, avevano commesso un'azione illegale all'insaputa di tutti. E non era cosa da poco!

Benché la rabbia nei loro confronti la avessi, e anche parecchia, dopo un po' i ragazzi iniziarono a mancarmi. Senza la loro presenza avrei potuto definire la mia vita quasi vuota, diversa, meno allegra di prima.

Purtroppo non pensavo ad altro che a quello, ecco perché alla fine, per l'appunto dopo tre settimane, decisi che era arrivato il momento almeno di parlare con loro per ascoltare cosa avrebbero avuto da dirmi.

Quel giorno stesso entrai in un bar prima di dirigermi verso l'appartamento dei ragazzi, ma il caso volle farmeli incontrare proprio lì. Così decisi di cogliere la palla al balzo e andai a sedermi esattamente nel tavolo dietro al loro, cercando di non farmi vedere nascondendomi dietro alla carta del menù, in modo da poter anche ascoltare i loro discorsi. Ignazio era di spalle mentre Piero e Gianluca erano seduti ai lati, e tutti e tre erano intenti a conversare davanti a tre grandi milkshake al cocco.

Ero cosciente dei miei atteggiamenti inquietanti, ma origliare non sarebbe mai stato comunque più grave di rubare. Quindi rimasi là, seduto, tentando di capire qualcosa e di alzare la voce il meno possibile quando il cameriere venne a prendere la mia ordinazione.

Dopo aver congedato il cameriere riportai immediatamente la mia attenzione sui ragazzi, facendo finta di essere ancora interessato al menù e sfogliandolo con aria assorta.

La prima frase comprensibile che mi arrivò alle orecchie fu pronunciata da un Piero visibilmente sconsolato.

«Ragazzi, ormai dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Quel che è fatto è fatto, e chi ci vuole perdonare ci perdona. È difficile da accettare, ma forse bisognerebbe andare avanti.»

Ma Gian non sembrava essere totalmente d'accordo. «Chi ci vuole veramente bene, prima o poi capirà e ci perdonerà. Ci vorrà del tempo, è normale, anzi, sarebbe strano il contrario. Una volta che i nostri amici digeriranno questa storia, se tengono davvero a noi ci daranno una seconda possibilità o perlomeno riprenderemo rapporti civili.»

A quel punto intervenne Ignazio. «Le azioni erano sbagliate, le motivazioni no o perlomeno non del tutto. Una persona che abbandona i suoi dipendenti nel momento del bisogno e li lascia a corto di denaro senza alcuna spiegazione non è che fa proprio una bella figura. Abbiamo agito d'istinto, ritenendo che quel genere di vendetta fosse il più adatto, ma ci siamo resi conto solo alla fine che in realtà non era proprio così. Se ci odiano, i nostri amici fanno bene ad odiarci, fanno bene eccome! Però, come dice Gianluca, se tengono davvero a noi e ci capiscono prima o poi ritorneranno. Lorenzo, Caterina... Francesca. O almeno spero.»

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