Capitolo 47 - Marco's pov

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Tutto è bene quel che finisce bene.

La situazione in banca era tornata normale e finalmente sia io che Venditti potevamo dormire sonni tranquilli. Gli amici di mio cugino continuavano a lavorare in banca con diligenza e consapevolezza degli errori commessi, e la loro umiltà aveva risvegliato simpatia in me, soppressa in precedenza dagli eventi di cui proprio loro erano stati i fautori. Mi sono anche sorpreso a sorridere loro o a fare qualche commento scherzoso.

Era bella quella sensazione di leggerezza, come se anche l'aria fosse conscia del fatto che quello è il tuo posto nel mondo, e che deve spostarsi per farti spazio al tuo passaggio. Andava tutto per il meglio.

Tuttavia questo periodo di equilibrio portava con sé una certa staticità. Quella staticità tipica della vita abitudinaria, la quale si sa, è portatrice di noia. E quella sì che è una brutta bestia.

Paradossalmente, i mesi passati a preoccuparmi e a crucciarmi sui problemi posti dalle rapine avevano aggiunto un po' di spezie a quella che altrimenti era una vita in cui le giornate si articolavano nello stesso identico modo giorno dopo giorno, anno dopo anno. E adesso stavo ricadendo proprio in quel circolo, senza altra via di sfogo che una chiacchierata serale con Lorenzo prima della buonanotte.

Per il momento mi stavo godendo la serenità, ma quella sensazione non sarebbe durata a lungo: la frustrazione della vita abitudinaria si sarebbe fatta presto risentire.

Sovrappensiero, stavo girando sulla sedia del mio ufficio dopo una giornata particolarmente poco impegnativa quando mi venne in mente il modo migliore per scacciare via la noia. Un modo nel quale non indugiavo da tempo e che sinceramente mi mancava: dovevo trovarmi un amico. Qualcuno con cui trascorrere una serata al pub a parlare del più e del meno, qualcuno da chiamare nei momenti tediosi della giornata.

Mi tornò alla mente una conversazione con Lorenzo, durante la quale avevo espresso la mia simpatia per l'investigatore Rapposelli - nonostante tutto, e questo tutto comprende tanto - e il mio intento di chiedergli di uscire una volta finita la storia della banca.

Geniale. Ecco la persona giusta con cui potevo iniziare un nuovo rapporto di amicizia! Con gli eventi delle ultime settimane prima della cattura e del mese passato a godere della pace restaurata, mi ero quasi dimenticato di questo mio progetto. Tra l'altro, sarebbe stato il modo perfetto per scusarmi dell'aver agito alle sue spalle e per chiedergli come se la passava in centrale di questi tempi.

Scorsi la rubrica fino a Investigatore Rapposelli e premetti con trepidazione sul suo nome. Fortunatamente avevo conservato il suo numero.

Rispose al quarto squillo: «Pronto? Qui investigatore Rapposelli!»

Cordiale e sprizzante anche per telefono. Incredibile.

«Ehm ciao... Sono Marco Mengoni, non so se si ricorda...» Ero molto esitante e imbarazzato, del resto era passato più di un mese dall'ultima volta che ci eravamo visti e non avevo alcuna motivazione apparente per chiamarlo di punto in bianco.

«Ah certo! Del caso Venditti, giusto?»

«Proprio quello. Senti... posso darti del tu, vero? Ecco... Voglio farla breve. Uhm... Innanzitutto voglio scusarmi per la faccenda della cattura: avrei potuto avvisarti della mia intenzione di appostarmi fuori dalla banca, ma ho voluto fare di testa mia e ti sto chiamando dopo più di un mese dalla vicenda per chiederti che impatto ha avuto questo sulla tua carriera. E poi...»

«Wooo amico, respira! Va tutto bene.»

Stava ridendo. Lo presi come un segno positivo.

«Sì, scusa. Sono un po' nervoso e mi sento un po' in colpa per quello che è successo. Comunque potrei spiegarti meglio il perché dei miei atteggiamenti davanti ad una birra, magari?»

Lungo silenzio, di quelli carichi di aspettative e di parole non dette. Ansia.

Mi stavo preparando psicologicamente a un rifiuto e alla conseguente figura di merda quando: «Perché no? Accetto molto volentieri, ma ti dico subito che non devi preoccuparti di niente e che non sono così stupido da non rendermi conto della mia stessa goffaggine! Devo averti fatto perdere le staffe più di una volta!»

La sua risata era così forte e contagiosa che non riuscii a trattenere la mia.

«Però scelgo io! Conosco una birreria fantastica, se vieni davanti alla centrale ti ci porto a piedi in cinque minuti.»

Acconsentii subito. «Perfetto! Domani alle nove?»

«Domani alle nove.»

Riagganciai con un sorriso sulle labbra e la promessa di una serata indimenticabile alle porte.

***

«Fuori un altro! Alla saluteeeee!»

Buttammo giù l'ennesimo cicchetto di vodka liscia della serata. Alle dieci di sera potevo già affermare di essere positivamente lercio.

Dopo aver scoperto la nostra passione condivisa per i telefilm trucidi dopo quella prima serata in birreria, io e Michele passammo serate su serate a casa l'uno dell'altro a vedere serie TV e a fare il nostro gioco preferito: si beve ogni volta che muore qualcuno.

Ultimamente stavamo guardando Game of Thrones e posso solo dire che al mattino non avevo alcun ricordo delle puntate viste la sera precedente.

Dopo aver brindato più di una volta ai numerosi caduti in battaglia, spostai lo sguardo dai suoi occhi ridenti agli alcolici sul pavimento e pensai...

Spesa zezza al Todis e serie TV dalla morale contestabile: questa sì che è amicizia.

[Scritto da Chiara A.]

***

Ben ritrovati con questo capitolo di passaggio in cui vengono descritti i passatempi serali di Marco e Rapposelli dopo la chiusura del caso :')

Ci si rivede tra pochi giorni con il capitolo della cena tra Ignazio e Francesca. Non mancate, mi raccomando!

Se il capitolo vi è piaciuto non dimenticatevi di lasciare una stellina e/o un commento :)

Grazie mille e alla prossima! ❤️


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