Capitolo 17

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Sei anni prima.

Oksana
Osservo diffidente il volto di Dmitriy. Perché ha mentito? Non ne avrebbe motivo e poi, mi guarda con quegli occhioni sinceri... Come faccio a non credergli? Per cui, senza riuscire a trattenere le emozioni, gli sorrido di rimando.

«Non andartene» mi dice, carezzandomi la guancia. «Fai colazione con me e poi ti riporto a casa».

Mi abbandono al suo tocco e per un momento chiudo gli occhi. Mi costringo a riaprirli perché non vorrei sembrare patetica. Quindi, quando Dmitriy mi prende per mano, intrecciando le sue dita alle mie e mi conduce in cucina, non oppongo resistenza. Da vero gentiluomo, sposta uno sgabello per me e mi fa accomodare davanti al bancone della cucina, sedendosi poi al mio fianco. Noto, accigliandomi, che è tutto apparecchiato e già pronto per la colazione. Guardo tutto quel cibo delizioso e chiedo: «Quando hai preparato tutto questo?».

«Non sono stato io. Nadia, la mia domestica fa tutto quanto per me».

Certo. Vive praticamente in una villa in stile Reggia di Caserta, stupido da parte mia chiedergli chi avesse preparato tutto questo. Era ovvio che avesse qualcuno che facesse le cose al posto suo. Mi guardo un po' in torno e noto – non poi così tanto stupita – che cucina e soggiorno godono dello stesso lusso della camera da letto. Per una come me, abituata a non avere nulla, fa un po' strano essere circondata da tutto questo sfarzo. E poi è tutto arredato magnificamente e nessun dettaglio è lasciato al caso.

Inizio a mangiare, rendendomi conto che il mio stomaco inizia a brontolare. Dmitriy sorride e non posso fare altro che sentirmi leggermente in imbarazzo per quel suono inaspettato.

È tutto squisito, dal caffè ai pasticcini francesi. Di solito faccio una colazione veloce, ma tutto ciò è davvero buono quindi, faccio uno strappo alla regola e assaggio un po' di tutto. Dmitriy invece sta divorando il cibo come se non ci fosse un domani. Mi chiedo dove lo metta, dato il suo fisico perfetto.

Ogni tanto lo becco a fissarmi, ma poi mi perdo nei miei pensieri e mi viene in mente una cosa. Sono le undici di un lunedì mattina, io non sono a scuola perché ieri sera sappiamo tutti com'è andata, ma lui perché non è al lavoro?

«Che lavoro fai?» chiedo, senza riflettere più di tanto.

«Dirigo un'agenzia che si occupa di... relazioni lavorative internazionali».

«E cioè? Di cosa ti occupi, con esattezza?».

«Diciamo che sono una sorta di tramite tra le aziende iscritte alla mia agenzia e tutti coloro che cercano lavoro» spiega. «Mi occupo anche del Red Light. La maggior parte delle ragazze lavorano lì anche grazie a me».

«Quindi, indirettamente, sei stato tu ad assumermi?» chiedo.

«No, perché è stato Igor a darti il lavoro» dice, sorridendo.

«Scusa, ma non ne capisco molto. E non vai al lavoro stamattina?».

«Questo è uno dei vantaggi di essere il capo di sé stessi» asserisce soddisfatto. «Ho molti dipendenti, quindi non credo ci sia qualcuno che abbia da dire se faccio uno strappo alle regole. E poi, svolgo la maggior parte del mio lavoro dal mio ufficio di casa» conclude, facendomi l'occhiolino.

Certo, ovvio che abbia uno studio anche qui. Non mi stupirei se ci trovassi anche una piscina coperta.
Ovvio anche questo. Il capo fa ciò che vuole e se decide di dormire tutta la mattina, lo fa senza dar conto e soddisfazione a nessuno.

***

Più tardi, quando Dmitriy accosta di fronte il mio appartamento, scendo dall'auto e in un secondo mi raggiunge.

«Ci rivedremo stasera?» mi chiede, con il sorriso sulle labbra.

«Non credo, questa è la mia serata libera».

«Intendevo vederci per un appuntamento, Oksana. Vorrei invitarti ad uscire».

Okay. Cosa si dice in questi casi? Se un ragazzo ti piace, accetti senza neanche esitare. Dmitriy mi piace molto ma nonostante ciò, sto esitando. Non lo so, ma il fatto che non ci conosciamo mi frena. Forse stiamo facendo il passo più lungo della gamba. Mi sembra di stare correndo un po' troppo e lui mi sta doppiando. Credo che sia la differenza di età ad intimidirmi, ma la voglia di passare del tempo con lui mi fa dimenticare le mie preoccupazioni, quindi mi ritrovo subito ad accettare il suo invito.

Quando Dmitriy mi saluta per andarsene, non faccio in tempo ad aprire la porta dell'appartamento che Karina mi piomba addosso in un attimo travolgendomi come un tornado. La sua rabbia è indirizzata tutta a Dmitriy. Lo accusa di avermi drogata e rapita. A quel commento scoppio a ridere e vengo interrotta da un colpo alla testa.

«Non c'è niente di divertente in tutta questa storia!» esclama. «Quello là ti ha dato da bere finchè non sei riuscita a reggerti in piedi. Mi hai fatta preoccupare».

«Non è così, Kari. Ho preso delle pillole contro la stanchezza di mia spontanea volontà, ieri».

«Cosa diavolo stai dicendo? Di quali pillole stai parlando?».

«Sono delle pillole che Igor ha dato a Inna» dico.

«Rimane il fatto che non solo le hai prese, ma ti sei sbronzata fino all'eccesso. Lui ha fatto in modo che accadesse e ha colto la palla al balzo e Dio solo sa cosa ti è successo questa notte».

«Non è successo nulla. Dmitriy è stato dolcissimo a prendersi cura di me. Mi ha portata a casa sua senza che gli chiedessi niente o gli dessi qualcosa in cambio» dico, entrando in casa.

«Ne sei sicura? Ti ho cercata per tutto il locale è ti ho vista svenuta sul sedile posteriore dell' auto di Dmitriy solo nel momento in cui avete lasciato il parcheggio» mi accusa, seguendomi dentro.

«Ma lui ha detto che a te andava bene che rimanessi» affermo, accigliata.

Perché le loro versioni non coincidono? Avevo capito subito che c'era qualcosa che non andava. I suoi numerosi messaggi ne erano la conferma, ma Dmitriy è stato così premuroso ieri sera e anche questa mattina. Era sincero, posso giurarci. Ci metto persino la mano sul fuoco. Poi mi sorge un dubbio, possibile che Karina sia gelosa? Magari è lei a volere tutte quelle attenzioni che Dmitriy riserva a me. Altrimenti, che motivo avrebbe di adirarsi in questa maniera?

«Oksana» inizia con un tono di rimprovero. «Da quanto lo conosci? Una settimana? Ti sembra normale che dopo soli quattro giorni di conoscenza ti beva già le sue stronzate? Non ti facevo così stupida».

Quandofinisce se ne va, lasciandomi impalata davanti la porta d'ingresso, con ilsenso di oppressione che si sta facendo strada nel mio petto e Lyudmila – chenel frattempo ha osservato tutta la scena – che mi guarda con un'espressionevitrea e non osa dire una parola.

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𝗧𝘂 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗲𝗱𝗶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora