Capitolo 18

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Oggi.

Veronica
Si dice che gli occhi siano lo specchio dell'anima e i miei rispecchiano una parte molto oscura della mia. Tutto ciò che vedo dentro di essi è dolore e paura. Solo questo li rende uguali, perché se non usassi la lente a contatto marrone, si noterebbe quanto sono diversi. In passato, la prima cosa che le persone notavano in me, erano i miei occhi eterocromi². Diciamo che sono stati allo stesso tempo la mia particolarità e la mia condanna.

Osservo attentamente la mia figura allo specchio e disprezzo quegli occhi per ciò che hanno visto. Mi riportano in mente solo episodi spiacevoli del mio passato. Vorrei fosse possibile cancellare tutto e avrei voluto che la mia vita avesse preso una piega diversa. Avrei voluto che fosse normale, che i miei occhi fossero normali e che anche tutto il resto della mia vita lo fosse stata. Ma ho già spiegato come la penso sul destino e sulle vite passate, quindi l'unica cosa che mi resta da fare è "godermi" ciò che è e imparare a convivere con ciò che è stato.

È passato un mese da quando Karina è ritornata a Mosca. Diciamo che - per fortuna - la sua è stata una visita di cortesia. Si è trovata a New York per questioni di lavoro e ha colto l'occasione per venirmi a trovare. Per fortuna, nessun guaio in vista e nulla di cui preoccuparsi. Mi ha aggiornato su tutto ciò che mi interessava e mi ha assicurato che in Russia fila tutto liscio come l'olio. L'avevo intuito già da me con le mie continue ricerche su internet, ma sentirlo dire a qualcuno che ci vive è sempre un'ulteriore conferma che può aiutarmi a vivere - non meglio - ma più tranquilla. Avrei voluto che rimanesse ancora un po', ma da un lato il suo interessamento per Matt mi ha fatto indisporre abbastanza. È brutto da dire, lo so, ma non vedevo l'ora che se ne andasse perché non volevo condividere Matt con nessuno. Forse anche per quello, non volevo che si incontrassero, quella volta a casa mia. Lo so, non sono granché ad esternare i sentimenti e questo mi ha dato parecchio fastidio, forse Karina non se n'è neppure resa conto, ma so per certo che il carattere espansivo di Matt abbia contribuito al suo interessamento. La cosa certa è che lui fa così con tutte, quindi non devo temere né la mia amica, né tantomeno dovrei illudermi di qualcosa che, fondamentalmente, neanche esiste. Almeno, non per lui.

Oggi, quando sono arrivata in ufficio, ho trovato Matt ad aspettarmi alla mia scrivania. Mi ripete ormai di cambiare casa quasi tutti i giorni. Non con insistenza, ma è pur sempre insistente, dal momento che non dovrebbe importargliene niente. Matt sembra sempre così... responsabile. Credo che in vita sua abbia fatto sempre la cosa giusta senza mai sbagliare un colpo. Forse è questo che vuole fare con me.

«Ciao, bocconcino» mi accoglie.

«Salve, Matt» rispondo, facendo per togliermi il cappotto.

«Ah. No, no!» mi interrompe, aiutandomi a tenerlo sulle spalle e chiudendo il primo bottoncino che avevo precedentemente fatto uscire dall'asola. «Oggi vieni con me».

«Venire con te, dove?» chiedo, accigliata.

«In un posto. Quindi preparati che dobbiamo fare un po' di strada in macchina» dice, prendendomi per mano e trascinandomi dentro l'ascensore. «E ci terrei a puntualizzare che questo non è un sequestro perché stai venendo con me senza opporre resistenza».

Sorrido divertita e per un secondo mi soffermo a guardarlo. Tutto nel suo atteggiamento trasuda sicurezza e poi è così bello che potrei sciogliermi. Tutto in lui mi ispira fiducia e per la prima volta dopo sei anni vorrei avere di nuovo quella spensieratezza di una volta. Vorrei potermi fidare e un po' lo sto facendo, ma quado penso come è andata l'ultima volta... Matt mi sorride a sua volta e non posso fare altro che godermi il momento. La storia non si ripeterà. È impossibile.

«Allora, me lo vuoi dire dove mi stai portando?» chiedo, una volta salita in macchina e aver allacciato la cintura di sicurezza.

«Mmmh, detta così sembra una cosa sconcia» dice, prendendomi in giro e mettendo in moto

«Riformulo: dove stiamo andando?».

Non ricevo una risposta, ma un occhiolino che mi fa sorridere di rimando. Forse, un giorno, potrei abituarmici.

Scaccio il pensiero e mi concentro sulla macchina. Matt guida senza il bisogno di dire nulla e a me sta bene così. Mi concentro sulla strada e, quando l'auto si ferma, mi accorgo che siamo a Brooklyn. Quando scende dall'auto lo imito, andandogli dietro. Lo seguo mentre si dirige verso un edificio di mattoni, apre la porta e mi fa segno di entrare. Lo seguo ancora mentre saliamo le scale e arrivati al primo piano, si ferma davanti un appartamento.

«È casa tua?» chiedo.

Lui fa segno di no, ma non bussa per farsi aprire. Semplicemente, estrae un'altra chiave dalla tasca della sua giacca e apre la porta. Mi prende per mano e mi lascio condurre all'interno.

«Questa è casa tua» afferma, guardandomi dritto negli occhi.

Sono attraversata da un misto di emozioni. Non saprei cosa pensare. Per un momento mi limito a guardarlo senza sapere cosa fare. Casa mia? Io non abito qui. Poi realizzo...
Sono combattuta se prenderlo a schiaffi per quello che ha fatto, nonostante abbia specificato che dove abito attualmente ci sto bene, o se abbracciarlo perché il suo gesto è davvero la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me. Quindi non faccio nulla di tutto ciò e - senza rendermene conto - scoppio a piangere. Automaticamente mi porto le mani sul volto per nascondere la mia fragilità perché non voglio che Matt mi veda piangere. Singhiozzo come una bambina ma in un secondo, due braccia forti, mi accolgono nel loro abbraccio. All'inizio ho un sussulto, ma dopo realizzo che ho davvero bisogni di questo abbraccio e appoggio la fronte sul petto di Matt, grata del fatto che abbia qualcuno a cui aggrapparmi. Non so cosa mi stia succedendo, ma so solo che sto bene accoccolata tra le sue braccia. Mi lascio andare finchè il mio pianto non si tranquillizza. In tutto questo, Matt non ha detto una parola ma quando alzo il volto verso il suo, con i pollici mi asciuga le lacrime e mi sorride dolcemente.

«Vieni» sussurra. «Ti faccio vedere il resto».

Di nuovo, lascio che Matt mi prenda per mano e mi faccio condurre in giro per l'appartamento. Non è molto grande qui, ma è perfetto per me. La cucina ha tutto il necessario per cucinare. Vi sono anche un divano a L e un tavolo per sei persone. Il bagno è in perfetto stile moderno con la sua enorme vasca idromassaggio e nella camera da letto spicca un enorme letto kingsize.

«Qui potremmo dormici insieme» dice Matt, spintonandomi scherzosamente. Sorrido per la sua battuta e lo abbraccio senza pensarci.

Lui è preso alla sprovvista tanto quanto lo sono io della mia stessa azione, comunque, ricambia.

«Grazie» sussurro. «Perché lo hai fatto?» chiedo, guardandolo negli occhi.

«Perché non riuscivo a pensarti in quel posto, Veronica. Perché credo che la miglior cosa per te sia vivere in un posto più tranquillo e poi saremo vicini di casa».

E le sue parole mi colpiscono al cuore più di qualsiasi altra cosa. Perché in quella frase sento solo autenticità e sincera preoccupazione da parte sua. Perché Matt è un bravo ragazzo e ha fatto tutto ciò per me, senza che gli abbia chiesto nulla. Sono sempre stata abituata a cavarmela da sola. Non c'è mai stato nessuno che si occupasse di me, prima d'ora. Mai. O meglio, una volta c'è stato ma le situazioni sono imparagonabili tra loro. Adesso, questo ragazzo meraviglioso, spunta dal nulla, pronto a prendere le mie difese e ha iniziato da questo che, agli occhi degli altri può sembrare nulla, ma per me è tutto.

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²occhi eterocromi: dueocchi, due colori diversi. L'eterocromia è la caratteristica somaticadi individui che presentano un'iride di colore diverso dall'altra.

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