Capitolo 22

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Oggi.

Veronica
Ho detto a Matt di non avere la cifra di soldi necessaria a coprire i primi sei mesi dell'affitto, ma in realtà ho quelli e molti altri. Potrei addirittura permettermi di comprare tutto il palazzo, se volessi. Il lato negativo di tutto ciò è che quei soldi sono "in stallo" in non so quale conto corrente di una banca russa. Se avessi voluto, avrei potuto chiamare Karina e sfruttare le sue abilità di hacker per farmi trasferire una cospicua somma nel mio attuale conto, ma così rischerei di far saltare la mia copertura. Del resto, adesso lavoro e non ho bisogno di soldi extra. La mia busta paga mi permette benissimo di arrivare a fine mese e riesco anche a mettere qualche dollaro da parte - per spese extra che, nel mio caso, sono veramente rare - grazie anche al fatto che faccio la babysitter part-time.

«Allora» esordisce Matt, seduto ancora sul pavimento, intento a spacchettare ciò che resta del trasloco. «So che la mattina non lavori, ma posso venirti a prendere verso le dodici, pranziamo insieme e poi andiamo al lavoro».

Adoro la sua premura. Ha fatto tutto questo e adesso si sente anche in dovere di accompagnarmi al lavoro.

«Matt, non devi. Anzi, hai già fatto abbastanza» lo ringrazio. «Comunque, la mattina ho già un impegno, quindi credo che ci vedremo direttamente in ufficio».

«Che genere di impegno?» si limita a chiedere.

«Faccio la baby-sitter».

Evito di proposito di dare altre spiegazioni in più. Credo che Matt non sappia che Astrid ha un bambino, dal momento che ancora non l'ha detto neppure al diretto interessato.

Matt annuisce e gli sorrido. «Grazie per quello che stai facendo».

«Non ringraziarmi, bocconcino. Quando mi ricapita di frugare in mezzo ad una scatola piena di biancheria intima sexy» afferma con quel suo sorrisetto sghembo, mostrandomi uno di quei tanga in pizzo che non ho mai indossato.

«Che stupido!» esclamo, alzandomi sulle ginocchia per strapparglielo di mano, ma Matt sembra più veloce di me e lo allontana dalla mia portata prima che riesca a prenderlo. Mi sporgo nella sua direzione, ma quando vedo che la situazione si sta facendo abbastanza compromettente, mi alzo ma lui scatta in piedi prima di me e inizia a sventolare l'indumento per aria.

«Ti stai divertendo?» chiedo, alterata.

«Molto» risponde, facendomi l'occhiolino.

«Matt, ridammelo!» gli ordino, tendendogli la mano.

«Se lo vuoi, prenditelo, bocconcino».

Sbuffo irritata e inizio a saltellare per cercare di raggiungere la sua mano. A volte mi aggrappo a lui, altre no. Altre volte sono tentata di prendere una sedia e salirci sopra, fatto sta che, continuo a saltellare da cinque minuti e mi sono stancata. Nel senso letterale del termine: ho il fiatone.

«Mmmh, mi sa che l'attività fisica non è il tuo forte. Eh, Veronica? Dovremmo uscire insieme a fare jogging una di queste mattine».

«Con te non vado proprio da nessuna parte se prima non mi ridai quelle mutande» sbotto, mettendomi le braccia conserte.

Nonostante sia irritata, Matt continua a prendersi gioco di me, osservando attentamente la mia biancheria e il tutto mi imbarazza parecchio, per questo sono ancora più arrabbiata.

«MATTHEW JEFFERSON!» tuono. «Mi stai facendo indisporre! E non poco!».

Adesso, ho tutta la sua attenzione e il suo sguardo, da divertito, si fa improvvisamente perplesso

«Matthew?» chiede, accigliato.

Al che, sono pervasa da un serio dubbio. «Non ti chiami Matthew?».

«No, Veronica, mi chiamo Matt» sottolinea. «E se fossi stata più attenta, in ufficio, non avresti avuto questo dubbio. Fa meno male quando mi chiami Signor Jefferson» conclude, infine, porgendomi finalmente le mutandine.
Le prendo e le ripongo di nuovo nella scatola.

«Scusa, Matt» sussurro. «Sono stata distratta, ultimamente».

«Tranquilla, non me la sono presa sul serio. Però non sbagliare più la prossima volta, é come se io ti chiamassi con un nome che non è il tuo».

Udendo quella frase, per poco la saliva non mi va di traverso, perché lui non sa quanta verità ci sia nelle sue parole, perché Veronica non è il mio nome e Matt non sa che già mi chiama con un nome che non è il mio. Non so perché, ma tutto questo inizia a sembrarmi sbagliato. Questa è la mia vita, sì, è tutto vero, ma intorno a me ho costruito un "mondo" fittizio che non fa altro che dare vita ad altre bugie. Chiunque mi abbia incontrato non sa nulla di me e mai lo saprà, ma mentire mi fa stare male e Matt, in questo momento, meriterebbe di sapere la verità.

«Va tutto bene, Veronica?» chiede al mio fianco.

«Sì, scusa... io stavo... Mi sono persa nei miei pensieri» balbetto, dirigendomi in cucina per bere un bicchiere d'acqua e per nascondergli il mio turbamento.

Piochè, adesso l'aria sembra essere carica ti tensione, chiedo la prima cosa che mi viene in mente. «Ti va di cenare qui? È il minimo che posso fare per ringraziarti».

Matt
Cavolo! Era da tanto che non vedevo Veronica estraniarsi in quella maniera. Le altre volte c'era terrore nel suo sguardo, oggi rammarico, come se fosse pentita per qualcosa. So solo che per non farsi guardare in faccia mi ha voltato le spalle e poi, per alleggerire la tensione, mi ha invitato a cena. Meno male, perché non avrei saputo cosa fare.

«Certo, chiamo Jason per annullare la nostra uscita e poi telefono al ristorante. Va bene tailandese?» chiedo.

«Non devi annullare i tuoi piani per me» si affretta a dire, voltandosi nella mia direzione. «Se hai da fare, mangeremo assieme un'altra volta».

«Non ho più programmi, bocconcino. A parte quello di cenare insieme ad una bella donna» esclamo, sorridendole e facendola arrossire.

A volte penso che il suo carattere duro sia una corazza che usa per tenere a distanza le persone. Veronica è molto più dolce di ciò che vuole fare credere. Potrà anche ingannare gli altri, ma non me e me ne sono accorto poco prima, quando mi ha abbracciato senza preavviso, o quando si è messa a piangere. So che la mia Veronica è dolce, ma qualcosa le impedisce di dimostrarlo più spesso. Vorrei che mi mostrasse quel lato nascosto del suo carattere, vorrei sapere cosa la turba e cosa la rende nervosa, vorrei entrare nella sua vita e non come adesso. Per ora mi sembra di essere un capo-amico e questa definizione fa persino ridere, perché già solo la parola è buffa.

Comunque, credo che le cose debbano cambiare. Non so dove mi porterà tutto questo, ma devo rimboccarmi le maniche se voglio riuscirci. Veronica sembra un osso duro, ma ha il cuore tenero, lo so. Se dovessi paragonarla a qualcosa, lei per me sarebbe un cioccolatino fondente ripieno di crema alla nocciola. Adesso, ripensando a quello che ho pensato, mi rendo conto che è tutto un po' smielato, ma nella mia vita ho sempre avuto tutto, tranne questo.
E adesso sono più che deciso a prendermi il mio cioccolatino.

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𝗧𝘂 𝗻𝗼𝗻 𝗺𝗶 𝗽𝗼𝘀𝘀𝗶𝗲𝗱𝗶Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora