Capitolo 27.

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Come al solito mi ritrovai in una stanza buia, faceva freddo; io, impaurita e spaventata, mi alzai dal pavimento. Mi facevano male i polsi, abbassai lo sguardo sulle mani, erano legate con delle corde, spaventata iniziai a cercare un interruttore, mentre l'ansia si impadroniva di me, dov'era mio padre? L'ultima volta che lo avevo visto era inginocchiato, legato di fronte a me, tutto sporco di sangue, ci trovavamo in una specie di cantiere ed un signore in giacca e cravatta lo teneva stretto per il collo. -Dimmi chi ti ha pagato per uccidermi, sennò ucciderò tua figlia e tua moglie, dopo essermi divertito con lei!- gli urlò l'uomo che poteva avere sui quarant'anni. Mio padre mi guardò negli occhi, io vedevo tutto sfocato per le troppe lacrime. -Lo sai bene che non so' chi è stato. Mi chiamano, mi trasferiscono i soldi sul mio conto e mi fanno un nome. Niente di più.- disse mio padre con voce tremante, aveva perso troppo sangue. Il signore sorrise lievemente -Portate via la ragazzina, a lei ci penseremo dopo.- Ordinò tirando fuori un coltello, mentre io cercavo di dimenarmi dalla presa di un uomino, che mi portavano via trascinandomi per i capelli. Le ultime parole che sentì dalla bocca di mio padre furono -Tranquilla amore, finirà tutto presto, ti voglio bene.- mentre io urlavo il suo nome disperata e supplichevole.

Mi spinsero e mi chiusero in una stanza buia. Avevo paura...non amavo il buoi, mi accovacciai a terra, sentivo solo urla, urla che mi sarei pressa per sempre nella mente.

Volevo andarmene.

Mi alzai e tastai il muro con la mano non riuscivo a trovare l'interruttore. Ma anche questa volta qualcun'altro lo accese al mio posto. Mi accovacciai a terra, per la luce troppo abbagliante. Sentì delle voci in lontananza che si avvicinavano sempre di più, fino a trasformarsi in delle urla, urla strazianti che chiedevano pietà, urla di una donna, mia madre. Mi tappai le orecchie, non volevo sentire, iniziai ad urlare pure io, avevo paura. Passarono dei minuti infiniti, qualcuno mi toccò una spalla, io; mi rannicchiai di più su me stessa, non volevo morire, non in questo modo. -Allyson siamo noi...tranquilla...- disse dolcemente una voce familiare, alzai gli occhi dal pavimento freddo spaventata... davanti a me comparvero la figura di Ian e di Nick, erano un po' malconci, ma stavano bene. Io mi buttai tra le braccia di Nick, avevo paura di non rivederli mai più, di non riabbracciare mai più la mia famiglia. Lui mi strinse forte a sé  -Tranquilla, ci sono io con te adesso, ora ti riporto a casa...- mi sussurrò accarezzandomi le spalle. -Dai Nick, muoviamoci non c'è tempo..- affermò un Ian preoccupato. Nick annuii, mi prese in braccio ed iniziò a correre per il corridoio seguito da Ian, io tenevo la testa bassa e gli occhi chiusi, avevo paura che se li avessi aperti mi sarei ritrovata nuovamente in quella stanza buia. Di colpo una ventata fredda mi provocò molti brividi ovunque, eravamo usciti, ero salva. Nel momento esatto in cui aprii gli occhi mille dubbi mi invasero. -Dove sono i miei genitori e dov'è Alec?- chiesi preoccupata con un filo di voce, avevo paura della risposta. Nick stava per dire qualcosa ma qualcuno lo superò -Allyson!- urlò la voce di mio fratello alle mie spalle, io mi girai piena di gioia verso di lui, era vivo, Alec era vivo. Scesi dalle braccia di Nick, dalle braccia che mi avevano salvato e andai incontro a mio fratello. Lo abbracciai forte. -Avevo paura di aver perso pure te...- mi disse ricambiando l'abbraccio. Il mio sorriso si spense subito, mi allontanai e lo guardai negli occhi, supplicandolo con lo sguardo, speravo con tutta me stessa di aver capito male. -..Allyson...sono tutti morti...tu sei l'unica che siamo riusciti a salvare...-  Da lì in poi ricordo solo buio.

Mi svegliai di colpo, non ero al cimitero, ero in una stanza, la mia camera da letto di quand'ero piccola. -Amore finalmente ti sei svegliata, sei la solita dormigliona!- disse una figura sul ciglio della porta, mia madre. Si avvicinò a me, con un vassoio pieno di biscotti, mi diede un bacio sulla guancia, il suo odore mi travolse, mi era così tanto mancato. - Dai vieni, aiutami a portare i biscotti di là, i ragazzi hanno bisogno di energie- disse aiutandomi ad alzarmi e dopo di ché mi porse un biscotto. -Mamma, perché non mi posso allenare come loro?- chiesi mentre guardavo Alec e Ian che combattevano, mentre Nick sollevava dei pesi. -Perché tu sei già la ragazza più forte del mondo!- disse una voce maschile, mio padre. Mi sollevò da terra e mi fece girare in torno, mentre io ridevo. -Dai andate a mangiare che ci sono i biscotti!- affermò il Signore Wilkinson, che fino a due secondi prima era intento a spiegare al figlio qualcosa al computer. Tutti si fermarono all'istante e corsero intorno a mia madre. -Ehi! Non ve li finite tutti, ne voglio pure io uno!- urlai staccandomi da mio padre per raggiungere  i biscotti, ma era troppo tardi, erano tutti finiti, "ingordi" pensai nella mia testa, almeno questa era la parola che diceva sempre mia madre a tavola a papà e ad Alec. Incrociai le braccia al petto infastidita e mi andai a sedere per terra, poco dopo si sedette accanto a me un Nick divertito. -Dai tieni piccolina, a me non mi va...- disse sorridendomi, io alla vista del biscotto sorrisi di rimando e gli diedi un bacio sulla guancia veloce per poi scappare, dopo aver urlato un -Grazieeeee-.

Aprì gli occhi solo per ritrovarmi immersa in un nuovo ricordo. -Tesoro, quello che io e la mamma stiamo andando a fare è un po' pericoloso, forse per domani mattina non saremo ancora tornati, voglio però che tu tenga a mente che ti vogliamo bene.- Disse mio padre mentre ero sotto le coperte del  mio letto. Affianco a lui c'era la mia bellissima mamma che mi sorrideva dolcemente. -Ma non posso venire con voi?- chiesi, non volevo passare la notte da sola. -Allyson è troppo pericoloso..- disse mia madre abbracciandomi -Ci vediamo domani mattina tesoro..- continuò mentre mio padre mi abbracciava. Io acconsentì, sapevo che non mi avrebbero mai permesso di andare con loro. 

Quella notte fui rapita e bendata, quella notte, fu l'ultima notte che vidi i miei genitori.

Mi svegliai poiché qualcuno continuava a scuotermi. Aprii gli occhi, spaventata mi alzai a metà busto. Ora ricordavo tutto, quella voragine, quel buco nero nella mia testa era sparito. Quella sensazione di vuoto si era colmata. Adesso tutta la mia vita era vivida nella mia testa. -Allyson, sono io...- mi disse Nick non togliendo la mano dalla mia spalla. In quel momento mi resi conto di essermi addormentata sulla tomba dei miei genitori. -Tu che ci fai qui? Come mi hai trovata?- chiesi allontanandomi un po' da lui. Certo, la verità era vivida nella mia testa ma comunque quello che facevano non era corretto. Loro uccidevano con la stessa facilità  con cui io divoravo un libro. -Che bello! Anche io sono felice di vederti!- mi disse in modo ironico. Seriamente? Ironia? -Come puoi scherzare dopo tutto quello che è successo? E poi, che ci fai qui, devi stare a riposo!- dissi io ricordandomi della ferita cucitagli in mia precedenza, lungo tutta la coscia, da mio fratello. Ora che lo guardavo bene aveva gli occhi stanchi, illuminati dai primi raggi del mattino. Una mano era tesa verso di me, nell'altra mano teneva stretto un bastone da passeggio, e con il busto era ricurvo verso di me. Aveva passato tutta la notte a cercarmi. -Hai ragione, avrei dovuto stare a casa a riposare, ma come avrei potuto lasciare la mia ragazza al freddo e alle minacce della notte?- Ora i suoi occhi si puntarono su i miei. -Voi siete degli assassini...- fu l'unica cosa che riuscii a dire. Lui mi guardò per qualche secondo, un po' stupito e un po' amareggiato.  -Lo so che quello che facciamo non è giusto, ma questo è quello che ci è stato insegnato, questo è quello che ci piace fare, lo so, detto così sembra qualcosa di orribile, ma anche noi abbiamo dei freni, non uccidiamo donne e bambini, uccidiamo solo quelli che in qualche modo... se lo meritano.- Io lo guardai per qualche secondo -Nessuno si merita di morire Nick..- dissi con voce fievole. L'idea che non uccidessero bambini e donne mi rincuorava, ma nessuno aveva il diritto di decidere chi doveva vivere e chi doveva morire. -Allyson, ti prego, torna a casa con me...questa notte avevo la costante paura di non poterti riabbracciare più, di non poter rivedere il volto della mia ragazza...sempre se sei ancora la mia ragazza...-  disse lui supplichevole. Sembrava completamente un'altra persona. Sembrava debole, fragile, bisognoso di affetto, bisognoso di me. Mi alzai sotto il suo sguardo indagatore e preoccupato. -Certo che sono ancora la tua ragazza...- dissi io senza pensarci. Anche se quello che facevano non era accettabile, i miei sentimenti e le miei emozioni non cambiavano, era comunque la mia unica famiglia. Lui sorrise, si avvicinò con cautela a me, e mi accarezzò una guancia, appoggiò le sue labbra alle mie. Non lo respinsi, anche io volevo quel bacio, ne avevo bisogno, avevo bisogno di sapere che i sentimenti che avevamo provato fino ad all'ora erano veri e non, pure quelli, una menzogna. Lo avvicinai a me stringendolo forte; piano piano trasformai quel bacio dolce in qualcosa di più profondo. Avevo bisogno di sentirmi amata, di sentirmi protetta, avevo bisogno di Nick. Quel bacio mi tolse tutti i dubbi che avevo. Attraverso quel bacio capii che l'ultima cosa che volevo era stargli lontana. Dopo un tempo che sembrava troppo breve si allontanò dolcemente da me.  -Avevo paura di perderti, non me lo sarei mai perdonato...- mi sussurrò queste parole all'orecchio, ma che più a me, sembravano rivolte a se stesso. -Torniamo a casa...- dissi io guardandolo negli occhi. 

Spazio autrice :
Ciao, questo libro si sta avvicinando alla fine, mi farebbe davvero piacere un vostro commento 😘

Innamorata di un MercenarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora