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La finestra della mia camera mi permetteva di vedere il piccolo asilo del mio quartiere.

Spesso le voci dei bambini che giocavano nel parco all'intervallo mi aiutavano a sentirmi meno sola.

Poco più in là, oltre un'altra monotona indistinta schiera di case, si trovava un parco appartato, dove spesso mi recavo per leggere o fumare una sigaretta, cercando inutilmente di allontanare i pensieri che mi tormentavano la mente.

In quel parco si trovava un piccolo bar, il cui caffè aveva spesso accompagnato le mie ore di studio e di insonnia.

Non so perché, ma, pensando al caffè, mi ritornarono in mente i capelli del mio nuovo coinquilino, Ethan.

I suoi occhi erano verdi come il prato autunnale del mio parco preferito, quando le foglie cadevano sul vialetto ghiaioso a causa di una folata di vento, simile al brivido che avevo provato quando i miei occhi avevano incontrato i suoi.

Vicino alla caffetteria i bambini giocavano sulla vecchia altalena arrugginita, mentre i nonni li osservavano dalla panchina.

Lo scorso autunno ho spesso frequentato il parco giochi, attratta dal desiderio di vedere negli occhi dei nonni l'amore per i nipoti, lo stesso amore che io non ho mai ricevuto.

Forse è stata proprio questa realtà, la consapevolezza di non essere mai stata amata, a spingermi a consegnare, questa estate, un curriculum al bar del parco.

Lavorare al bar mi aiutava ad avere una migliore visione del parco giochi e, durante le pause pranzo, spesso cercavo di inventarmi un ricordo dove potessi essere simile a quei bambini, dove potessi ricevere sguardi carichi d'amore.

Inventavo perché ciò non era mai successo.

Il mio telefono vibrò e lo ringraziai mentalmente per avermi scosso dal mio stato di trance.

Lo schermo si illuminò, ricordandomi che il mio turno in caffetteria stava per iniziare.

Velocemente indossai la giacca e, legandomi i capelli mossi in una coda, mi diressi a passo svelto verso la porta d'ingresso.

-Vado al lavoro, tornerò per cena! - annunciai ad alta voce e, senza aspettare risposta, uscii, sbattendo violentemente la porta alle mie spalle.

Non impiegai molto a raggiungere il mio posto di lavoro e, subito dopo aver indossato la divisa, iniziai a preparare caffè per i clienti.

Quando il locale si iniziò a sfollare, caricai la lavastoviglie e, tra una tazzina e l'altra, mi persi nel guardare il signor Alan che rincorre divertito la sua nipotina.

Le solite riflessioni, dinanzi questa scena, si impadronirono della mia mente e, come al solito, giunsi alla solita conclusione: la peggior condanna di chi non è mai stato amato, è non saper nemmeno come amare.
-Elisa

Ring - Ethan DolanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora