Capitolo 66: La mia Joey

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Jesse

È incredibile che la West Coast University doti ciascuno studente iscritto di un laptop personale per finalità scolastiche

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È incredibile che la West Coast University doti ciascuno studente iscritto di un laptop personale per finalità scolastiche. Voglio dire, è incredibile per uno come me, che a casa sua aveva a mala pena un vecchio e scassato computer fisso. I ragazzi di qui invece saranno più che assuefatti alla possibilità di servirsi di qualsiasi tipo di dispositivo elettronico desiderino, sostituendolo appena esce sul mercato un modello nuovo.

Certo che è difficile dedicarmi alla ricerca di storia quando ho scoperto questo nuovo softwer di elaborazione dati: è affascinante! Permette di creare programmi che possono essere utilizzati in quelle campagne di sensibilizzazione, per esempio contro la droga, la violenza di strada o il bullismo, promosse al liceo, e conferisce loro un raggio di diffusione più ampio, facendole comparire sottoforma di pubblicità su siti internet e su tutte quelle piattaforme multimediali oggi così comuni. Devo ammettere che ho sempre ritenuto questo tipo di propaganda un'enorme scemenza e, in quei rari casi in cui durante le superiori ho assistito a incontri su questi temi, venivo sempre sbattuto fuori dall'aula perché non riuscivo a trattenermi dal commentare con pungente sarcasmo l'ipocrisia di quei volontari, psicologi o esperti che venivano a descriverci un mondo a loro del tutto estraneo, ma che per me e altri miei compagni costituiva la quotidianità. Tuttavia la questione è ben più interessante se osservata dalla prospettiva opposta, quella progettuale, che sembra addirittura conferire un senso a tutta questa faccenda.

Qualcuno bussa alla porta della mia camera e io non faccio nemmeno la fatica di alzarmi dal letto su cui sono stravaccato dall'inizio del pomeriggio. Ben non c'è e io finora non ho fatto altro che cazzeggiare, quando in realtà dovrei studiare, quindi non ho bisogno di ulteriori distrazioni. Nonostante abbia ignorato il primo richiamo, bussano di nuovo.

"Che c'è?" sbuffo infastidito. La porta si apre lentamente, con timore e io so già di chi si tratta. Mi tiro su e mi metto a sedere in maniera più composta, spostando il pc dalle mie gambe e appoggiandolo sul letto. "Ciao" dico sorpreso. Non mi aspettavo di vederla qui. "Ciao" mi risponde timidamente Joey, con un sorriso accennato sulle labbra e le braccia strette intorno alla vita. "Che ci fai qui?" le chiedo con tono stupito e disorientato "Aspetta, stai bene?" mi alzo dal letto e le vado incontro, senza poter evitare di preoccuparmi: ha un'aria stanca e il viso scavato; sembra più minuta di qualche tempo fa e tiene lo sguardo fisso sul pavimento. Quando mi avvicino a lei però alza gli occhi e li fissa nei miei e io potrei giurare di aver appena preso la scossa. È come se la corrente avesse ripreso a circolare nel mio corpo e mi permettesse di funzionare nuovamente, ma non come un automa, bensì come essere umano. Quei due occhi verdi e luminosi da cerbiatto mi sorridono, prima che Joey distolga lo sguardo. "Sì sto bene, grazie. Semplicemente non ho dormito molto negli ultimi tempi" confessa con una risata debole, ma sincera.

Rilasso le spalle e faccio qualche passo indietro, sentendomi improvvisamente in difficoltà, così tento di tenere la conversazione sul generico. Un momento, da quando sono il tipo di persona che tenta di portare avanti una conversazione con qualcun altro? Non è da me.

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