1. NUOVI ARRIVI - Parte 2

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Forse di là funziona il condizionatore pensò speranzoso, avviandosi a grandi falcate lungo il corridoio.

Non c'era nessuna finestra che si affacciava su quella parte dell'edificio e l'illuminazione consisteva in una serie di lampade al neon disposte a intervalli regolari. La luce era talmente fluorescente che faceva sembrare tutti coloro che passavano per quei corridoi dei malati terminali. Le sue scarpe da ginnastica - rigorosamente senza lacci - scricchiolarono sul pavimento di linoleum tirato a lucido e Lucas si assicurò, una volta arrivato di fronte alla porta della sala comune, di non aver lasciato tracce del suo passaggio dietro di sé. L'addetta alle pulizie del centro, Miss Renton, era a dir poco maniacale nel suo lavoro e lanciava occhiate torve ogni qualvolta i ragazzi passavano lungo i suoi corridoi immacolati, depositando "sudiciume", come lo chiamava lei. Meglio non sporcare, se non volevano ricevere delle scopettate nel sedere.

Una volta dentro la sala comune, Lucas notò che anche lì faceva un caldo insopportabile.
Perché tutti starnazzavano allora? Agitarsi inutilmente non li faceva sudare?

Lucas si avvicinò con passo strascicato ad Amy, che sedeva su una poltrona e parlava animatamente con Juliet Ferguson. Lucas si stupì di trovare la ragazza nella sala comune. Juliet se ne stava sempre da sola, al sicuro nella sua super blindata camera da letto. Soffriva di panico sociale, era terrorizzata dalle persone e non era in grado di interagire con il mondo esterno, per quel motivo, di solito, la si vedeva solo ed esclusivamente all'ora dei pasti e delle lezioni e, anche in quelle occasioni, se ne stava in disparte, nell'angolo più isolato, tentando di scomparire.

Tra i ragazzi dell'istituto, Juliet permetteva solo a una persona di avvicinarsi a lei: Amy. Non che fosse possibile dire a quest'ultima cosa potesse o non potesse fare, se Juliet l'avesse respinta, Amy le sarebbe stata ancora più addosso. In fin dei conti permetterle di avvicinarsi sembrava il minore dei mali.

«Ehi Lucas! Hai sentito la novità?», trillò Amy girandosi sulla poltrona per regalargli un sorriso sornione. Lucas scosse la testa, stava guardando Juliet e lei, che se n'era accorta, stava cercando di mimetizzarsi con i cuscini del divano. Il ragazzo distolse lo sguardo e prestò attenzione ad Amy.

«Qual è la novità?», chiese distrattamente.

«Nuovi arrivi. La nostra famigliola felice sta per accogliere dei nuovi ragazzi problematici! Chissà di che tipo di pazzia soffriranno questi?»

Nuovi arrivi, eh? Se non altro per qualche giorno avrebbe avuto qualcosa da osservare, qualcosa che non conoscesse già a memoria.

«Speriamo ci sia un bel ragazzo!», disse Amy sgomitando Juliet, la quale stava cercando di sgusciare via con somma discrezione.

«Chi se ne importa», disse debolmente, «voglio andare in camera.»

Amy la fissò incredula. «Va bene! Vattene accidenti! Sei proprio una rottura di palle!»

 

Juliet fuggì di gran carriera e una delle infermiere lanciò un'occhiataccia ad Amy che si limitò a un'alzata di spalle. Un altro difetto di Amy: il suo tatto da bisonte.

«Sei stata proprio stronza», le fece notare Lucas, «lo sai qual è il suo problema, no?»

Amy lo guardò con sufficienza. «E tu lo sai che ci si aspetta che guarisca?», replicò gelida.

Lucas restò in silenzio. Non aveva voglia di discutere con Amy, faceva troppo caldo e lei avrebbe avuto sempre e comunque ragione. Con lei funzionava così.

Il resto del pomeriggio trascorse tra noia e sudorazioni moleste e, all'ora di cena, Lucas ricevette una comunicazione dalla dottoressa Fitzpatrick. Il dottor Kettner voleva avere un colloquio privato con lui il giorno seguente, nel suo studio, alle nove in punto.

Che palle pensò così poi dovrò anche recuperare le lezioni!

Una delle innovazioni dell'Istituto consisteva proprio nella volontà di far vivere i ragazzi in un contesto il più normale possibile, quindi frequentavano una scuola interna al Sunrise, facevano esami, svolgevano attività fisiche e ricreative e, una volta al mese, veniva organizzata una giornata di festa per accogliere amici e parenti.

«Capito Lucas? Mi raccomando. Sai che il professor Kettner riceve solo i casi che gli stanno più a cuore», disse la dottoressa con un sorriso melenso.

Cioè i disperati che sono qui da una vita? Pensò con amarezza.

Il dottor Kettner richiedeva regolarmente un dialogo con Lucas ogni mese, voleva cercare di capire il motivo del suo silenzio, del perché non parlasse del suo reale problema, così da permettergli di trovare una soluzione.

Ma che soluzione poteva mai esserci al suo problema? Guardare le persone negli occhi ed essere in grado di leggere la loro mente non era un problemino che si potesse risolvere con dei farmaci! Lucas non poteva guarire, lui non aveva un disturbo psicologico, aveva uno strano e inquietante potere.

Solo una volta si era azzardato a parlarne con Kettner, il giorno del suo primo colloquio privato, e aveva pagato a caro prezzo quella confidenza. Ovviamente il dottore aveva immediatamente creduto che lui fosse pazzo da legare e quando Lucas gli aveva riportato esattamente ciò che aveva letto nella sua mente, Kettner aveva ridotto la cosa a una semplice intuizione. Lucas si era alterato per la frustrazione e, come conseguenza di quel suo atto di ribellione, aveva passato una settimana in isolamento, etichettato come caso di delirio di onnipotenza.

Da quella volta Lucas non aveva più detto nulla, per ovvie ragioni, e aveva perso ogni speranza di uscire da quel posto. Se non guariva non poteva essere dimesso, ma se non c'era niente da cui guarire... Sarebbe rimasto lì a marcire a vita, a meno che la sua madre adottiva non avesse esplicitamente richiesto la sua dimissione. Eventualità ancor più improbabile dato che era stata proprio lei a farlo ricoverare.

Quella notte Lucas dormì malissimo. I suoi sogni furono popolati da caratteri sconosciuti tracciati in rosso, visioni e suoni confusi e strane, inquietanti melodie. 

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