2 - Le stupidate di Ippolit

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Un giorno, Vassilij mise le mani sulle spalle del giovane conte.

Socchiuse gli occhi.

Assunse l'atteggiamento di uno che stava dicendo una cosa concordata insieme da tempo e, parlando come se le cose non potessero assolutamente andare in modo diverso disse:

- Bene, mio caro amico... finalmente possiamo andare... Domani Partiamo... Vi riserverò un posto sulla mia carrozza... Adesso possiamo ritenerci soddisfatti: tutti i nostri affari importanti quaggiù sono sistemati, ed io sarei già dovuto essere partito da un pezzo... A proposito qua c'è una cosa che ho ricevuto dal cancelliere... Avevo parlato bene di voi e siete stato inserito nel corpo diplomatico... Ora siete "Gentiluomo Della Camera"... Le porte di una grande carriera nella diplomazia vi si sono spalancate di fronte...

Nonostante il tono stanco con il quale queste parole rassicuranti vennero pronunciate, Pierre (che aveva a lungo titubato su quale tipo di carriera scegliersi) aveva qualcosa da obiettare in proposito.

Il nobile Vassilij, però, lo interruppe con un suo speciale tono (simile al tubare di una tortora) che precludeva la possibilità che il proprio discorso potesse essere interrotto: tono che usava solamente in casi estremi; quando doveva risultare molto persuasivo.

- Comunque, mio caro, io lo ho fatto perché mi faceva piacere, per essere a posto con la mia coscienza... Non perché mi aspettavo che mi ringraziaste... Credo che nessuno si sia mai lamentato di essere troppo aiutato... Ed in ogni caso siete libero di scegliere: potete rinunciare domani stesso... Ma capirete tutto voi stesso quanto saremo a Pietroburgo... É il momento che vi allontaniate un po' da questo posto pieno di ricordi... - E fece un sospiro - ...si, si: facciamo così, ragazzo mio... E nella vostra carrozza ci può andare il mio valletto...

Fece una pausa e poi aggiunse:

- Ah... Mi stavo quasi dimenticando... Voi sapete, mio caro, che io e vostro padre avevamo alcuni conti in sospeso... Così ho trattenuto ciò che mi era dovuto dalla rendita di Ryazan, quindi sapete dove sono finiti quei soldi e non dovrete richiederli anche voi... Poi ci metteremo a posto...

Con "Ciò che mi era dovuto" il nobile Vassilij intendeva dire che si era trattenuto per se una rata di affitto pari a molte migliaia di rubli versata dai contadini di proprietà di Pierre.

Quando furono a Pietroburgo, molti degli amici coi quali Pierre aveva fatto "vita da scapolo" (prima di essere espulso) adesso non vivevano più lí.

Anatolij era in qualche corpo militare distaccato in provincia.

Dolochov (che era stato degradato) e le guardie a cavallo del distaccamento Semnovskij erano al fronte.

Anche il principe Andreij si trovava in Austria.

Adesso quindi purtroppo Pierre non aveva più l'opportunità di farsi delle belle nottate come faceva prima.

Non poteva più aprirsi in conversazioni intime con amici piú grandi ed esperti di cui potersi fidare.

Il titolo di "Gentiluomo Della Camera" però non se la sentí proprio di rifiutarlo: dopotutto l'incarico che il principe Vassilij gli aveva procurato non comportava alcun tipo di mansione.

L'atmosfera che gli si formò intorno anche lì fu la stessa, di affabile cortesia, che gli era stata riservata di recente a Mosca. Neanche la sensazione di dover fare qualcosa di importante che avrebbe fatto felici tutti lo abbandonò (ma non aveva ancora capito cosa fosse questa cosa).

Veniva di continuo invitato ad incontri e ad occasioni mondane, e si sentiva ancora di più eccitato e spaesato di prima.

Trascorreva il suo tempo a balli o cene (o a tutti e due), e quando era in casa stava sempre in compagnia della grossa padrona di casa (la principessa Alina Kuragina) e della sua bella figlia Eléna.

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