29 - L'altra ferita

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Tra i ranghi si notò del movimento.

Due battaglioni di Novgorod e uno del reggimento di Apséron si sfilarono dagli altri.

Nel momento in cui passò il reggimento di Apséron, Miloradovich  si slanciò in avanti.

Il suo mantello sventolava all'indietro, lasciando scoperta la sua uniforme dal colore ormai indistinguibile a causa del sovraccarico di decorazioni militari che la ricoprivano.

Col suo tricorno (ornato da un pennacchio immenso che cadeva di lato) salutò l'imperatore con fierezza e fermò di botto il suo cavallo davanti a lui.

- Con l'aiuto di Dio, generale!

Gli disse quello.

- Ma foi, sire, nous ferons ce qui sera dans notre possibilité!

[Credetemi, sire. Faremo ciò che sarà nelle nostre possibilità!]

Esclamò il primo.

Quelli del seguito, intanto, ridevano del suo francese dall'accento pessimo.

Miloradovich​ fece fare dietrofront al suo cavallo e si posizionò qualche passo indietro, rispetto all'imperatore.

I soldati eccitati dallo sguardo dello zar su di loro, iniziarono a marciare con un rapido e cadenzato passo, pieni di esaltazione.

- Ragazzi!

Gridò loro Miloradovich di colpo, dimenticando la presenza dell'imperatore e condividendo lui stesso lo slancio dei suoi coraggiosi uomini (di cui era stato compagno sotto il comando di Suvorov).

- Ragazzi! ...Non é il primo viaggio nel quale andate ad estrarre le baionette!

- PRONTI A SERVIRE!

Risposero i soldati.

Al loro grido, il cavallo dell'imperatore (lo stesso che montava durante le riviste in Russia) ebbe come un fremito d'inquietudine.

Qua, sul campo di battaglia di Austerlitz (sorpreso dalla vicinanza del cavallo nero dell'imperatore Franz), drizzò le orecchie per il grido della carica (senza comprenderne il significato e senza dubbi inerenti il pensiero e l'intimo sentire del suo augusto cavaliere.

L'imperatore sorrise, mentre indicava ad uno dei suoi intimi i battaglioni che si allineavano.

Kutuzòv, accompagnato dai suoi aiutanti di campo, seguiva "al passo" i tiratori.

A mezza versta di distanza, si fermò presso una casa isolata (senza dubbio un albergo abbandonato) che si trovava alla diramazione di due strade entrambe discendenti l'altopiano (ed entrambe ricoperte di truppe).

La nebbia si dissipava e si cominciavano a distinguere le masse confuse dell'armata nemica sulle alture di fronte.

Giù a sinistra, nel vallone, si sentiva una sparatoria.

Kutuzov parlava col generale austriaco.

Il nobile Andréij pregò quest'ultimo di passargli il cannocchiale.

- Guardate, guardate!

Diceva lo straniero.

- ... Voilà i francesi!

Non stava, però, indicando un punto lontano, ma il piede della montagna che avevano davanti a loro.

I due generali e gli aiutanti di campo si passarono il cannocchiale, con atteggiamento febbrile.

Un terrore involontario si dipinse sui loro tratti: i francesi, che si supponevano a dieci verste, si erano improvvisamente materializzati davanti a noi!

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