4 - Felicità insolente e provocatoria

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Pierre stava iniziando a desiderare di guastare il buonumore generale che lo circondava; di deludere le aspettative di tutti.

A differenza di Pierre, il principe Vassilij in casa non ci stava quasi mai.

Quando i due si incrociavano però dovevano sottostare al rito del bacio.

In quelle occasioni il vecchio porgeva sbadatamente la guancia (raggrinzita, sbarbata e profumata) al giovane; gli prendeva le mani (spingendole verso il basso come faceva lui) e diceva cose tipo:

"Mi raccomando, domani...", oppure "A cena, stasera... Ci conto...", o anche "State tranquillo, con comodo..." e cose simili.

Nonostante il principe Vassilij rimanesse a casa controvoglia "per l'amor di Pierre" (come diceva lui) ed i due a fatica si scambiassero due parole; il ragazzo proprio non se la sentiva di deluderlo.

Ogni giorno diceva a se stesso la stessa cosa:

"É ora che io mi decida a convincermi di quello che penso veramente di lei: mi sbagliavo prima o mi sbaglio adesso? ...No: non é stupida: é una ragazza eccezionale"

Altre volte si ripeteva:

"Non fa mai un errore; non dice mai niente di stupido... D'accordo, é una che parla poco... Ma quello che dice é chiaro e semplice, quindi non deve essere stupida... Non la ho mai vista in imbarazzo e non lo é neanche in questo periodo, quindi non deve avere niente da nascondere..."

Spesso gli era capitato di fare riflessioni o di pensare a voce alta davanti a lei, ed Eléne gli aveva sempre risposto con osservazioni brevi ma appropriate (mostrando che la cosa non le interessava), oppure guardandolo sorridendogli senza dir niente. Questa cosa, più di ogni altra, dimostrava a Pierre la di lei superiorità.

Era bravissima a trasformare qualsiasi argomentazione in una sciocchezzuola, messa a confronto col sorriso che sapeva sfoderare.

Il sorriso.

Quel sorriso radioso.

Sincero.

Perenne.

C'era qualcosa di molto più significativo nel sorriso che indirizzava verso di lui, rispetto a quello standard che di solito le illuminava il viso: ne aveva uno speciale che racchiudeva un segreto dedicato a lui solamente.

Pierre sapeva che tutti stavano aspettando che lui dicesse qualcosa.

Che oltrepassasse una certa soglia.

Sapeva che presto o tardi lo avrebbe fatto, il passo oltre quella soglia.

Al pensiero di quel l'agghiacciante passo, peró, un terrore sconosciuto si impadroniva di lui.

Durante l'ultimo mese e mezzo ci si era sentito trascinare dentro almeno un migliaio di volte, in quell'orribile abisso.

Continuava a ripetersi:

"Cosa sto facendo? ...Devo fare una scelta. Possibile che non ce ne sia una?..."

Una decisione la voleva proprio prendere, ma sentiva con sgomento che in quell'occasione gli mancava la forza di volontà che sapeva di aver posseduto e possedeva ancora.

Pierre era uno di quelli che si credono forti solo quando si sentono sufficientemente innocenti, e dal giorno in cui era stato sopraffatto dall'istinto del desiderio (quando si era allungato verso la tabacchiera da Anna Pavlóvna) uno sconosciuto senso di colpa relativo a quel desiderio paralizzava la sua volontà.

Il giorno dell'onomastico di Eléna, a casa del principe Vassilij era stata organizzata un'altra piccola festicciola.

"Una cenetta tra pochi intimi" aveva detto Alina Kuragina (la padrona di casa).

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