13 - Dite "può darsi"

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- Il mio desiderio, mon père, é di non abbandonarvi... Non desidero separare la mia vita dalla vostra... Non intendo sposarmi.

- Ma smettetela, andiamo... Non ci crede nessuno...

Sbottò il vecchio conte.

Poi la chiamò verso di sé e le prese le mani, come aveva fatto Vassilij poco prima.

Non la baciò, però.

Chinò la fronte e le strinse le mani (così forte che le face male e lei si lamentò).

Il nobile Vassilj si alzò dalla sedia.

- Ma chère, je vous dirai que c'est un moment que je n'oublierai jamais... jamais... mais, ma bonne, est-ce que vous ne nous donnerez pas un peu d'espérance de toucher ce coeur si bon, si généreux. Dites que "peut-être"... L'avenir est si grand. Dites: "peut-être"...

[Vi devo confessare, mia cara, che per me questo è uno di quei momenti della vita che restano impressi... Che non si dimenticano facilmente... Non me la volete proprio dare, un minimo di speranza che il vostro cuore così buono, così generoso, si commuova? ...Dite "può darsi"... L'avvenire è così ricco di possibilità... Dite "può darsi"...]

- Mio nobile signore... Le parole che ho pronunciato sono tutto ciò che il mio cuore vi può offrire... Apprezzo l'onore che mi avete fatto... ma non sarò mai la moglie di vostro figlio...

Il vecchio conte intervenne:

- Ecco fatto, caro mio... É stato un piacere... Un vero piacere... E tu, mia cara... torna pure alle tue faccende... É stato un piacere... Mi ha fatto piacere vederti, vecchio mio...

Ed abbracciò Vassilij.

La signorina Marja tornò in camera sua e si mise a pensare:

"La mia vocazione é un'altra... La mia vocazione consiste nell'essere felice per la felicità altrui... La felicità dell'amore e del sacrificio... E, costi quel che costi, farò la felicità della povera Amèlie... Lei é così sfortunata... Le farò farò questo dono... Le regalerò lui... Pregherò mio padre ed Andreij di acconsentire... Sarò felice di vederla diventare sua moglie... Lei così triste... Così sola... Così abbandonata... Oh, con quale passione deve amarlo! ... Per essere arrivata a perdersi in maniera così incontrollata... Chissà... Forse nella sua situazione io avrei fatto lo stesso..."

Nella loro casa di via Povarskaja, a Mosca, i Rostov intanto si trovavano da molto tempo privi di notizie da Nicolai.

Il conte Rostov dovette attendere l'inverno inoltrato, prima di poter stringere tra le mani una lettera nella quale riconoscere la calligrafia di suo figlio.

Quando questa arrivò, lui andò di soppiatto nel suo studio (per non far sapere che era arrivata) e chiuse la porta.

Era agitato ed aveva fretta di leggerla, ma voleva farlo da solo. Senza aver intorno distrazioni.

Iniziò a leggere.

In casa Rostov, però, non volava un capello senza che Anna Michailovna ne venisse a conoscenza.

Informata dell'arrivo di una lettera, entrò (anche lei di soppiatto) nello studio del conte.

Lo trovò lì a leggere: piangeva e rideva allo stesso tempo, con in mano la lettera.

Anna Michailovna era rimasta a vivere dai Rostov nonostante la sua situazione economica fosse migliorata.

Gli si avvicinò con aria empaticamente preoccupata e, con un tono tristemente interrogativo disse:

- Mon bon ami?

Il conte si mise a piangere ancora di più.

- Nikolenka... una sua lettera... É stato... ferito, contessa! ...Il mio ragazzo ...Grazie a Dio, però, lo hanno promosso ad ufficiale... Ma come glielo dico, adesso, alla contessa?

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