15 - Carolina l'ungherese

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C'erano le lettere del conte, della contessa, di Petrusha, di Vera, di Natasha e di Sonia.

Più seimila rubli per la divisa da ufficiale, oltre ad altre cosette che il conte inviava al figlio.

Il 12 novembre l'esercito operativo di Kutuzov era accampato nei pressi di Olmutz, in attesa della rivista che si sarebbe tenuta il giorno seguente (in occasione dell'arrivo dei due imperatori: quello russo e quello austriaco).

La Guardia Nazionale del granduca (nella quale militava Boris) era appena arrivata dalla Russia e si era attestata a quindici chilometri da Olmutz per trascorrervi la notte.

Il mattino dopo, alle 10, sarebbero dovuti essere nel campo in cui era prevista la rivista.

Nicolaij ricevette un messaggio dal reggimento Ismail.

Era di Boris.

Gli chiedeva un incontro, avvisandolo di avere con sé alcune lettere e dei soldi da consegnargli.

Rostov aveva particolare necessità del denaro di cui parlava Boris, perché in quel momento le operazioni militari erano sospese e, trovandosi vicino ad una città, aveva numerose occasioni di spendere soldi.

L'accampamento brulicava di mercanti giudei austriaci, di venditori di generi alimentari e di fornitori di alcolici.

Tutte tentazioni dispendiose.

Gli ussari di Pavlovgrad trascorrevano il loro tempo tra un susseguirsi di festeggiamenti (per le promozioni e le medaglie ottenute).

In particolare si verificavano frequenti capatine a Olmutz, presso "Carolina l'ungherese": una locanda nella quale lavoravano parecchie ragazze.

Rostov aveva appena festeggiato la sua, di promozione, ed aveva comprato Beduin (il cavallo di Denisov).

Aveva debiti ovunque: con i suoi commilitoni e con i commercianti.

Quando ricevette la lettera di Boris, corse subito ad Olmutz con un amico ufficiale.

Pranzarono lì e si scolarono una bottiglia di vino.

Poi Nikolaij si avviò da solo all'accampamento della Guardia, per raggiungere il suo vecchio amico d'infanzia.

Rostov non aveva ancora avuto il tempo di comprare l'uniforme nuova: indossava ancora la divisa tutta strappata da junker che aveva usato in battaglia ed i pantaloni da cavaliere ussaro (quelli coi rinforzi in cuoio) tutti sgualciti.

Sulla giubba aveva la decorazione che si era guadagnato (la Croce Di San Giorgio) e sul manico della sciabola una striscia di cuoio da ufficiale.

Aveva lasciato Beduin all'accampamento e cavalcava un cavallo del Don che aveva comprato a poco prezzo da un cosacco.

Indossava il cappello da ussaro, tenendolo apposta un po' storto, per far vedere che era ormai un soldato consumato.

Mentre si avvicinava all'accampamento in cui sostava il reggimento di Ismail, pensava:

"Chissà come rimarranno sorpresi, Boris ed i suoi compagni "perfettini" della Guardia, nel vedermi conciato così... farò un po' il vecchio soldato vissuto... Così si capirà che sono scampato alle granate..."

Per la Guardia, la campagna di avvicinamento a Kutuzov era stata una gita di piacere: pensavano solo a mostrare ordine, disciplina ed eleganza.

Le loro tappe di marcia erano brevissime.

I loro zaini avevano viaggiato sui carri.

Ad ogni sosta gli ufficiali avevano gustato eccellenti pasti, in compagnia delle autorità locali.

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