Capitolo quattro: Un nuovo "amore"

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Apro lentamente i miei occhi, rendendomi conto che le finestre sono ancora chiuse. Mi alzo lentamente dal letto, guardando il letto di Candice di fianco al mio. Il letto è intatto, perfettamente ordinato, esattamente come l'ha lasciato ieri. Non ha dormito a casa, e mi sorge spontaneo chiedermi dove abbia passato l'intera notte. Sento la porta dell'alloggio aprirsi, e credo proprio che sia lei. Candice entra in casa in punta di piedi, convinta che io stia ancora dormendo. La luce della stanza è fioca, praticamente assente, però riesco ugualmente a vedere la mia coinquilina che avanza verso il suo letto, tenendo fra le mani i tacchi che indossava ieri sera al locale, convinta che io non possa in alcun modo notare il suo sospettoso rientro. "Dove sei stata?"; Le domando accendendo la luce della stanza. Alla mia domanda, del tutto inaspettata, Candice sobbalza all'indietro, inciampando goffamente sul letto. Istintivamente metto una mano davanti la bocca, vorrei trattenermi, ma non ridere è davvero impossibile. "Ero convinta che dormissi"; Dice portando una mano sul cuore. Ha l'aria spaventata, come se l'avessi colta sul fatto. Ma non ho intenzione di giudicarla, non cambierò idea su di lei solo perché ha passato una notte di fuoco con un ragazzo. "Ti sei divertita?"; Le domando con aria maliziosa, ammiccando; "non direi. Ti prego non parliamo mai più questa cosa"; mi supplica a mani giunte. I suoi occhi che mi implorano, mi destabilizzano. È pentita di ciò che ha fatto, e sono addolorata per lei. Forse non era abbastanza lucida, avrà bevuto molto ieri notte al locale. Mi avvicino a lei e con premura la circondo fra le mie braccia. "È tutto dimenticato. Tranquilla"; la rassicuro con dolcezza. Lei mi sorride; "sei una vera amica". Annuisco debolmente senza giudicarla, può capitare a chiunque di commettere uno sbaglio del genere. So per certo che lei avrebbe fatto lo stesso per me. "Ho una bella notizia"; esclamo ponendo la sua attenzione altrove; "dimmi tutto"; replica già fremente di curiosità; "io e Colin usciamo insieme. Niente di ufficiale, ma oggi andiamo insieme a pranzo". Candice presa dall'entusiasmo caccia un leggero urlo di felicità, e come un uragano si getta sopra di me, stringendomi forte. "Ho sempre saputo che eravate fatti l'uno per l'altro"; afferma con lieve presunzione, ma le concedo di esserlo, dal momento che aveva ragione. "Dove andate?"; Mi domanda elettrizzata; "al bar del campus"; replico mordicchiandomi la pellicina delle mie dita; "è il mio primo appuntamento, sono nervosa"; ammetto alzandomi dal letto, iniziando a camminare su è giù per tutto l'appartamento. Non ho mai avuto l'opportunità di uscire con qualcuno, la città in cui sono nata è un po' retrograda, e poi chi mai vorrebbe uscire insieme ad un'orfana che è stata riportata indietro per ben tre volte?. Colin mi piace davvero, e non voglio rovinare o affrettare le cose con lui. "Stai calma"; mi consiglia Candice ridendo; "io adesso ho bisogno di dormire, ma ti prometto che esattamente fra tre ore, sarò tutta per te. Sarò la tua consulente di moda"; mi rassicura sorridendo; "grazie, sei la migliore"; le dico correndo verso di lei, lasciandole sulla fronte un bacio di gratitudine. Dato che la mia coinquilina ha bisogno di dormire, decido di mettere la tuta per correre qualche chilometro. Mi rilasserà e sopratutto mi farà smettere di pensare. Esco dall'appartamento, ed inizio a correre. L'aria intorno a me è pulita e fresca, correre a quest'ora del mattino è davvero uno dei momenti più semplici e magici che io conosca. Corro continuando a guardarmi attorno, come se fossi in cerca di qualcuno. In cerca di lui forse. Che razza di pensieri mi balenano per la testa?. Sono qui per correre, non per Ian. Sospiro, tirando fuori l'aria dai miei polmoni. E con determinazione, cerco di scacciare via dalla mia testa quell'intenso scambio di sguardi, ripetendomi che lui probabilmente non si è neanche reso conto dell'intensità che emanavano i suoi occhi. Eppure era così, i suoi occhi emanavano una luce intensa e profonda e sembravano guardare me. Volevo che guardassero me. Scuoto il capo, e mi libero subito di quell'insensato ed irrazionale pensiero. Respiro di nuovo, questa volta più intensamente. "Ricorda Rachel, lui è il tuo insegnante arrogante e che odi"; farfuglio fra me e me. Per mia fortuna alle sette del mattino il campus è vuoto, perché se così non fosse qualcuno mi avrebbe additato come una schizofrenica dalla doppia personalità. "Non credevo fossi una ragazza sistematica". La sua voce attraversa le mie orecchie, e come un brivido scivola sulla mia pelle; "salve"; lo saluto con educazione, voltando leggermente il capo verso di lui, rendendomi conto che sta correndo indossando solamente un paio di pantaloncini da basket. Il suo torso è completamente libero da ogni velo. Il mio respiro si accorcia sempre di più, e so bene che il mio fiatone non è affatto dovuto alla fatica della corsa. "Mi piace correre"; replico cercando di non poggiare i miei occhi su di lui, nemmeno per errore. "Anche a me. amo la sensazione di libertà"; mi rivela avvicinandosi sempre di più a me. Percepisco chiaramente il suo corpo di fianco al mio, e non sopporto che questo piccolo ed insignificante dettaglio, mi provochi così tanto disagio. La sua presenza in qualche modo riesce sempre a cogliere la mia completa attenzione, come se fossi attratta da lui. Tutto ciò è semplicemente ridicolo. Rimango concentrata sulla strada davanti a me, e continuo ad ignorarlo. "Sei stata brava ieri sera"; si complimenta ad un tratto. I miei occhi si spalancano al pensiero di ieri sera. Ho il timore che abbia notato il modo in cui per un po' l'ho fissato. "Grazie"; rispondo secca, senza perdermi troppo nel discorso. "Quindi tu e quel ragazzo..."; Afferma con lo stesso timbro di voce di qualcuno che vorrebbe insinuare qualcosa; "quando corro preferisco non parlare"; lo ammonisco bruscamente, facendo scivolare per sbaglio il mio sguardo sul suo petto sudato e grondante. All'improvviso il mio cuore inizia a fare i capricci, e costringe il mio corpo a fermarsi di colpo. Il professor Sanders si rende conto che qualcosa non va, e si ferma davanti a me. "Stai bene?". Sembra preoccupato per me, la sua mano è poggiata saldamente sulla mia spalla, e non appena i miei semplici occhi marroni s'incontrano con i suoi, fatti di ghiaccio puro, il dolore al petto ad un tratto diviene l'ultimo dei miei pensieri. "Ho solo avuto una fitta"; lo tranquillizzo scostandomi da lui, che non smette di osservarmi con apprensione; "vuoi bere un po' d'acqua?"; Mi chiede indicandomi il bar del campus; "no, sto bene davvero"; replico riprendendo sempre di più il ritmo dei respiri. "Ti succede spesso?"; Domanda a titolo informativo. Scuoto il capo mentendogli. Né lui, Né i miei nuovi amici devono venire a conoscenza della mia ex malattia, che ancora oggi mi causa dei piccoli disagi, non voglio essere in alcun modo compatita. "Vuoi che ti accompagni al tuo dormitorio?"; Mi chiede scrutandomi con aria seria ed intensa. "No, la ringrazio"; mi affretto a rispondere con leggero imbarazzo, senza riuscire a distogliere i miei occhi dal suo corpo. Non ho mai visto un uomo come lui, sembra essere uscito da una rivista patinata di moda. Il suo corpo è simile a quello di una statua greca, solo ancora più definito. E' davvero un'impresa eroica, essere in grado di guardare altrove. "Noto con piacere che ti sei ripresa"; commenta sogghignando, destandomi dai miei pensieri. "Io..Stavo solo..."; Balbetto come una vera imbranata. "Tranquilla, puoi ammirare quanto vuoi"; replica ammiccando. Adirata scuoto il capo, ed improvvisamente quel poco fascino che riuscivo ad intravedere in lui, svanisce. "Lei è davvero un pallone gonfiato"; gli dico sprezzante, osservandolo con aria disgustata. Lui però non s'intimorisce affatto delle mie parole, al contrario lo divertono. Pian piano il suo corpo si avvicina al mio, senza alcuna plausibile spiegazione. Rimango impassibile, non riesco neanche a muovere un solo muscolo, lo fisso quasi soggiogata; "scommetto che muori dalla voglia di baciare questo pallone gonfiato"; sussurra praticamente ad un soffio dal mio viso. Intorno a noi non c'è una sola anima viva, ed i suoi occhi sono una vera tentazione, ma il mio raziocino è più forte. E di certo non permetto ad uno come lui di baciarmi. Con rabbia e risentimento, lo spingo via e, con impeto, colpisco il suo viso con la mia mano destra. Il suo viso oscilla verso sinistra a causa dell'impatto. Ho appena schiaffeggiato un mio insegnante. "Non sono come le altre puttanelle che le corrono dietro"; preciso con occhi infuriati, osservando lui mentre accarezza con la mano la parte della guancia che ho colpito e che adesso sta divenendo rossa. "Stavo solo giocando"; si giustifica alzando i suoi occhi, rossi di rabbia, verso di me; "non le conviene giocare con me. Mai"; ribatto con orgoglio, respirando a fatica. Scuoto il capo allontanandomi da lui, non voglio più sentirlo accampare scuse, e sopratutto non deve più avvicinarsi a me in quel modo. Il mio cuore continua a battere freneticamente, e quando torno al mio appartamento, con le gambi tremanti mi siedo sul mio letto. Non posso permettere agli uomini come Ian di ferirmi, nonostante la sua presenza sia carismatica, quasi da creare dipendenza, io non devo cedere al suo fascino. Perché innamorarsi di uno come Ian Sanders, è una causa persa. Sarebbe un suicidio morale in piena regola.
"Mi fai male"; urlo piena di dolore, mentre Candice gioca con i miei capelli. "Sto cercando di renderli più morbidi e sinuosi"; ribatte lei, continuando ad arricciare i miei capelli con la sua spazzola elettrica. "Emozionata?"; Mi domanda ghignando lievemente. Lei sembra più eccitata di me al momento. Però è del tutto normale che io sia leggermente frastornata, ho praticamente dato uno schiaffo in pieno viso al mio insegnate. Perché lui ha cercato di baciarmi, tengo a precisare. Non riesco a non pensarci, vorrei rimuovere dalla mia testa l'immagine di lui che avvicina pericolosamente le sue labbra alle mie. Ed io stupidamente ho anche indugiato qualche secondo. "Sì"; le rispondo intuendo che stavo di nuovo pensando a quel egocentrico di Ian Sanders. E' incredibile di come si sia insinuato con assiduità nella mia routine. Serpeggia nella mia vita costantemente, e questo non riesco a sopportarlo. Esattamente come non riesco neanche a tollerare la sua presenza ed il suo comportamento inadeguato e sfacciato. "Pronta"; mi richiama Candice soddisfatta di sé e del suo lavoro. "Sei bellissima"; si complimenta con me; "adesso corri, il tuo bel principe ti aspetta"; mi suggerisce tirandomi giù dalla sedia. Rido divertita e la ringrazio. Sarà difficile sdebitarmi con lei. Mi ha prestato i suoi vestiti ed i suoi cosmetici, è generosa e molto premurosa nei miei confronti. Io oltre la mia immensa gratitudine e la mia sincera amicizia, non posso darle nulla. Dopo averla ringraziata un milione di volte, ha deciso di buttarmi fuori di casa. Sono molto nervosa, sono ferma proprio davanti il bar dove io e Colin ci siamo dati l'appuntamento. Ho le mani sudate, e continuo a sfregarle fra loro guardandomi attorno. Le uniche parole che al momento riesco a pensare sono: "respira, Rachel, respira". Colin arriva solo qualche minuto dopo, e non appena lo scorgo ogni mia preoccupazione svanisce. L'adorabile ragazzo dagli verdi si avvicina a me con il suo smagliante sorriso rassicurante e terribilmente tenero. "Ciao...Wow...Sei bellissima"; balbetta un po' nervoso, senza riuscire a staccare gli occhi da me. "Questa gonna ucciderà qualcuno"; commenta con agitazione, sembra un po' goffo in questo momento. Osservo la mia gonna, iniziando a pensare che probabilmente Candice ha esagerato, l'avevo supplicata di prestarmi qualcosa di meno corto. Ma come sempre con lei è quasi impossibile replicare. "Sei bellissima"; mi rassicura velocemente, come se avesse intuito il mio disagio nel portare un gonna di jeans così corta. Con tenerezza inaspettatamente Colin prende la mia mano, intrecciandola con la mia. Il suo gesto del tutto innocente fa sussultare il mio cuore. Entriamo dentro il bar del campus, e ci sediamo in fondo, in modo tale da non avere intorno a noi occhi indiscreti. Questo è il bar che frequentiamo quasi assiduamente, però ha un aspetto ed un aria totalmente diversa adesso. Io e Colin ordiniamo qualcosa da mangiare, io prendo un panino al bacon, mentre lui ordina una bistecca. "Scusa se al concerto ti ho messa alla berlina"; dice con aria dispiaciuta; "è stato un gesto dolce. Nessuno aveva mai fatto un gesto così dolce e romantico prima d'ora nei miei confronti"; gli rivelo con uno sguardo sognate. Ciò che ha fatto Colin è degno di una scena di Hollywood, e non potrei chiedere di meglio. Fra una parola e l'altra arrivano le nostre ordinazioni, e nonostante la fame non riusciamo a smettere di parlare e ridere. La sua presenza confortante ed ammaliante, risveglia in me la voglia di poter lasciarmi andare alle cure di qualcuno, senza che esso mi ferisca o mi abbandoni. Di Nuovo. Mordo il mio panino, è davvero squisito, raramente alla mensa dell'orfanotrofio passavano questo tipo di panini. "Sei affamata"; commenta ridendo, osservando ogni mio movimento goffo; "sì, dove abitavo prima i panini di questo genere erano un miraggio"; replico con la bocca ancora piena, scatenando una risata da parte di Colin. "Non parli mai della tua vecchia vita"; precisa con aria interrogativa inarcando un sopracciglio. Una strana sensazione di gelo percuote il mio corpo e, all'improvviso smetto di sorridere. Non parlo mai del mio passato, odio essere commiserata. E non sopporterei di essere giudicata anche da Colin, come la ragazza cresciuta in un vecchio orfanotrofio. "La tua famiglia è di qui?"; Domanda pieno di tenerezza. Lui non può immaginare quello che ho ho dovuto affrontare, non ha la minima idea di quanto abbia sofferto. Cosa dovrei dirgli?. Che la madre che mi ha messo al mondo mi ha abbandonata?. Che non so chi sia lei o mio padre?. Non posso, non al primo appuntamento almeno. "Guarda sono appena entrati Michael e Dean"; esclamo indicandoli con enfasi, rendendomi conto che il mio comportamento desta fastidio ed un briciolo di perplessità sul volto di Colin. Nonostante il suo evidente disappunto, benedico il tempismo di questi due ragazzi, loro non hanno la ben che minima idea del salvataggio che hanno appena effettuato. "Ciao ragazzi"; li saluto con entusiasmo agitando la mia mano. Colin continua ad osservarmi con delusione, ed io mi sento terribilmente in colpa, ho praticamente rovinato il nostro primo appuntamento. "Ciao piccioncini"; ci saluta Dean sedendosi senza il nostro permesso al nostro tavolo; "che fate?"; Domanda Michael prendendo una patatina dal piatto di Colin. "Forse avevamo un appuntamento"; borbotta irritato Colin, osservando con astio i suoi migliori amici; "vi disturbiamo per caso?"; Chiede Dean indicando se stesso e Michael; "assolutamente no"; replica con evidente sarcasmo Colin. Percepisco dal suo tono di voce pungente, che inizia a stancarsi della presenza dei suoi amici. "Allora possiamo rimanere"; continua con noncuranza Dean. Cerco di trattenere una lieve risata, quei due sono davvero sfacciati. "Alzatevi immediatamente. Siete solo superflui al momento". Alle parole accese di Colin i nostri due amici si alzano, e con la coda fra le gambe ci salutano, sedendosi cinque tavoli prima del nostro. "Sono davvero unici"; affermo ridacchiando, scuotendo la testa. Colin è serio, non emette alcun suono. So bene a cosa sta pensando, ma non voglio in alcun modo alimentare il fuoco che al momento sta ribollendo in lui. "Ti va di passeggiare?"; Gli chiedo con prorompente entusiasmo, coinvolgendolo inevitabilmente con il mio sorriso un po' infantile. Afferro la mano di Colin, adoro il contatto delicato fra le nostre mani, in qualche modo mi fa sentire al sicuro dal resto del mondo. "Allora piccola Aguilera, ho una notizia magnifica"; esordisce dopo un lungo silenzio il meraviglioso ragazzo al mio fianco. Dalla sua espressione gioiosa, dev'essere per forza una bella notizia. "La nostra band suonerà al ballo d'autunno"; confessa con un irrefrenabile gioia, che per poco non esplode dal suo petto. Lo fisso incredula, molte band si sono presentate per suonare al ballo, è davvero incredibile che abbiano scelto proprio la nostra. "E' fantastico"; esclamo urlando, non badando affatto alla folla di gente che mi guarda con cipiglio. "Lo so"; urla lui a sua volta, prendendomi fra le sue braccia, facendomi roteare su me stessa. I nostri visi adesso si sfiorano, e si sorridono con intensità. Lentamente, respirando con fatica, Colin avvicina le sue labbra alle mie, e senza aspettare un attimo di più le preme contro le mie. Aspettavo questo momento da tutta la mattina, e finalmente eccomi qui, fra le sue braccia, l'unico posto sicuro che io abbia mai conosciuto. Sento che posso fidarmi di lui. La sua lingua sfiora con delicatezza la mia, ed io accarezzo il suo viso, abbandonandomi completamente al momento. "Farei qualsiasi cosa per renderti felice"; dice ad soffio dalle mie labbra, ribaciandole nuovamente, con più ardore. Cammino al fianco di Colin, non riusciamo proprio a dividerci, siamo quasi arrivati al mio appartamento, però l'ultima cosa che voglio è separarmi da lui e dalla sua infinita dolcezza. "A domani"; mi saluta, cercando di poggiare le sue labbra sulle mie, però il suono distinto della suoneria del mio cellulare, interrompe bruscamente quel momento a dir poco magico. Chiedo scusa al mio ragazzo, e mi affretto a rispondere al cellulare, prendendolo dalla tasca dei miei jeans. "Pronto"; dico un po' infastidita; "siamo senza cibo. Per favore compra qualcosa al supermercato qui all'angolo"; mi supplica con disperazione la mia coinquilina, all'altro capo della linea; "non puoi andare tu?"; Le domando osservando Colin, che ha assolutamente bisogno di essere baciato da me. "No, devo correre a lezione"; replica con il fiatone. Sbuffo abbastanza seccata; "va bene"; mi arrendo chiudendo la chiamata. Colin mi osserva incuriosito; "tutto bene?"; Chiede sorridendo debolmente. E' adorabile il suo sorriso, sempre rassicurante e dolce; "sì, devo solo prendere un po' di cose da mangiare"; gli spiego velocemente, alzando gli occhi al cielo. Candice è un ottima coinquilina, ma dimentica sempre le cose essenziali. Due giorni fa ad esempio ha dimenticato, come una vera svampita, il phone acceso. Se io non fossi entrata in tempo nel nostro bagno, il nostro alloggio sarebbe andato a fuoco. "Vuoi che ti accompagni io?"; Si propone con garbo; "devi vederti con i ragazzi. Tranquillo è qui vicino"; lo rinfranco baciando dolcemente le sue labbra morbide e vellutate. "A domani piccola"; mi saluta ammiccando. Il mio stomaco in questo momento è in delirio, vorrei esultare di gioia, ma m'impongo un contegno, qui c'è troppa gente. Ammiro Colin finché non svolta l'angolo, dopodiché mi affretto a raggiungere il supermercato. Ho trascorso un pomeriggio fantastico, il più bello della mia vita. Colin è meraviglioso, e potrei anche innamorarmi profondamente di lui. Mentre penso fra le nuvole al mio nuovo ragazzo, introduco nel mio carrello una quantità industriale di merendine e dolciumi vari. Io e Candice amiamo strafogarci di cibi super calorici durante le nostre serate fra donne. "Noto che ti piace mangiare salutare". Non posso crederci. Inizio a pensare che lui sia il mio più grande incubo. "Mi perseguita per caso?"; Chiedo schietta, osservando torva il suo volto. Il signor Sander, che è proprio di fianco a me, scoppia a ridere; "no, non ho tempo da perdere". Ghigna compiaciuto, soddisfatto della sua risposta. Mi fissa in attesa di una risposta, ma io mi limito a guardarlo con un sopracciglio alzato. Senza degnarlo di ulteriori attenzioni, impettita lo sorpasso con il mio carrello. Ed anche se non posso vederlo, scommetto che in questo momento mi sta osservando con un sorrisino debole. Svolgo le mie commissioni, ignorando la sua presenza. Compro tutto ciò che è necessario, e lo porto alla cassa. Ian vaga ancora per i corridoi del supermercato, ed io cerco di fare veloce, così da andarmene a casa. Ho già avuto la mia dose di signor arroganza per oggi, e ne ho avuta anche abbastanza. Mentre pago il conto all'anziana cassiera, osservo con la coda dell'occhio uno sguardo indiscreto da parte di un ambiguo signore, tiene poggiato il suo gomito su uno scaffale, e continua a guardare le mie gambe scoperte. Cerco di sistemarmi la gonna, improvvisamente mi sento terribilmente a disagio. Velocemente pago il conto, e prendo senza esitare le mie buste. Lo sguardo di quell'uomo mi ha davvero messa in agitazione. Esco come una trottola dal supermercato, mi volto solo un millesimo di secondo, per accettarmi che quell'uomo se ne sia andato. Ma quando mi rendo conto che è dietro di me, il mio cuore inizia a palpitare sempre più freneticamente. Cerco di mantenere la calma, e aumento gradualmente il mio passo, così da seminarlo. Ad un tratto però una forte pressione sul mio collo quasi mi soffoca. Provo a ribellarmi, ma tutto sembra inutile. Provo a gridare ma l'uomo con violenza pone una mano davanti la mia bocca. Mi dimeno bruscamente, sperando di colpirlo da qualche parte, ma lui mi tiene saldamente inchiodata al suo torace. Con forza mi trascina in un vicolo buio e stretto. Sono in trappola. Non riesco a vedere nessuna via d'uscita. "Lasciami ti prego"; lo supplico singhiozzando, non rammentando che gli uomini come lui non hanno una coscienza. "Sei bella bambolina"; sussurra ad un centimetro dal mio viso, con l'alito che puzza di alcool. Continuo a piangere completamente terrorizzata, quell'essere viscido non smette di accarezzarmi le gambe, ed io vorrei solo che smettesse. "Non piangere"; mi sussurra cercando di bloccare fra le sue mani il mio viso. Istintivamente mi agito, respingendolo. Il mio gesto però scaturisce in lui solo una rabbia ancora più funesta e pericolosa. Spalanco i miei occhi completamente devastati, ed indietreggio fino a quando non sbatto la schiena contro il muro. L'uomo, che potrebbe avere più di quarantacinque anni, si avvicina nuovamente a me, con più rabbia. Ed io tremo come una foglia, impaurita e quasi rassegnata a ciò che intende farmi. Nel medesimo istante in cui mi arrendo definitivamente al destino, dall'ombra del vicolo compare Ian, come una specie di visione eroica. Con ira funesta, afferra l'uomo per la sua maglia nera, e lo scaraventa contro il muro. Il mio corpo non riesce a smettere di tremare, porto una mano sulla bocca quando noto che l'uomo si avventa contro Ian. Fortunatamente il mio insegnante, con agilità e destrezza schiva il colpo, e con una mossa veloce blocca dietro la schiena il polso del suo avversario. Senza pietà lo spinge a terra, iniziando a calciarlo. "Basta"; urlo spaventata dalla ferocia con cui sta picchiando il mio aggressore. Se dovesse ucciderlo pagherebbe l'omicidio, e non voglio che questo accada. Ian alla mia supplica coscienziosa si ferma. Il suo torace continua ad alzarsi ed abbassarsi convulsamente, respira con fatica ed è ancora visibilmente accecato dalla rabbia. Lo fisso qualche istante prima che il mio corpo abbandoni del tutto, le poche forze che cercavo di conservare. "Rachel"; urla il signor Sanders, precipitandosi in mio soccorso. I miei sensi al momento sono un po' confusi ed annebbiati. A malapena riesco a visualizzare il suo volto, ma riesco a percepire le sue mani che delicatamente mi tengono stretta a lui. Mi appoggia gentilmente al suo petto, e con moderazione provo a riaprire i miei occhi; "mi hai fatto prendere un'enorme spavento"; sussurra osservandomi con occhi sgranati. E' realmente in pena per me. Il suo corpo è teso come la sua mascella; "portami a casa"; lo supplico piangendo. Sono stanca, impaurita, e l'unica cosa che voglio adesso, è quella di uscire da questo vicolo spaventoso e tetro. "Dobbiamo andare alla polizia"; mi consiglia accigliato, sfiorando con il dorso della sua mano il mio viso. Alla sua affermazione provo subito un senso di agitazione e paura. Scuoto il capo freneticamente; "no. Ti prego"; lo supplico in preda al panico. Se dovessi andare alla polizia dovrei dare i miei documenti e i miei nominativi, ed al quel punto tutti scoprirebbero che io sono solo un'orfana capitata per caso in questo prestigioso campus. "Ma devi denunciarlo"; Mi incita infuriato; "Ian ti supplico portami a casa"; nello stesso istante in cui l'ho detto, mi sono resa conto di averlo chiamato con il suo nome. Ma sono troppo devastata per essere rimproverata per questo piccolo dettaglio al momento completamente irrilevante. Lui sospira, passandosi una mano sul viso; "va bene, ti riporto a casa"; esordisce prendendomi fra le sue braccia. In altre situazioni mi sarei opposta a tutto questo, ma oggi è tutto diverso. Se lui non mi avesse salvata sarei ancora alla mercé di quell'uomo, e non oso neanche immaginare quali cose orride e schifose mi avrebbe fatto. Quindi sono felice di essere fra le sue braccia, protetta ed al sicuro. Appoggio la mia testa sulla sua spalla, e senza dire una parola respiro il suo profumo. Uno di quei profumi che riesce a trapassare anche l'anima se non ci stai attenta.

A secret love- Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora