Capitolo trentaquattro: Si cambia

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Tutto può accadere in un istante. Crediamo che il mondo ci stia crollando addosso, però poi basta guardarsi intorno per comprendere che c'è sempre qualcuno pronto a sorreggerci. Ho pensato che ricominciare tutto d'accapo, recitando una parte nella vita reale sarebbe stato semplice come in teatro. Ricominciare non è semplice quando il passato è ad un passo da te e ti segue come un'ombra. Non posso fingere che non sia mai successo nulla, non è questa la scelta giusta da prendere, piuttosto devo convivere con il mio passato, accettarlo e trasformarlo in un'esperienza che mi ha permesso di maturare e di aprire i miei occhi riuscendo a mostrarmi che al mondo ci sono persone, come Justin, Candice, Tina e miei amici della Band che mi vogliono bene e che sono pronti a tendermi una mano quando ne ho bisogno. Sono all'interno del taxi che mi riporterà al dormitorio del college, al mio fianco c'è Justin che mi aiuterà a salire le valige fino al mio appartamento. "Domani tornerò al lavoro"; si lamenta sbuffando il mio amico, che per due lunghe settimane non ha fatto altro che rilassarsi sotto il sole della Grecia. "Sarà uno spasso"; lo beffeggio colpendo la sua spalla con la mia. "Che umorismo da quattro soldi"; borbotta imitando la mia risata che continua a deriderlo. "Sei solo invidioso di me. Le mie lezioni inizieranno fra tre settimane"; gli rammento con soddisfazione sottolineando il fatto che potrò ancora godermi le mie meritate vacanze. "Prima o poi dovrai iniziare anche tu le lezioni"; precisa puntandomi il dito contro. "Poi"; replico punzecchiandolo. Dando una fugace occhiata fuori dal finestrino mi rendo conto che siamo quasi arrivati al campus. Staccare un po' la spina e cambiare aria mi ha fatto davvero bene, però sentivo la mancanza di Los Angeles, ormai è questa la mia casa. Quando il tassista svolta verso il cancello principale del campus mi rendo conto che c'è qualcuno che sta aspettando proprio me, e in tutta onestà non riesco a decifrare i miei sentimenti e le mie emozioni nel rivederla. "C'è tua madre"; afferma Justin in tono serio. "Sì lo so. Sapeva che sarei tornata oggi"; gli spiego un po' freddamente. Il taxi si ferma ed io e Justin dopo aver preso le valigie lo paghiamo. "Erano due settimane che desideravo abbracciarti"; esclama Janin soffocandomi in un abbraccio. "Ciao come stai?"; Le chiedo un po' in imbarazzo. Ancora non so come comportarmi difronte a lei, è mia madre ma ho così poca confidenza con lei. "Bene. Vi siete divertiti?"; Chiede sembrando emozionata ed entusiasta di vedermi; "sì moltissimo. La Grecia è favolosa"; rispondo sfregando le mie mani sulla mia gonna di jeans. Justin mi lancia una fugace occhiata e prende fra le mani le mie valige; "Salgo queste nel tuo appartamento"; afferma lasciandomi da sola con Janin. "Scusa se ti ho chiamata solo due volte, ma lì telefonare era un'impresa"; mi giustifico mentendo. In realtà volevo solo evadere da tutto, anche da lei. Soprattutto da lei, che in qualche modo mi rammenta ciò che ho perso per sempre. "Non preoccuparti, adesso sei qui"; mi dice con voce dolce, mentre io provo a sorriderle. Ogni volta che guardo Janin vorrei con tutto il cuore riuscire a vedere anche mia madre, ma non è così. Forse un giorno sarò in grado di guardarla con occhi differenti, solo il tempo riuscirà a darmi delle risposte, adesso devo solo provare a costruire un rapporto che per diciotto anni non è mai esistito. "Per te è un problema se ci incontrassimo dopo. Ho davvero tante cose da sistemare, inoltre sono stanca"; le spiego un po' agitata, sperando che capisca il mio stato d'animo e la mia stanchezza dovuta ad un volo di dodici ore. "No tranquilla, vai pure". Janin mi saluta abbracciandomi e, lievemente delusa, mi lascia salire al mio appartamento. Ad aspettarmi sull'uscio della porta c'è Justin; "avevo dimenticato di chiederti le chiavi"; afferma indicandomi di aprire la porta. "Quindi quando tornerà Candice?"; Mi domanda il mio migliore amico entrando nel mio appartamento; "tra due settimane. Le mancavano molto i suoi genitori"; rispondo aprendo una delle mie valige. Sospirando inizio a riporre nel mio armadio i miei vestiti e, mentre li ripiego con accortezza, il mio cellulare inizia a virare. Velocemente lo prendo dalla tasca della mia gonna e noto che mi è appena arrivato un messaggio da parte di Derek. "So bene che siamo appena arrivati a Los Angeles. Però vorrei vederti". Sorrido lievemente difronte al display del mio cellulare e gli rispondo che può venirmi a trovare. Non è successo nulla fra me e Derek in Grecia. Non ero pronta ad iniziare qualcosa di nuovo, qualcosa a cui non avrei saputo dare un nome. Abbiamo parlato tanto io e Derek, ed ho compreso che è un ragazzo eccezionale, è altruista, ama l'arte ed è gentile e premuroso, quindi adesso che la mia vita qui a Los Angeles dovrà cambiare, vorrei che lui fosse uno dei miei tanti cambiamenti. Non idea di cosa accadrà, probabilmente rimarremo solo buoni amici o forse nascerà un sentimento più profondo. "Non dirmi che è la tua nuova fiamma?"; Domanda con scherno Justin sbirciando da dietro le mie spalle il mio telefono. "Sei un impiccione"; esclamo coprendo lo schermo del cellulare con il palmo della mano. "Sono curioso"; si lamenta in tono lagnoso. "Sì é lui, e vuole vedermi"; rispondo con aria fiera, sorridendo. "Finalmente stai davvero ricominciando"; quasi esulta dalla gioia il mio migliore amico. Rido divertita gettandomi fra le sue braccia; "solo grazie a te"; gli sussurro con infinita gratitudine. "Ti voglio bene rompiscatole"; dice scombinandomi i capelli. "Adesso scappo via. Ti lascio al tuo principe azzurro"; afferma ammiccando Justin. Lo saluto e lo ringrazio per non avermi lasciata da sola sul taxi con le mie valigie pesanti. Rimango da sola con me stessa e i miei pensieri. Precisamente un anno fa ero ancora in Texas a preparare le valigie per quella che sarebbe dovuta essere la mia nuova e tranquilla vita. In un anno è cambiato tutto. Ho incontrato Colin, la mia prima cotta adolescenziale e il mio primo ragazzo però, senza progammarlo o volerlo, mi sono scontrata con il mio insegnate e lentamente, senza neanche rendermene conto mi sono innamorata di lui. Ho conosciuto mia madre ed ella mi ha rivelato che l'uomo che tanto amavo era mio zio. È stato un anno abbastanza tortuoso, quindi mi auguro che quello che verrà sarà più calmo. Il mio telefono squilla nuovamente. È sempre Derek, anche se una minuscola parte di me continua a desiderare di leggere il suo nome prima o poi. "Sono arrivato. Non ho idea di dove sia il tuo dormitorio. Ti prego vieni a prendermi o mi perderò". Scuoto il capo ridendo, rispondendogli che arriverò presto in suo soccorso. Sistemo velocemente i miei capelli allo specchio prima di uscire e raggiungere Derek che mi aspetta in cortile e, mentre osservo la mia immagine riflessa allo specchio, mi rendo conto che non ho ancora tolto la collana che mi regalò Ian. Non sono ancora pronta per questo. "Ti servirebbe una bussola"; scherzo alle sue spalle. Derek al suono della mia voce si volta sorridendomi; "questo college è un labirinto"; afferma provando a giustificarsi con imbarazzo. "Non dirlo a me. Il primo giorno in cui ho iniziato le lezioni ho urtato...". Un piccolo ma opprimente nodo alla gola m'impedisce di continuare a parlare. "Comunque è un bel college"; commenta guardandosi attorno. "Sì...Lo è"; replico ancora intontita scuotendo il capo, continuando a pensare a quel primo giorno disastroso. "Passeggiamo?"; Chiede scrollando le sue possenti spalle. Annuisco facendogli strada verso il cortile centrale. "Vorrei invitarti a vedere una mostra di quadri questa settimana"; mi propone Derek con entusiasmo; "certo, mi piacerebbe"; rispondo lieta. Derek m'indica di sedermi su di una panchina del campus e, quasi contemporaneamente ci sediamo l'uno di fianco all'altro. "In Grecia ti ho sempre parlato di me. Adesso voglio sapere qualcosa su di te". Dice provando a rompere definitivamente il ghiaccio con me. È vero io di lui ormai so' molte cose. So che ha compiuto ventiquattro anni il mese scorso, che ha due sorelle più piccole di lui, che sua madre insegna ai bambini delle elementari e che suo padre è un restauratore come lui. Lui di me però non sa nulla, se non la mia età e qualche altro futile dettaglio. Però raccontare la storia della mia vita non è di certo un'impresa semplice. "Ti propongo una specie di gioco"; esordisce notando la mia perplessità nel parlargli di me. "Io ti farò delle domande. Se non risponderai farai una piccola penitenza". Sorrido con aria divertita scuotendo il mio capo; "ma questo gioco si chiama obbligo o verità"; gli faccio notare continuando a ridere. "Vuoi giocare?"; Chiede con aria di pura sfida. "Giochiamo"; affermo accettando la sfida con onore. "Come si chiama il primo ragazzo con cui hai avuto una relazione seria?"; Domanda semplicemente. "Colin"; rispondo secca e decisa. "Bene...Adesso dimmi qual è stato il luogo più strano dove qualcuno ti ha portata al vostro primo appuntamento". Mi soffermo a pensarci qualche secondo con aria assorta. Colin mi ha sempre mostrato posti normali e carini...Ma Ian no. "Una volta un ragazzo mi ha portata a bere una birra in un locale chiamato Route 66, era una bettola per camionisti e motociclisti. È stata la sera più divertente della mia vita"; rispondo con una maledetta nostalgia al petto. Quella sera io e lui eravamo solo buoni amici, ma fu allora che capii che, malgrado il luogo orrendo che ci circondava, la sua compagnia era così piacevole da oscurare ogni altra cosa intorno a noi. "Scommetto che era importante questo ragazzo. Era lui?"; Domanda serio Derek. Io rimango in silenzio e lui con aria un po' beffarda mi sorride. "Se non rispondi dovrai pagare pegno"; mi rammenta divertito. "Sarò costretto a baciarti"; dice con voce roca, avvicinandosi a me. Le sue labbra mi sfiorano appena, solamente che io non sento nulla, ragion per cui distolgo il viso con imbarazzo. "Devo andare. Ho molti impegni"; mento con la necessità di rimanere un po' da sola. "Ma certo...Ti accompagno al tuo appartamento"; risponde con aria delusa. Derek è consapevole che ho bisogno di tempo prima di gettarmi a capofitto in una nuova storia e dimenticare del tutto quella vecchia, quindi lo capirò se vorrà fuggire lontano da me. "Ci vediamo"; lo saluto richiudendo la porta del mio appartamento. Poggio il mio corpo dietro la porta. Respiro appena e provo a contenermi sperando di evitare questa orrenda crisi di panico. Ma i ricordi sono troppi e iniziano a diventare più forti e chiari adesso che sono tornata qui al campus. Proprio mentre tento di riprendermi da questa piccola crisi respiratoria, qualcuno fuori alla mia porta inizia a bussare con vigore. Sarà Derek, probabilmente è stufo di aspettarmi e di correre dietro a qualcuno che ha bisogno di temoo per dimenticare e tornare ad amare. Sfioro il pomello della porta con mille frasi pronte per giustificarmi con lui. "Scusa ma ho...". Altro che fitta allo stomaco, occhi lucidi e respiro affannato credo di rimanere paralizzata per il resto della mia vita. "Ian"; biascico in stato confusionale mentre i suoi occhi mi scrutano forse arrabbiati e severi. Credevo fosse partito. Credevo che non avrei rivisto il suo viso ed i suoi occhi per molto tempo. Percepisco anche a distanza il suo respiro pensante. "È rincuorante notare come tu sia riuscita a rimpiazzarmi così facilmente. Io non ci sarei mai riuscito"; afferma con amarezza. "Di che parli? Sei stato tu a dirmi che...". Senza darmi la possibilità di giustificarmi, le sue labbra si avventano sulle mie con assoluta furia e prepotenza. Con ira lo spingo via osservandolo con occhi sgranati e spaventati. "Hai bevuto per caso?"; Domando adirata cercando di allontanarmi da lui. "Ian sei mio zio ricordi? Spiegami perché diamine non sei partito"; urlo contro di lui. "Scusa forse non era così che dovevo reagire. Ho sbagliato ogni cosa. Però tu sei qui davanti a me, più bella che mai ed ho perso la testa". Continua a parlare a vanvera. Forse è realmente ubriaco, o più probabilmente ha perso il senno. "Quando quello lì stava per baciarti volevo picchiarlo"; Afferma lasciandomi senza parole. "Mi hai seguita? Da quanto mi stavi spiando?"; Chiedo continuando ad urlargli contro. "Sapevo che oggi saresti arrivata. E ti ho aspettata"; mi spiega con lo sguardo chino. "Adesso vattene. Tutto questo è sbagliato non possiamo continuare a giocare a questo gioco perverso Ian". Cerco di farlo ragionare ma lui sembra non ascoltarmi, anzi mi guarda sorridendo lievemente. "Era sbagliato"; mi corregge avvicinandosi a me lentamente. "Che intendi?"; Domando guardando con timore i suoi occhi profondi come l'oceano. "Non sono tuo zio. Non lo sono mai stato". No. Tutto quello che sta dicendo non è vero. Janin ha detto che Rick era mio padre, non può avermi mentito così spudoratamente portandomi via l'uomo che amo. "No. Tu menti. Vattene"; gli urlo contro spingendolo via con rabbia e frustrazione. "Guardami"; ribatte con prepotenza, afferrandomi il polso. "Mio fratello era sterile. Non poteva avere figli"; Mi rivela spezzando definitivamente ogni legame con Janin. Ormai fragile ed inerme mi getto fra le sue braccia. "Abbiamo sofferto così a lungo inutilmente"; afferma con evidente ira mentre accarezza i miei capelli con tenerezza. Vuota. Disorientata. Confusa e persa in un oblio da cui non riesco ad evadere. Ecco come mi sento in questo momento. "Ricominciamo piccola. Dimentichiamo tutto"; mi propone Ian prendendo il mio viso fra le sue mani, guardandomi pieno di speranze. "Non ci riesco"; rispondo con coraggio sostenendo il mio sguardo freddo sui suoi occhi che pian piano si rabbuiano. "Rachel"; mi richiama sconvolto ed incredulo. "Tu stavi per fuggire. Hai avuto paura dei sentimenti che provavi per me. E volevi scappare nonostante la promessa che mi avevi fatto. Dimmi come posso fidarmi di qualcuno che al primo ostacolo scappa via"; affermo allontanandomi da lui con aria sofferta e confusa. "Anche tu sei fuggita via"; ribatte rinfacciandomi la mia scelta di evadere un paio di settimane. "Io sono ritornata. Avrei affrontato tutto Ian"; controbatto puntandogli il dito contro. "Non dirmi che ti piace quello lì"; mi schernisce sogghignando con arroganza e sarcasmo. "Non sei affatto cambiato"; costato con delusione. "Hai già dimenticato tutto?"; Domanda con aria affranta e quasi fragile. "Non potrei mai Ian"; gli dico con occhi cosparsi di lacrime pronte a scivolare sul mio viso. "Perché ho la sensazione che sia tutto finito?"; Chiede scrutando intensamente i miei occhi, sfiorando anche la mia anima. "Tu non puoi comparire all'improvviso, urlarmi che non sei mio zio e pretendere che io non sia confusa"; replico con voce rotta e tremolante. "Non posso perderti. Non di nuovo"; afferma scuotendo con disperazione il capo. "Ti prego Rachel"; mi supplica notando il mio sguardo distogliersi dal suo viso. "Sono qui adesso e ti amo. Ho sofferto le pene dell'inferno. Ho sentito la tua mancanza perforarmi le ossa, gli organi e perfino l'anima. Non puoi cacciarmi via così". Quando i suoi occhi iniziando a lacrimare il mio cuore si lacera. Stringo i miei pugni; "Scusa"; farfuglio fuggendo lontano da lui. Corro Verso il cortile, però questa volta lui mi segue. "Non ti lascio andare via. Non farò lo stesso errore due volte. Mandami al diavolo, a quel paese o dove ti pare ma ti prego non lasciarmi". Con difficoltà mi avvicino a lui accarezzando il suo viso. I suoi occhi si chiudono mentre le mie dita lo sfiorano delicatamente. "Adesso ho bisogno di pensare. Lasciami andare per favore". Lui apre i suoi occhi. Diamine sono più belli di quanto ricordassi. "Va bene. Io ti aspetterò. Anche per sempre se fosse necessario"; precisa abbozzando un sorriso amaro. Mi allontano da lui con un terribile senso di vuoto e smarrimento, però devo farlo, devo allontanarmi per capire cosa voglio davvero, e non si tratta di una scelta fra lui e Derek, per quanto quest'ultimo sia carino e premuroso nei miei confronti non potrà mai sostituire il mio amore per Ian. Adesso la scelta che devo prendere è ben diversa, più complicata e sicuramente travagliata poiché mi ritrovo davanti ad un bivio. O me stessa o il nostro amore. Fidarmi nuovamente di lui significherebbe abbandonare i piccoli traguardi che ho raggiunto senza di lui, significherebbe dover tornare ad essere totalmente dipendete da lui, perché inevitabilmente la mia felicità dipenderebbe di nuovo da lui, dai suoi sbalzi d'umore e dalle sue emozioni. Ho sofferto abbastanza ed ora anche il più flebile dei terremoti farebbe crollare il mio intero e piccolo mondo. Senza rendermene conto, passo dopo passo e pensiero dopo pensiero, mi ritrovo a guardare il mare. La sabbia è sotto i miei piedi e l'oceano, lui è sempre meraviglioso e senza regole. Avevo considerato l'amore come un salvagente, che ti sorregge e ti protegge dalle onde. Mi sbagliavo. L'amore è il mare. Come lui imprevedibile, travolgente e quando meno te l'aspetti distruttivo. Mi siedo sulla sabbia ancora calda e continuo a fissare la grande e limpida distesa d'acqua difronte a me, così quiete e silenziosa. Quasi inevitabilmente le onde del mare mi rammentano la calma che la sua voce è sempre stata in grado di trasmettermi. E poi c'è questa sensazione che trascino dentro di me come un macigno dal giorno del ballo, essa mi spinge a chiedermi se le lacrime e le liti che mi attenderebbero se dovessi sceglierlo nuovamente, ne valgono davvero la pena. In fondo lui è stato la mia roccia molte volte, e fingere che tutto sia svanito è impossibile ma è anche impossibile ricominciare fingendo che non sia mai accaduto nulla, che io non sia cambiata durante questi mesi difficili. Sospiro profondamente e chiudo i miei occhi per assaporare la leggera brezza del mare che sferza i miei capelli, mentre tutte le domande a cui non avrò mai una risposta certa continuano a risuonare dentro la mia testa.

A secret love- Ian SomerhalderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora