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I miei piani per il resto della settimana sono andati a farsi fottere, martedì alla fine non ho pranzato con la squadra di basket, e Hayes mi è venuto a cercare dopo per dirmi che era dispiaciuto che non fossi andata da loro. Io l'ho mandato a fanculo e mi sono incamminata verso casa. Mercoledì hanno chiamato la signora Thompson dicendole che era il secondo giorno che saltavo tutte le lezioni, allora giovedì lei mi ha accompagnato personalmente lei all'interno, per assicurarsi che entrassi. 

Quindi, ho fatto la lezione di storia, e per la prossima settimana io e il mio compagno di lavoro fino alla fine dell'anno, Zach, dovremmo portare una specie di presentazione in cui bisogna ripetere i personaggi più importanti della seconda guerra mondiale. 

Alla lezione di matematica mi sono addormentata, e a quella si chimica non ci ho capito un cazzo. Il resto delle lezioni più o meno è andato bene, ma tanto non riesco a stare concentrata per più di cinque minuti su qualcosa, perciò era inutile anche solo provare ad ascoltare. 

Oggi è venerdì, e siamo tutti seduti in cerchio sotto gli spalti mentre aspettiamo il suono della campanella. 

"No, ti dico. Mi ha chiamata ieri sera. Ha finito di andare a scuola e dice che lavorerà in un officina, per aiutare la famiglia..." Sospira Scarlett.

Malcolm ha deciso di lasciare la scuola. Beato lui, che può. Io non saprei dove andare, perché la Thompson non vorrebbe più tenermi. E poi se voglio diventare qualcuno mi tocca studiare. Anche se viste le mie condizioni sia economiche che i miei trascorsi dubito che io riesca a trovare lavoro facilmente. Per il momento mi tengo quello da cameriera nel locale di Larry. 

"Ehi, Jade!" Mi chiama Hayes. Tutti ci fissiamo su di lui, e quando mi fa cenno di raggiungere lui e i suoi amici, mi alzo e butto la sigaretta a terra.

Mi fermo avanti a lui e inarca un sopracciglio.

"Ci sarai alla partita di stasera?"

"A che ora?"

"Alle 6" risponde John.

"Lavoro. E poi non è che ci tenga tanto vedere voi ragazzi rincorrere un pallone per lanciarlo dentro un cestino in aria. Lo saprei fare persino io." Okay, non è che lo saprei fare, ma lo so fare.

Vicino casa della mia prima famiglia adottiva c'era un campo da basket. Ovviamente non era il massimo, con erbacce dappertutto e vetri rotti sparsi per terra, ma era qualcosa. E quando sono morti e mi hanno mandato da altri genitori adottivi, io tornavo sempre lì, per giocare con altri ragazzini. Ormai è da un po' che non lo faccio, perché poi ho cominciato a vivere un po' più quella che è la realtà del nostro mondo...

Alcuni di loro scoppiano a ridere.

"E non ci sarai nemmeno alla festa del dopo partita? È più tardi, a casa mia. Puoi venie quando ti pare però." Hayes si stringe nelle spalle.

"Non so nemmeno dov'è, casa tua."

"Se mi dai il numero ti scrivo l'indirizzo."

"Non ho un numero. Vedrò se posso." Mi volto e ritorno dai miei amici.

"Che ti ha chiesto?" Scarlett si sporge verso di me.

"Nulla." Sfilo una sigaretta a Matt e la riaccendo.

"Ehi, Jade, dovresti andarci piano. È già la quarta che ti fai, stamattina." Dice Jay Jay.

"Non dirmi quello che devo fare o quello che non devo fare. Queste sono sigarette, tu invece ti fumi canne." Lo guardo torvo.

Alza le mani in segno di resa, e ce ne restiamo tutti zitti, finché non sentiamo suonare la campanella. 

Quando entriamo dentro, passiamo il controllo degli agenti, e insieme a Zach mi dirigo verso la classe di storia.

"Quando ci dobbiamo vedere per il progetto?" Mi chiedo Zach.

"Sinceramente? Non mi interessa. Quello lì può anche andarsene a fare in culo, ma scommetto che tu non vuoi prendere un brutto voto, perciò, domani, alle quattro, a casa tua." E mi vado a sedere infondo all'aula.

"Non posso domani." Sussurra lui sedendosi accanto a me.

"Che cosa hai da fare?" Strizzo gli occhi.

"Ho le prove con la mia band."

Lo guardo. È impassibile. Beh, non c'era da meravigliarsi, è sempre così. Ogni giorno: mi guarda, mi dice due parole, e poi torna a scrutarsi intorno, come se dietro tutto ci fosse qualcosa da capire. Ma dietro di me non c'è niente da capire. 

Scoppio a ridere. È la solita risata finta che ogni tanto mi concedo...

"Tu? In una band? E che fai? Il manager?"

"Suono la chitarra e canto." Fs una smorfia.

"Gli altri lo sanno?" Ridacchio ancora.

"Si." Si stringe nelle spalle.

"Allora vi verrò a vedere. Dove?"

"A casa mia." Sospira e si volta verso il professore che entra in classe.

Mi sporgo verso di lui. "Dopo mi faccio dare l'indirizzo." E mi raddrizzo sulla sedia.

"Dunque, ragazzi" comincia il professore "prima di cominciare la lezione volevo parlarvi un po' di ciò che faremo a marzo. Certo, c'è ancora tempo, abbiamo quattro mesi, ma queste cose bisogna organizzarle per tempo. Avevo intenzione di fare una gita con le mie classi, un campo scuola, in Italia. Visiteremo alcune città, come Venezia, Torino, Firenze, Roma, Napoli. Dovreste conoscerle, ragazzi. Per il momento io e la professoressa di letteratura abbiamo dato disponibilità ad accompagnarvi. Durerà più o meno due settimane. Durante la prima staremo a Roma, poi con un treno ci sposteremo nelle altre città. Ancora non siamo sicuri dei posti che visiteremo, ma credo he sarà divertente. La mattina farò una spiegazione breve sul luogo in cui andremo, e la sera la professoressa Ryan farà fare a tutti voi un breve riassunto della giornata. I costi saranno alti e capisco che non tutti hanno la possibilità di mandarvi in Italia, ma tra le altre mete possibili ci sono anche l'Inghilterra, e i posti in cui sono ambientati i romanzi che state studiando, e la Francia. Perciò, prima organizzeremo un incontro con le famiglie e decideremo." Il prof sospira, e i ragazzi si guardano intorno, disorientati. Uno alza la mano.

"Si, Jefferson?"

"Scusi, prof. ma non penso che nessuno verrà. Insomma, ci guardi. Lo vede in che condizioni siamo? A malapena possiamo comprarci vestiti...." sbuffa in una risata.

"Queste sono tutte ipotesi. Ora, per piacere, cominciamo la lezione."



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