Con gli occhi della pioggia

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Oggi il cielo è molto chiaro, non fa caldo come negli altri giorni.
Io sono a casa, protetta dalla mia giacca felpata preferita.
Nonostante la stagione ormai sia cambiata, lo uso ancora.
Mi piace accucciarmi al suo interno e stare più comoda.
Mi siedo davanti alla finestra osservo ciò che è al di fuori.
Non c'è anima viva per le strade della città.
Sembra che il tempo si sia fermato e qualcuno abbia spostato le lancette dell'orologio al tempo della notte.
Pluf!
Una prima gocciolina trasparente bagna il vetro della finestra.
La guardo meglio; è come una lacrima.
Da piccola pensavo sempre alla pioggia come al pianto del cielo.
«Magari le nuvole hanno litigato e quindi si sono messe a piangere.» dicevo sempre a mia madre.
Il ricordo di questo mi fa sorridere e, in un attimo, mi ritrovo in un mondo completamente diverso.
Chiudo gli occhi.
Ci sono io, bambina.
Sto saltellando allegramente sotto la pioggia battente.
Cerco di contare tutte le minuscole gocce d'acqua che si posano velocemente su prati, marciapiedi, case...
Ma non riesco nel mio intento; sono troppe.
Alzo lo sguardo e vedo mio padre; tiene un ombrello colorato con la mano destra e mi invita ad andare da lui per non bagnarmi più di quanto non lo sia già.
Vedendo però che io sono così contenta di godere di uno spettacolo della natura così bello, decide di raggiungermi.
Posa l'ombrello per terra, mi prende in braccio e mi fa volteggiare nell'aria.
Riapro lentamente gli occhi e ritorno alla realtà.
Ci siamo sempre io e la pioggia.
Nient'altro.

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