PENSIERI LIBERI

Quel pomeriggio d'estate

Ero in macchina, diretta verso la casa della mia adorata nonna, quando lo vidi.
E fu allora, soltanto allora, che capii cosa significasse innamorarsi di una creatura dolce e sconsolata, senza una casa dove andare.
Capii cosa volesse dire la parola solitudine.
E mi sentii subito male per lui.
Un bellissimo cucciolo di colore nero e bianco con una piccola macchia sull'occhio mi guardava, senza distogliere mai l'attenzione da me.
Il tempo si fermò, lasciandoci soli.
Nei suoi occhi color nocciola lessi una paura verso il mondo intero.
Non si fidava più come prima degli esseri umani.
Era stato abbandonato, probabilmente.
Mi sono sempre chiesta come possa, una persona, trovare il coraggio di agire così.
Un animale non è soltanto un animale.
È una parte fondamentale della vita di chi se ne prende cura e lo accudisce, una famiglia.
Dona tutto l'amore che possiede e non chiede nulla in cambio.
Gli basta sapere che l'altro è felice.
Come si può rimanere indifferenti davanti a questi -sempre più frequenti- abbandoni?
Io non ci riesco.
Ho abbassato il finestrino dell'auto e ho accarezzato la sua testolina pelosa.
All'inizio era un po' titubante, temendo che potessi agire con violenza nei suoi confronti.
Chissà quale fosse il suo passato, per tormentarlo in questo modo!
Non voglio immaginare le sue emozioni e il suo cuoricino ridotti a brandelli e trattati con estrema sufficienza.
Quando capì che io non nascondevo cattive intenzioni, iniziò a scodinzolare contento.
Io, dunque, uscii dalla macchina per ospitarlo tra le mie braccia.
Volevo farlo sentire a casa, volevo dargli una seconda casa.
Non potevo lasciare che gli venisse tolta una seconda possibilità di essere felice.
Lui mi diede una zampa e io la presi, facendola combaciare con la mia mano.
Quel gesto ebbe un significato molto importante per noi.
Segnò l'inizio di una grande amicizia, un'amicizia che non avrebbe conosciuto violenza e fine.
Io ero diventata il suo rifugio e lui il mio.