6. Indurire il cuore

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Quando Helena si destò, qualche ora più tardi, scoprì che Rafe aveva già rifatto la sua parte del letto e si era rivestito. In piedi, davanti alla finestra, si aggiustava il colletto della camicia stinta.
Lei cercò di infilarsi gli abiti prima che l'uomo si girasse ma, complice la sua grandiosa fortuna, non fu così.

«Vi ho sentita svegliarvi.
«Uhm — disse Helena, dandogli le spalle non prima di aver notato che si era rasato. Il volto abbronzato adesso sembrava molto più attraente, dandogli l'aspetto di una persona quasi civile e che aveva abbandonato la prepotenza per dedicarsi alla gentilezza. Era così attraente che avvampava ogni volta che lo guardava.

Helena si riscosse da quei pensieri, infilando l'abito senza il corpetto, poiché era troppo distratta dal bel volto di Rafe. Basta, si rimproverò aspramente. Non doveva pensare a lui, Rafe non era una brava persona, era solo un uomo che, avendo percepito una generosa somma di denaro, stava svolgendo il suo lavoro con fatica, quasi. Per quanto fosse bello — era arrivata alla conclusione che quello era l'unico aggettivo che gli rendesse giustizia — non doveva farsi distrarre: stava per sposarsi e quel pensiero bastò a farla rinsavire. Scattò in piedi, infilò le scarpine leggere del giorno precedente e si diresse alla toletta dove si sciacquò il viso con una dose abbondante di acqua fresca. Si rese conto che i suoi capelli erano in uno stato pietoso, aggrovigliati, sporchi e troppo rossi. Che immagine orrida, meditò con un sospiro greve.
«Qualcosa vi turba? — la interrogò Rafe avvicinandola. «Non avete dormito bene?
E come avrei potuto dormire bene, con il vostro corpo così vicino al mio?
La verità era che si era anche fin troppo rilassata, quella notte, cullata dal pensiero che Rafe le dormisse accanto. Il calore che emanava da lui l'aveva fatta sentire protetta, al sicuro. Si morse l'interno guancia, serrando le labbra.
«Sto bene — rispose, senza guardarlo.
Rafe non si mostrò turbato dal cambiamento di umore; ormai ci aveva fatto l'abitudine.
Limitandosi a una scrollata di spalle finì di abbottonarsi la camicia, lasciando scoperto solo un lembo di pelle bronzea sotto alle clavicole, e poi afferrò la sua valigia. 
«Dovete muovervi, Helena, o ci metteremo più tempo del previsto.

Lei non lo degnò di una risposta. Divise la folta chioma rossa in tre parti e le intrecciò tra di loro, formando una treccia perfetta in meno di un minuto.
Sorridendo, Rafe si diresse alla porta e la spalancò.
«Vi aspetto di sotto.

Rimasta sola, Helena guardò il proprio riflesso nello specchio della toletta e assunse un'espressione costernata. Non lasciarti trasportare, Helena, si ammonì duramente. Non pensare a quanto sia bello o a quanta voglia hai che ti stringa tra le braccia.

Se si fosse arresa alle nuove sensazioni che erano nate dentro di lei, si sarebbe scottata. Lo sapeva, anche se non ne riconosceva un motivo concreto.

Quando lui le aveva circondato la vita con le mani, alcune ore prima, aveva provato l'assurdo desiderio che non si allontanasse ma che, anzi, la stringesse più forte. Quelle mani grandi e callose, le mani di un uomo che aveva lavorato duramente, erano state roventi quando le avevano slacciato il corsetto, un brivido le era corso lungo la schiena quando le aveva dato della bugiarda con quella sua voce bassa e profonda...

Dandosi della sciocca, Helena scosse la testa e, afferrando il manico della sua valigia, uscì dalla stanza.

***

Pensare a lei gli faceva male. Per tutta la notte aveva sognato di stringere contro il proprio il suo corpo morbido, di toccarla, bramandola in doloroso silenzio perché sapeva, sopra ogni altra cosa, di non poterla avere. Maledizione a lei e all'effetto che gli faceva! In tutta la sua vita non si era mai ritrovato nella situazione di dipendere da una donna. Ma bastava che lei sorridesse per farlo sentire bene, che lei lo trattasse con ostilità per farlo rabbuiare. Non andava bene, si disse Rafe con severità. Non andava bene per niente.

La stava aspettando all'uscita dell'hotel, le gambe allargate, la valigia ai suoi piedi. Avrebbero dovuto lasciare perdere i bagagli, e non sapeva come dirlo a Helena. Come non sapeva affrontare il discorso del viaggio. Non avrebbero viaggiato su un carro, come le aveva annunciato per non farla innervosire, ma in groppa a un cavallo. Era l'unica alternativa che gli rimaneva, se non voleva ritrovarsi senza un soldo in tasca. Non sapeva nemmeno se lei sapesse cavalcare, ma non importava: si sarebbe adeguata.

Quando Helena lo raggiunse, trascinandosi dietro la valigia, Rafe non la guardò.
«Allora, questo carro di cui parlavate? Dov'è?»
«Non c'è» si limitò a rispondere lui, schermandosi gli occhi per scrutare l'orizzonte. Era appena l'alba, le strade erano deserte, e una leggera brezza imperversava sul paesaggio. L'uomo con i cavalli sarebbe già dovuto essere lì.

«Che cosa significa che non c'è?»
La voce di Helena graffiava.
Non gli importò. Si impose di scacciare dalla mente il pensiero di lei stretta tra le sue braccia.
«Quello che ho detto, miss Burren. Non esiste nessun carro. Cavalcheremo.»
Se lui si fosse voltato avrebbe notato il gridolino strozzato emesso dalla ragazza. La stava forse prendendo in giro? Sì, doveva decisamente essere così.
«Mi avevate detto che avremmo viaggiato su un carro! Perché vi siete preso gioco di me?»
«Non mi sono preso gioco di voi» rispose lui, calmo. Dove diavolo era quel tipo? «Vi ho occultato la realtà, proprio per evitare questo tipo di reazione da parte vostra. Helena, per favore, cercate di essere ragionevole: è l'unica cosa che possiamo permetterci.»

Lei si impuntò. «Ma ho del denaro con me! Avremmo potuto pagare una diligenza che ci accompagnasse in stazione, prendere un altro treno, anche un carro! Non ho intenzione di viaggiare su un cavallo.»
Lui sospirò, mentre, finalmente, l'uomo si intravedeva in lontananza e si avvicinava con al seguito due mustang. «Non si tratta di essere ragionevoli, signor Ellington, si tratta di rispetto!»
«State esagerando» la zittì lui, alzando la mano per fare un cenno in direzione dell'uomo.
«Io non so cavalcare» replicò tranquilla Helena. Un sorriso le curvò le labbra. «Mi dispiace.»
«Non ha importanza» controbatté Rafe. «Imparerete.»

Rimasta a bocca aperta, Helena si accigliò ma in quel momento vide sopraggiungere un tipo basso e tarchiato, con un cappello a tesa larga e un camicia stinta infilata in un paio di pantaloni consunti. Tratteneva tra le mani le redini di due cavalli. Helena inorridì, imponendosi di mantenere la calma. Quel farabutto le aveva giocato davvero un brutto scherzo ma, quanto era vero che si chiamava Helena Burren, gliel'avrebbe fatta pagare.

«Siete voi il signor Ellington?» lo interrogò l'uomo, guardandolo dal basso. Aveva una faccia storta che fece rabbrividire Helena.
«Sì.»
«Sono irrequieti, fate attenzione. Specialmente voi, signorina» lanciò una strana occhiata in direzione di Helena che si era inconsapevolmente spostata dietro le spalle di Rafe.
«Starà attenta» lo rassicurò lui in tono sbrigativo. «Vi ringrazio.»
Tese le mani verso l'uomo che lasciò le briglie di uno dei cavalli, poi si diresse in direzione di Helena e le porse le altre. Attese che lei le afferrasse ma, i piedi attaccati al terreno, il respiro ansante, sembrava impietrita. «Signorina?»
«Miss Burren!»
Il tono brusco di Rafe la fece sobbalzare. Con espressione contrita afferrò le redini e seguì Rafe verso la strada.
«Fate buon viaggio» disse l'uomo, toccandosi con due dita il cappello. Poi scomparve improvvisamente com'era giunto.

«Non mi piace» commentò tra i denti, fissando le spalle larghe di Rafe.
«Preparatevi, perché potremmo incontrarne altre di persone come lui.»

Osservò la linea rosata dell'aurora e valutò che avrebbero potuto percorrere parecchie miglia prima che si facesse notte. Finalmente una buona notizia.

«Avanti, Helena. Salite.»
«Non sono capace» ribatté lei, ostinata. «Ve l'ho detto.»

Imprecando mentalmente, Rafe si voltò, la afferrò per la vita e la sollevò da terra, cercando di ignorare la scossa di desiderio scaturita da quel contatto. La depose bruscamente in sella.
«Prendete quelle maledette briglie e tacete fino a quando non sarà diventata notte» ringhiò, saltando in groppa al suo cavallo il più in fretta possibile.
Helena lo fissò allibita, e si sentì sull'orlo delle lacrime. Umiliazione? Confusione? Rabbia?
Che cosa aveva scatenato, in lui, quell'atteggiamento? Decise che non voleva saperlo. Non gliene importava. Avrebbe soddisfatto la sua richiesta con estremo piacere.

Si rese conto solo quando furono partiti di aver lasciato le valigie all'entrata dell'hotel.

- IN REVISIONE - Cuore selvaggio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora