Mentre il sudore si asciugava, il corpo di Helena si coprì di pelle d'oca. Tra le gambe si sentiva umida, gonfia, infiammata, ma anche - e soprattutto - appagata.
Non avrebbe mai potuto fingere che non fosse successo. Non le importava quello che Bayard Mellins avrebbe pensato quando avesse scoperto quello che aveva fatto: si era unita all'uomo di cui era innamorata, non avrebbe mai rimpianto quel momento.
«Non farlo, ti prego.»
Si girò verso la voce di Rafe, distogliendo quasi subito lo sguardo.
«Che cosa?»
«Non pentirti di quello che abbiamo fatto. Non lo sopporterei.» Helena tornò a guardarlo. «Non mi pentirò mai, Rafe.»
Si raddrizzò e gli prese le mani, lasciando vagare lo sguardo dal suo corpo al suo viso.
«Rafe, io... »
Per qualche assurda ragione non riuscì a continuare. Dirgli quelle semplici parole avrebbe significato qualcosa, per loro? Lui aveva già messo in chiaro che non l'avrebbe sposata, mai. Quantomeno, pensò, non si sarebbe umiliata rivelandogli ciò che sentiva per Rafe.
«Tu cosa?» la esortò lui, piano, mentre si sollevava a sedere. Afferrò la camicia stropicciata e la drappeggiò sulle sue spalle nude.
« ... Io ti ringrazio per avermi fatto conoscere questo aspetto degli uomini.»Rafe la fissò a lungo prima di sorriderle. Allungò una mano e le passò il pollice sul labbro inferiore.
«Non mi dispiace di averlo fatto. Non mi dispiace di non aver resistito. Mi ricorderò questo momento in eterno.»
Helena trattenne il fiato, conscia di cosa quelle parole significassero: la promessa definitiva che lui se ne sarebbe andato, che l'avrebbe lasciata nelle mani di Bayard Mellins, che... non l'avrebbe mai amata.«Perché lo hai fatto?» Quella domanda risuonò più dura di quanto lei avesse voluto. Raccolse tra le dita i lembi della camicia e si coprì fin sotto al mento, guardandolo con occhi lucidi.
Rafe afferrò i pantaloni e se li infilò con due rapidi gesti, poi, sospirando, rispose: «Perché ti desideravo così tanto da provare dolore a non toccarti.»
Lei aprì la bocca per rispondere, e lui la zittì posando le labbra sulle sue. Helena si addolcì contro di lui, lo abbracciò, si modellò sul suo corpo, e poi gli premette i palmi sul petto nudo e madido di sudore e lo allontanò lentamente.«Tu non sei disposto a sposarmi, Rafe» sussurrò, abbassando lo sguardo. Lui cercò di prenderle le mani, ma Helena si sottrasse dolorosamente al suo tentativo.
«Ti prego, Helena, ascoltami... »
«Quello che abbiamo fatto è sbagliato» continuò lei. «Non siamo sposati e non lo saremo mai, e io... Per quanto non ne ne sia pentita, e mai lo farò, rimane un errore madornale.» Si raddrizzò quasi con fatica, la camicia di Rafe, troppo grossa per la sua corporatura minuta, la copriva fino alle ginocchia. Raccolse il suo abito stropicciato dal suolo, si voltò e cominciò a rivestirsi. Dietro di lei anche Rafe si alzò, gli occhi umidi e ben più che consapevoli della realtà dei fatti. Lui non poteva sposarla. Lui l'aveva posseduta. Lui le aveva tolto la purezza.
E per i successivi dieci minuti, dopo che Helena gli ebbe restituito la camicia e fu corsa fuori, Rafe batté il pugno contro i rami che gli graffiarono la pelle.
Non gli importò di farsi male. L'unica cosa che contasse era quello che aveva fatto alla donna che amava e che non sarebbe mai stata realmente sua.Due giorni più tardi, ferita e amareggiata, Helena si passava le mani sul volto per cancellare i segni della stanchezza. Rafe la aspettava fuori, il carro che James aveva insistito per essere donato già pronto, le provviste per il viaggio debitamente sistemate. Il riverbero dell'amore che avevano condiviso la scaldava ancora dopo due giorni e, nonostante lui non ne avesse più parlato, e a ragione, sapeva che doveva provare la medesima sensazione. Ma era stata una sua scelta, ricordò: allontanare il fatto che la sua purezza non c'era più, senza però pentirsene.
Si sistemò alcuni riccioli ribelli sotto il cappellino, prese il denaro da sotto il cuscino e percorse il corridoio che conduceva al piano inferiore. Era il momento di riprendere il viaggio, il viaggio verso Bayard Mellins, l'uomo che suo padre aveva scelto per lei. Non sapeva cosa sarebbe successo quando il suo promesso sposo avesse scoperto che non era più vergine, ma non riusciva a immaginare alcuna punizione da parte sua. Dopotutto, considerò, sarebbero stati sposati. Un marito doveva rispettare la moglie, e viceversa, in tutto e per tutto. Di sicuro Bayard l'avrebbe perdonata.«Non andate» la supplicò Kate abbracciandola forte, appena entrò in cucina. «Vi prego, miss Milton... »
Helena la baciò dolcemente sulla fronte, accarezzandole una guancia. Stava piangendo, si rese conto in quel momento, e realizzò anche che non aveva mai visto piangere Kate in quel modo. Le si strinse il cuore.
«Tornerò a trovarti, piccola peste» le promise, abbracciandola di nuovo. «Te lo giuro.»
«Ti voglio bene» sussurrò la bambina contro il suo orecchio, in modo che nessuno sentisse l'abbandono del voi. «E mi mancherai tantissimo.»
«Anche tu.» Helena le diede un buffetto sul naso. «Basta lacrime, o tuo padre penserà che ti ho offesa!» Kate strinse la mano affusolata di Helena e le sorrise. Poi, quando Rafe si schiarì la gola per annunciare la partenza, lei si rivolse a James. L'uomo si tolse il cappello e lo appoggiò sul petto, chinando la testa.
«Fate buon viaggio, miss Milton.»
«Siete stato la nostra salvezza, signor Millicent» rispose Helena, sinceramente riconoscente. «Non riuscirò mai a ringraziarvi degnamente.»
James scosse la testa con un sorriso, poi avvicinò a sé la figlia. «Potete ringraziarmi arrivando sana e salva in Nevada, miss Milton.» E risero insieme, rise anche Kate nonostante Helena sapesse che stava lottando per non piangere.***
Rafe non riusciva a ragionare. Mentre Helena saliva sul calesse, tenendosi a una certa distanza, contrasse la mascella. Avrebbe voluto abbracciarla, rivelarle tutto, dirle come si sentiva nei suoi confronti, ma forse era meglio così. Helena lo avrebbe lasciato senza rimpianti. E non avrebbe mai saputo quanto gli costasse condurla dall'uomo che avrebbe potuto farla sua ogni notte della loro vita insieme.
Fece schioccare le redini e, mentre le prime luci del tramonto coloravano il cielo, si lasciarono alle spalle la famiglia che li aveva ospitati per più di una settimana e che gli era entrata, senza ombra di dubbio, nel cuore.
«Ho bisogno di acquistare un paio di vestiti prima di partire» disse Helena dopo un po'.
«Il vostro ha qualcosa che non va?»
Era tornato alle maniere educate, considerò lei. Tanto meglio.
«È troppo insulso.» A Rafe non sfuggì il tono affettato di quelle parole.
«Non avete bisogno di abiti o accessori vistosi. Siete già abbastanza bella al naturale.»
Ma Helena lo ignorò con un sospiro di sufficienza.
«Lasciatemi davanti al negozio di Mrs. Jenkins.»Rafe parcheggiò il calesse davanti alla vetrina di Mrs. Jenkins, mentre Helena scendeva e, con la solita eleganza che la caratterizzava, si dirigeva all'entrata. Ricordava il locale: una parete colma di tessuti colorati, una vasta mostra di cappelli dai piumaggi più elaborati - e che probabilmente avrebbero fatto assomigliare a uno struzzo chiunque li avesse indossati - e una fila di vestiti confezionati e già pronti per l'acquisto. C'era anche uno specchio, lungo e ovale. E lì, davanti a quello specchio, Helena stava esaminando la propria immagine riflessa. Stava senza dubbio controllando l'abito che aveva scelto - color panna e dalle maniche a sbuffo - da diverse angolature, corrucciando la fronte quando qualche pizzo o merletto non la convinceva. Ma a Rafe tutte le sue angolature sembrarono perfette. Tutto sparì: la commessa che le volteggiava intorno con un metro e un puntaspilli sul polso, gli abiti che popolavano il locale, il calesse dietro di lui, la terra sotto i piedi.
Non rimase altro che la figura di Helena, Helena che assomigliava a una principessa, Helena a cui lui aveva sottratto la cosa più importante. Helena, la stessa ragazza che Rafe non meritava, né avrebbe mai meritato. Era inferiore, cercava di convincersi, lei era ricca, lui un medico comune che aveva finito per diventare una guardia del corpo pur non avendone l'aspirazione. Helena meritava di meglio, e lo sapevano entrambi. L'unico degno di sposarla, di assicurarle un futuro prospero e senza mancanze, doveva essere qualcuno della sua medesima classe sociale, o ancora più elevata. E quell'uomo, Rafe lo riconobbe contro la sua più ferrea volontà, era Bayard Mellins.
«Ah, siete qui» esordì Helena quando vide Rafe entrare nel negozio. Mrs. Jenkins rivolse un sorriso radioso nella sua direzione, poi corse a impacchettare gli acquisti.
«Cosa avete preso?»
«Un abito e un cappellino nuovo.»
Anche allora, Rafe si accorse del suo tono distaccato, della comprensibile freddezza nelle sue parole. Ma non se ne rammaricò. Andava bene così.
«Avete bisogno di fare altri acquisti o possiamo rimetterci subito in viaggio?»
Helena arricciò il naso, fingendo di pensarci su. «No, signor Ellington, non voglio perdere altro tempo. Prima arriviamo dal mio promesso sposo, meglio mi sentirò.»
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- IN REVISIONE - Cuore selvaggio
RomanceHelena Burren non sa nulla del mondo al di fuori del palazzo in cui è sempre vissuta. Così, quando, dopo la morte di suo padre, sua zia la informa che il vecchio l'aveva promessa in sposa ad un ricco aristocratico lontano dalla sua terra, il Devonsh...