Helena sollevò lo sguardo a incontrare il suo. «Perché non me lo avete detto prima?»
«Dirvi cosa?»
«Che siete un medico. Che avete un fratello.»
Rafe emise un sospiro amaro. Non era il momento giusto per parlarle di Marcus e nemmeno della sua professione, dato che entrambe le cose erano collegate. Forse lo avrebbe fatto in futuro, quando fossero stati sul punto di separarsi e lei non avrebbe più potuto fargli domande. Quella prospettiva, però, lo rattristava, gli gettava addosso un sentore di vuoto doloroso proprio lì, al centro del petto. Un modo per non separarsi da Helena esisteva, ma usufruirne avrebbe significato comprometterla per sempre, macchiare la sua reputazione ed essere allontanata perfino da sua zia. Sposare la promessa sposa di un aristocratico non sarebbe stata una mossa saggia, per quanto il pensiero gli riempisse il cuore di felicità. In quel momento Rafe pensò a come era cambiata la sua vita da quando aveva conosciuto Helena.Prima di allora, aveva combattuto da solo una battaglia interiore contro i demoni del passato che gli infestavano la mente, preda di un angosciante senso di perdita, di vuoto, dovuto alla morte di Marcus. Aveva vagato senza una meta precisa, aveva abbandonato i suoi sogni, era passato da una sgualdrina all'altra nella stessa notte per tutte le notti di quei quattro, lunghi anni. Non gli era mai importato del giudizio della gente, perché per Rafe l'unico pensiero che contasse era sempre stato quello di suo fratello e di sua nonna. La vecchia Agatha, già. Non sapeva nemmeno se fosse ancora viva, che cosa facesse, se qualcuno si occupasse di lei. L'aveva abbandonata la mattina dopo il funerale di Marcus, e da allora non aveva più avuto sue notizie. Accadeva sempre, con Rafe: le persone che amava venivano abbandonate, anche involontariamente. Forse perché non aveva forza sufficiente per lottare, forse perché la vita era malvagia e le toglieva da sé dalla sua strada.
Non voleva che succedesse con Helena. Non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, ma era grazie a lei se Rafe aveva ritrovato il senso di vivere. Non avrebbe mai immaginato di potersi innamorare in modo tanto profondo e sincero, e soprattutto di qualcuno di una classe sociale così elevata rispetto alla propria. E nonostante fosse perfettamente consapevole che mai avrebbe potuto averla, mai avrebbe potuto chiamarla moglie o definirla sua, avrebbe goduto della sua vicinanza fino a che non avessero dovuti separarsi.«Non ci conoscevamo a sufficienza per rivelarvi i dettagli della mia vita» rispose. Allungò un braccio verso la camicia che ormai doveva essersi asciugata e la infilò, lasciandola sbottonata sul davanti.
Helena annuì, sfiorandogli il polso. «E ora ci conosciamo, invece?»
Rafe le scostò un ricciolo dalla fronte per metterglielo dietro l'orecchio. «Voi che cosa ne dite?»
Lei avvampò, poi si schiarì la gola, tornando all'argomento principale.
«Potrete raccontarlo quando vorrete.»
Lui la fissò a lungo prima di sorriderle. Helena si rese conto che, quando sorrideva, era ancora più attraente. Quel sorriso la induceva ad abbracciarlo, ad aggrapparsi a lui come fosse la sua ancora di salvezza, ma c'erano James e Kate dietro di loro e non poteva permettere che li vedessero.«Siete già svegli» sussurrò James con voce impastata dal sonno. Helena si voltò e lo raggiunse lentamente, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Come vi sentite? Avete riposato bene?»
«Sì, vi ringrazio, Helena. Spero che anche Kate sia riuscita a riposare.»
Rafe finì di abbottonarsi la camicia e, raggiunto il letto, appoggiò due dita sul collo della bambina. «Il battito è regolare. Sembra che dorma tranquilla.»
«Grazie a Dio» mormorò suo padre sollevato. «E grazie a voi» aggiunse, rivolto a Rafe.
Lui scosse la testa. «Io non ho fatto nulla, James. Gli attacchi epilettici cessano da sé dopo qualche secondo.»
James sollevò un braccio per interromperlo. «Può anche darsi, ma se non ci foste stato voi io mi sarei disperato fino a questa mattina.»
«In questo caso credo che dovrei accettare il ringraziamento» commentò Rafe con un sospiro gentile. In quel momento Kate mugolò qualcosa nel sonno, poi, dopo essersi voltata verso suo padre, aprì piano gli occhi. «Papà?» sussurrò con voce impastata. Con una mano minuta si stropicciò un occhio. «Perché sei qui? È successo qualcosa?»
James scosse la testa per rassicurarla, carezzandole una guancia. «Va tutto bene, Kate. Come ti senti?»
«Bene, credo… Papà, sicuro che va tutto bene?»Mentre James tentava di tranquillizzare la figlia, Rafe fece cenno ad Helena di seguirla fuori dalla porta.
«Che cosa… » cominciò lei, una volta che si furono rinchiusi la porta alle spalle. Rafe la interruppe subito. «Domani è il vostro compleanno.»
Helena lo fissò interdetta per qualche istante, poi annuì mestamente. Lui parve riflettere su qualcosa, il suo volto si tese e subito si rilassò. All'improvviso i suoi occhi si illuminarono.
«Ho intenzione di organizzare la vostra festa di compleanno.»«Voi… cosa?» Helena non riuscì a trattenere lo stupore di quelle parole pronunciate di getto. Voleva dare una festa per lei? Per quale motivo? Nessuno lo aveva mai fatto, nessuno che non appartenesse alla sua famiglia, e lui era pur sempre un estraneo…
«Mi avete sentito bene» continuò Rafe, serio. Il profumo della pelle di Helena, così vicina, lo stordì. Voleva toccarla, assaporarla di nuovo, stringerla tra le braccia.
«Perché volete fare una cosa simile?» gli chiese lei, appoggiandogli le mani sugli avambracci e facendo scorrere le dita sulla pelle calda.
«Perché lo meritate» sussurrò Rafe, tentando di non concentrarsi sul desiderio che quel contatto aveva provocato. Lei lo guardò negli occhi.«Non ce n'è bisogno, Rafe. Dico davvero.»
Due dita lunghe e abbronzate le si posarono sotto il mento.
«Sappiamo entrambi che lo farò comunque.»
Allora Helena gli sorrise, incapace di resistere. Si sollevò sulle punte e gli sfiorò un angolo della bocca con le labbra. Rafe le posò una mano dietro la schiena.
«Sai che non devi farlo, Helena.»Quando lo baciava, lui si dimenticava delle convenzioni sociali e non la trattava più come una sconosciuta, ma come una conoscente a cui potesse rivolgersi con il tu. Quando lo baciava, lui dimenticava tutto il resto, ma quella volta non poteva permettersi di cedere. James sarebbe potuto uscire da un momento all'altro e li avrebbe di sicuro visti.
«Ma non sto facendo nulla» protestò Helena, vagamente delusa. Si divincolò dalla sua stretta e osservò il cielo dalla finestrella ovale nel corridoio.
«Ha smesso di piovere.»
Rafe strinse un pugno lungo il fianco.
«Tu sai che non possiamo farlo, Helena.»
«Già, lo so. Però voi vorreste farlo» replicò lei, senza voltarsi.
«Helena… »
«In fondo non ha troppa importanza quello che vogliamo noi, giusto?» lo interruppe lei, risentita. Rafe si domandò perché la vita fosse tanto ingiusta, talvolta. Gli aveva messo Helena sulla strada e ora gliela toglieva, e lo faceva senza preoccuparsi di quello che sarebbe accaduto poi. E per lei doveva essere lo stesso. Glielo aveva letto nello sguardo, il desiderio, il suo corpo parlava da sé. Ma era impossibile, proibito.«Stai per sposarti» sussurrò appoggiando la fronte contro il muro. «Stai per… »
«Sposarmi?» gli fece eco lei, con un groppo in gola. «Sì. Ma non voglio.»
«Non ha importanza se non lo vuoi, Helena.» Il tono di Rafe era profondamente amareggiato. «Devi rispettare il volere di tuo padre.»
Helena si voltò di scatto. «Se tu dicessi che vuoi sposarmi non dovrei seguire nessun volere.»
Rafe tornò a guardarla. Com'era arrivata a pensare una cosa simile? Come poteva credere che lo avrebbe fatto? Che avrebbe potuto?
«Io non potrei sposarti nemmeno se lo volessi, Helena.»
Lei emise un sospiro stanco. «Dunque non vuoi.»
«Non ho detto questo.»
«Lo hai fatto.»
Rafe le afferrò un gomito, attirandola verso di sé. Aveva uno strano sguardo, come se fosse… Come se fosse in collera.«Guardami. Se potessi lo farei oggi stesso.»
Helena indietreggiò, tentando di trattenere le lacrime che le bloccavano la gola. Non importava quello che diceva, non importava più dopo che le aveva espressamente fatto intendere che non aveva intenzione di sposarla. Ma come avrebbe potuto, dopotutto? Lei apparteneva a Bayard Mellins fin dall'inizio, era il volere di suo padre, di sua zia, di tutta la sua famiglia. Che stupida era stata! Rafe era stato pagato per condurla in un altro Stato, in un altro Paese, lontano da lì, era stato pagato per non rivederla mai più e lasciarla nelle mani di un altro uomo. Era quella, la cosa giusta e razionale cui avrebbe dovuto pensare, non perdere tempo dietro ad assurde congetture e sogni mentali su un futuro tra di loro. Di sicuro lui l'aveva sempre considerata una bambina, nulla di più; se l'aveva baciata era perché presumibilmente non giaceva con una donna da molto tempo. Una smorfia cinica le curvò le labbra, mentre la ragione, finalmente, prevaleva sul cuore.«Se non vi dispiace, signor Ellington, vorrei riprendere il viaggio domani mattina.»
E ciò detto, sollevò il mento e abbozzò un sorriso, prima di superarlo e scendere le scale che conducevano alla cucina.
Nel momento in cui Helena sparì lungo le scale, Rafe batté un pugno contro la porta con tale impeto da graffiarsi le nocche. Allarmato dal rumore, James spalancò la porta; accanto a lui, con i capelli scompigliati, Kate lo fissava attonita.«Cosa sta succedendo, Rafe?» gli domandò James, sinceramente turbato.
Rafe gli appoggiò le mani sulle spalle e strinse, guardandolo con occhi profondi e lacerati dalla tristezza. «Succede che la amo, ma non posso stare insieme a lei.»
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- IN REVISIONE - Cuore selvaggio
RomanceHelena Burren non sa nulla del mondo al di fuori del palazzo in cui è sempre vissuta. Così, quando, dopo la morte di suo padre, sua zia la informa che il vecchio l'aveva promessa in sposa ad un ricco aristocratico lontano dalla sua terra, il Devonsh...