Capitolo XIX: I sacrifici del corrotto

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Il viaggio di Ren durò più di una settimana. Dovette percorrere a ritroso la strada che aveva fatto con il suo gruppo per andare a D'vara. Superò la Grande Barriera tramite il Sentiero di Magron

"E questo quando è comparso?" si chiese oltrepassandolo.

Viaggiò da solo e incontrò molte creature e bestie impressionanti che avrebbero massacrato un normale viaggiatore, ma non lui. Lui le bestie le divorava a colazione. Raggiunse la grande città di D'vara e come aveva detto Maila trovò i suoi genitori alla guida della capitale. Gli offrirono rifugio e lui accettò più che volentieri, raccontando loro le avventure passate con la figlia dopo l'ascesa del padre. Infine raggiunse la vasta giungla di Kuma, la ricordava perfettamente come se fosse il palmo della sua zampa, nonostante fossero passati più di due anni. Ritrovò alcune delle sue trappole che contenevano delle ossa di bestie ormai polverizzate. La sua casa era nel bel mezzo della radura di un tempo; era infestata dalle piante, le quali la ricoprivano dalle fondamenta al tetto, ma non era in pessime condizioni. L'interno era più o meno come lo aveva lasciato prima di partire. Era tutto perfettamente in ordine, a parte il forte odore di muffa e di chiuso, inoltre delle vaste ragnatele adornavano il soffitto, rendendo l'atmosfera piuttosto lugubre. Pochissima luce filtrava dalla piccola finestra accanto alla porta, rendendo difficile vedere attraverso l'intrico di rovi e ragnatele. Estrasse il pugnale cautamente e iniziò a liberare la casa da quella stretta. Mentre tagliava quella selva naturale, qualcosa si avvicinò a lui lentamente. Non lo sentì arrivare e gli afferrò la caviglia destra, trascinandolo a testa in giù verso l'alto. Ren si dimenò furiosamente, cercando di amputare ciò che lo aveva afferrato.

"Una trappola ancora funzionante?" si chiese cercando di liberarsi, ma poi si rese conto che in casa sua non aveva mai piazzato alcuna trappola. Sentì provenire dei rumori da quella che una volta era la cucina e socchiuse l'occhio per vedere meglio. Sulla porta si materializzò una figura femminile dalle forme sinuose e snelle. La donna fece un gesto con la mano, e le piante gli afferrarono le braccia e l'altra caviglia, immobilizzandolo e facendogli perdere la presa sul pugnale. La donna gli si avvicinò sempre di più per vederlo meglio.

«Un altro stupido con cui giocare, mi piace...»

Ren aveva già sentito quella voce, ma non si ricordò dove.

«Chi sei?» chiese Ren.

«Questo dovrei chiedertelo io, visto che sei entrato in casa mia...» rispose la donna.

«Be', una volta questa era casa mia... ma poi me ne sono andato...»

«Sì vedi, non mi importano le storie dei viaggiatori che finiscono nella mia presa. Piuttosto passiamo ai fatti...»

La donna si avvicinò talmente tanto che Ren riuscì a vederla chiaramente in volto. Mentre gli stava afferrando la testa per portarla verso le sue labbra, Ren spalancò l'occhio sano e sul suo muso si dipinse un'espressione stupita.

«Zamira!» urlò.

Zamira si ritirò istantaneamente e squadrò di più il leone.

«Cosa? Ren? Potevi dirmelo prima che eri tu!»

Con un altro movimento del polso, la dama dissolse i rami che tenevano Ren prigioniero e lo posarono gentilmente sul pavimento. Si scusarono entrambi l'uno con l'altra.

«Scusami, non intendevo invaderti... non credevo che qualcuno vivesse più qui...» disse Ren raccogliendo il pugnale.

«No, scusami tu... non sapevo fosse casa tua. Prima era abitata da un umano, e ho dovuto ucciderlo perché avevo bisogno di un luogo in cui vivere. Ho abbandonato l'Accademia e perciò eccomi qui, ma con te è diverso, voglio dire, sei un campione e amico di Seana, non posso di certo ucciderti.» disse Zamira.

Gli eroi di Gritan - La catastrofe di ghiaccioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora