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Metto un po' in ordine la casa.
Poi esco.
Vado a fare spese.
Faccio una passeggiata al parco.
Fumo una sigaretta, ogni tanto ci sta.

La giornata tipica di Mario Serpa di quando ha il giorno settimanale di riposo.
Si, può sembrare abbastanza monotono. O forse effettivamente lo è.
Ma ogni tanto mi piace camminare nel verde, fare un tiro e buttare fuori l'aria. Toccarmi i capelli.
Rilassarmi, pensare e riflettere.

Magari rifletto su cavolate a volte.
Tipo sulla frase scritta su ogni pacco di sigarette.

"Il fumo uccide." "Il fumo fa male." "Il fumo danneggia gravemente chi ti sta intorno."

È una cosa alquanto incoerente, no?
E allora perché lo scrivono?
E soprattutto, davvero uno smette di fumare leggendo quella frase?
Ma per favore.

E perché la gente continua a comparle sapendo del pericolo che li avvolge?
Perché la gente se ne sbatte della frase?
Non si vogliono bene o amano farsi del male?

Eppure non c'è ancora nessun cuore che dica "meriti di stare bene." "Meriti di essere felice." "Meriti l'amore che dai agli altri."

Ancora nessuno che l'abbia scritto, ancora nessuno che l'abbia letto,
ancora nessuno che l'abbia sentito.

Mentre passeggio con le mie stupide riflessioni, ai miei piedi sento un oggetto che sbatte leggermente sulle mie caviglie. 
Un pallone.
Lo prendo tra le mani, mi guardo intorno per vedere di chi sia, ma non riesco a capire perché non si gira nessuno.

Poi dopo un minuto sento la voce di una signora.
-"Amore, ma dove hai messo la palla?"

E poi c'è un bambino che mi indica.
Penso abbia tre anni circa, non di più.
E la signora sposta lo sguardo dal bambino verso di me.
Poi si avvicina.

-"Penso sia vostro."
Dico io, rivolgendo un sorriso alla signora e al piccolo.

-"Sì, grazie. Scusami, ma non so proprio come fare, è un pestifero! Mi fa spendere tanti soldi per i suoi giochi e alla fine li butta ovunque."
Mi dice dolcemente.

-"Ma si figuri, posso immaginare.  È un bambino."
Mi abbasso, in modo da essere all'altezza del bambino, porgendogli il pallone.
Il piccolo si nasconde dietro alle gambe della mamma, è timido.

-"Dai amore di mamma, prendi la palla, su."
Lo incoraggia la signora, imbarazzata per quella scena.

-"Piccolo, mi dici come ti chiami? Io mi chiamo Mario."
Cerco di rompere un po' il ghiaccio, ma non sono molto bravo con i bambini.

Anche se mi piacerebbe avere una famiglia un giorno.
Avere un bambino che ti chiama papà. Che ti ama. Che ti abbraccia tutte le mattine dandoti il buongiorno con migliaia di baci. Accompagnarlo a scuola. Comprargli le macchinine e guardare i cartoni e i film dei supereroi insieme. Che si addormenta stringendosi a me, sul mio petto, sul mio cuore. E perché no, magari giocare anche a pallone nel parco proprio come sta facendo questa signora con suo figlio.

-"...Copo!"
Mi dice una vocina tenera.
Ed io non riesco a non sorridere.

-"Sarebbe Jacopo."
Aggiunge le signora.

-"È un nome bellissimo!"
Dico io, fingendo un tono stupito.

-"Mamma. Palla. Bimbo. Palla. Bimbo. Palla. Mamma."
Il piccolo chiede l'intervento della madre indicando me.

-"Sì amore, ho capito. Però il signore davanti a noi non è un bambino, stai attento. Mi scusi, non so come giustificarmi."
E la signora si scusa, ancora in imbarazzo.

-"Non si preoccupi. Anzi, a dirla tutta, non è neanche il primo che mi associa a tale appellativo."
La guardo e le rivolgo un occhiolino, poi do la palla a Jacopo.

-"Arrivederci. Ciao Jacopo."
Do una lieve carezza sulla testa del bambino, la signora ricambia i saluti e continuo la mia passeggiata.

Bimbo.
La parola magica.
Ed ecco che due occhi verdi, un ciuffo morbido, delle labbra meravigliose e un fisico mozzafiato annebbiano la mia mente.

Claudio Sona.
Ancora lui, sempre lui..Solo lui.

Ma come potrebbe, proprio lui, diventare parte delle mie giornate, della mia vita, di me?
Come potrebbe mai condividere il ruolo di padre insieme a me?
Sarebbe più facile vincere alla lotteria.

È fidanzato. Ci odiamo.
Ci vogliamo.
Ma, a volte, volersi non basta.
E finché c'è di mezzo Francesco, il suo volere non sarà mai abbastanza per me.

Cosa saremmo disposti a fare l'uno per l'altro? Cosa sarei disposto a fare io per averlo fisicamente? Claudio Sona si innamorerebbe mai di uno che non sopporta? Di uno come me?

Che sia chiaro: io non voglio mettere i bastoni fra le ruote a nessuno. Non sono uno a cui interessa far lasciare le coppie solo per delle stupide pulsioni.
Passerà. Claudio Sona passerà.

*

Passa una settimana.
Tutto procede secondo la solita routine.
La mattina dormo fino all'ora di pranzo perché la sera prima ho lavorato troppo.
Il pomeriggio lo alterno tra faccende domestiche o le solite passeggiate al parco.
La sera vado a lavorare, incontro i miei amici, incontro Claudio.
Ci stuzzichiamo, ci odiamo, ci lanciamo frecciatine, beviamo una cosa, scherziamo, ridiamo, balliamo insieme.
Poi quando mi accorgo che la situazione prende un'altra piega, scelgo di fare una cazzata.
Ossia quella di allontanarmi da lui e scopare un cliente a caso per sfogarmi e per non pensarlo.
Però è difficile.
Più si va avanti, più la situazione si complica.
Più si va avanti, più mi rendo conto che sono un coglione.
Più cerco di non pensarci, più vedo che tutti i clienti non sono Claudio.
Più si va avanti, più vedo che per cercare di far star bene lui, faccio del male a me stesso.

Però non parliamo mai di queste cose, ma forse è meglio così.
Di cosa dovremmo parlare? Del fatto che voglio portarmelo a letto ma che non lo faccio perché è fidanzato? Che non voglio essere egoista? Del fatto che anche lui mi vuole ma che non fa nessun passo se non lo faccio prima io? Del fatto che io scopo chiunque perché non posso scopare lui, ma puntualmente nella mia testa ci siamo noi che ci tocchiamo, vogliamo, baciamo? Del fatto che per colpa sua sto distruggendo me stesso?
Di cosa dovremmo parlare?

Qualcuno intento a prendere qualcosa da bere, mi porta a ricordare che in questo momento sono sul posto di lavoro e che non posso permettermi alcuna distrazione.
È sabato sera, il locale è strapieno di gente.
Claudio e tutti i nostri amici sono sempre qui. A ballare e a scatenarsi con l'altra gente.
E io ovviamente al bancone per soddisfare le ordinazioni dei clienti.

-"Mi prepari una piña colada?"
Urla una voce sovrastando la musica assordante.

-"Arriva subito!"
Rispondo subito io, pronto a svolgere il mio compito.
Poi la stessa voce, con un tono euforico mi dice...

-"No! Non ci credo. Tu guarda chi si rivede, Mario Serpa!"

Allora io alzo la testa dal bancone e quando vedo chi ho di fronte rispondo in maniera alquanto sorpresa.
-"Mattia..che ci fai qui?"

Salvami, ti salverò •Clario•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora