13 Capitolo

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Draco Malfoy detestava apparire, in qualsivoglia futile motivazione, scalfito nella sua glaciale imponenza. Essere privato di qualcosa che egli stesso considerava abitudinario nella sua vita corrispondeva ad un'infantile derisione alla sua tanto rinominata reputazione.
L'assenza di Blaise, quel giorno, gli appariva come una presa in giro alla sua monocromatica routine quotidiana. Non averlo come fedele compagno di banco, accompagnatore di schermaglie, o semplicemente come amico, lo rendeva più vulnerabile di quanto non volesse apparire.
Il giorno precedente era andato a trovarlo in infermeria assieme ad Hermione Granger, che con sua grande disapprovazione si era imposta severamente di non andarsene finché non sarebbe stata sicura che Blaise stesse bene, perciò di conseguenza aveva passato anche sin troppo tempo insieme a quella petulante e fastidiosa Grifondoro.
Eppure dentro di sé sapeva che, anche se in minima parte, avrebbe dovuto esserle quantomeno riconoscente, ma nel suo scolorito animo da Serpeverde preferiva non soffermarcisi troppo.
Blaise si sarebbe ripreso non prima di due settimane, che sicuramente per Draco corrispondevano a quattordici consecutivi infernali giorni di totale noia ed assenza di stimoli.
Il giovane posò scettico la tazzina di caffè che si era concesso per quell'ostile giornata, fissando i residui della bevanda sul fondo di porcellana. Non aveva mai seguito con grande interesse le inutili lezioni di Divinazione, ma non ci voleva molta fantasia per prevedere una sinistra settimana. Quel suo pensiero non lo considerava neppure pessimismo, più propriamente una sottospecie di sadico masochismo.
Ignorando il fastidioso ciarlare dei suoi compagni di Casata, si affrettò ad uscire dalla Sala Grande, non intenzionato a subirsi un'ennesima punizione per il suo abituale ritardo alle lezioni.
Giunto a destinazione, decise di sedersi al penultimo banco, per evitare eventuali distrazioni durante la trascrizione di una delle numerose lettere che da lì a poco avrebbe spedito a sua madre.
L'Armadio Svanitore era in fase di ristrutturazione, ma probabilmente prevedeva più impegno di quanto si sarebbe aspettato. Riflettendoci, però, a quale scopo avrebbe dovuto ripararlo? Sua madre non aveva la capacità di poter porre fine a quell'ingrata ingiustizia, condannati ormai a piegarsi al volere di Voldemort e dei suoi seguaci. Quelle che lui riteneva insignificanti domande, tuttavia, gli ronzavano in mente da giorni, tormentandolo perennemente.
Ma se solo lui avesse fatto come più avrebbe ritenuto giusto, avrebbe perso coloro che lui riteneva i suoi cari, più il legittimo nome di famiglia. Non era un buon figlio, lo sapeva e ne era consapevole, come sapeva inoltre che quel ruolo non gli calzava assolutamente.

«Signor Malfoy!» si sentì richiamare. Draco alzò lentamente lo sguardo, fulminando tutti coloro che lo fissavano con quell'innocente espressione ignorante, mentre sentiva dentro di sé rivoltarsi un vile sentimento, sempre più rumoroso e opprimente.
«Sì?» ringhiò, trattenendo a stento il fastidio che provava per quell'interruzione. Il professore, per quanto sconvolto, non sembrava esser toccato da quella glaciale occhiataccia.
«Le ho chiesto di rispondere alla terza domanda.» esordì l'adulto, fissandolo incolore dai suoi occhiali a goccia.
Draco si maledì per non aver neppure aperto il libro di testo. Si derise mentalmente da solo: impegnato a non arrivare in ritardo, non aveva provato neppure minimamente di vestire i panni del bravo alunno, serio e diligente.
«Non lo so.» sibilò, fissando le proprie braccia poggiate sciattamente sul banco.
«Le do una seconda possibilità, Signor Malfoy.» rispose dunque il professore, con un leggero tono di irritazione nella voce.
Il biondo iniziò realmente a rassegnarsi, pronto ad accogliere a braccia aperte l'ennesima infelicità di quella giornata, quando con la coda nell'occhio notò qualcosa saettare accanto a lui. Prima che potesse rendersene conto, i suoi riflessi da cercatore gli avevano fatto intrappolare tra le affusolate dita un pezzo di carta stropicciato.
"Amortentia", vi era scritto in corsivo, con affusolati ed eleganti caratteri. Sfidare la sorte non era di certo nelle sue priorità, ma tentare a volte poteva evitargli persino brutti scherzi. Quasi incredulo, si ritrovò ad incrociare le dita.
«Amortentia.» enunciò con apparente sicurezza, alzando gli occhi sul professore, il quale ricambiò con un'espressione di puro stupore.
«Complimenti, Signor Malfoy. La prossima volta, però, Signor Weasley, eviti di suggerire.» l'intera classe si voltò a guardare lo stesso, il quale aveva assunto un colorito invidiabile ai suoi stessi capelli.
«M-mi scusi...» balbettò Ronald, visibilmente infastidito per quelle attenzioni non richieste.
Draco, notando Harry Potter seduto a pochi banchi davanti a lui, sembrò capire che il destinatario del biglietto non era di certo lui. Gli scappò una flebile risata di scherno nei confronti di quello sciocco di Weasley, e tornò sghignazzando a concentrarsi sulla lezione. Non intuì, invece, che lo sciocco era proprio lui.
Proprio un banco dietro, Hermione si ritrovava a litigare silenziosamente, ma non meno animosamente, con il suo migliore amico Ronald, il quale stava fissando il biondo con aria sconcertata. La bruna, invece, stava indicando esausta Harry, distante qualche banco da loro.
«Ma perché lo hai lanciato a lui?» sibilò infastidito Ron, puntando l'indice della mano verso il Serpeverde seduto proprio di fronte a loro.
«Ad Harry! Harry!» sussurrava invece Hermione, guardando oltre il biondo, fissando esaurita il loro amico corvino, il quale sogghignava divertito a quella scena.
Draco ancora non lo sapeva, ma quella lezione non sarebbe stata esasperatamente lunga solo per lui.

«Malfoy, hai sistemato il libro nella categoria sbagliata.» sibilò Hermione Granger, sorpassandolo con una pesante pila di libri tra le braccia. Il Serpeverde si voltò a guardarla infastidito, e senza risponderle impugnò silenziosamente la propria bacchetta magica.
«Descendo.» mormorò. Istantaneamente i volumi posti sopra gli scaffali che sovrastavano il passaggio della Grifondoro, le scivolarono addosso, facendola urlare dalla sorpresa. Draco sghignazzò, tornando al proprio tomo di astronomia posizionato nella sezione sbagliata. Scocciato percorse metà Biblioteca, sistemando il libro nel posto apposito.
«Malfoy!» sentì riecheggiare in un angolo. Alzò gli occhi al cielo, riparandosi dietro ad un'altra pila di libri da sistemare. Odiava quella punizione, quasi quanto odiava quella fastidiosissima Grifondoro. Era da circa un'ora che sopportava il suo petulante discorso, che all'inizio riguardava lui e il suo scorretto modo di vivere e che ora si era inspiegabilmente dilungato sulle diverse branche della scienza dell'astrologo.
«Granger, capisco che parlare a quelle zucche vuote di Potter e Weasley possa essere quantomeno insoddisfacente, data la bassa quantità di neuroni presenti nel loro cervello. Tuttavia ciò non significa che tu possa destabilizzare la mia solitaria quiete da bravo Serpeverde.» borbottò ad alta voce, per farsi sentire. La sentì sbuffare, impegnata chissà a fare cosa, per poi cadere in un inquietante silenzio. Per Draco però non era affatto un problema, anzi, si beò di quegli improvvisi attimi di pace, mentre sistemava velocemente i tomi della biblioteca.
«Almeno li posassero dopo averli presi...» si ritrovò a dire a mezza voce, digrignando i denti.
«Malfoy!» ringhiò dietro di lui Hermione Granger, i capelli gonfi più del solito e il naso rosso per il freddo, arrivata da un punto a lui ignoto.
«Ma tu non muori mai?» sibilò con cattiveria il biondo, ignorandola deliberatamente. La Grifondoro non parve essere scalfita da quelle fredde parole.
«Io ho finito il mio lavoro, termina tu di sistemare quelli di Pozioni.» ordinò con aria saccente. Draco si trattenne dall'imprecarle contro, giusto per non peggiorare la sua situazione, e la fissò allontanarsi goffamente mentre si stringeva più al collo la sua sciarpa fastidiosamente tinta in rosso ed oro.
«Strozzatici con quella...» pensò ad alta voce, sbuffando. Si ritrovò a rabbrividire di freddo. Le temperature in quegli ultimi giorni erano drasticamente calate, e nella sua condizione non poteva permettersi di ammalarsi. Anche lui si strinse di più la sciarpa al collo, ma le sue dita non sfiorarono che l'aria fredda ed umida del castello.
Si tastò le spalle e la schiena in cerca della sua sciarpa, che supponeva essere stata erroneamente appesa sciattamente, ma non la trovò.

E la mia sciarpa?

Dramione - Three Empty Words Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora