Ad ognuno il proprio combattimento.

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Entrai in casa sbattendo con forza la porta e corsi nella mia camera senza salutare nessuno, sotto gli occhi allarmati dei miei genitori e del mio cane che invano cercò di seguirmi.

Charlie non adesso, pensai esausta.

Mi chiusi in camera e con calci nel vuoto riuscii a togliermi le scarpe, lanciandole chissà dove. Evitai con cura lo specchio e mi buttai malamente sul letto.

Così non va.

Con gli occhi chiusi, sentii qualcuno entrare piano nella stanza. Lo lasciai fare, non avevo voglia né forza per protestare finché il letto non accolse un altro peso. Ah, è mamma.

«Mi dispiace per l'entrata melodrammatica», sussurrai guardandola di sottecchi.

«Che cosa succede piccola?».

Sospirai, cercando di controllare l'accavallarsi di emozioni che avevo in gola.

«Mi sento schiacciata, mi manca il fiato. Di nuovo».

Aggrottò le sopracciglia fissandomi. «Da quale peso?».

«Cose stupide da adolescenti ma'», cercai inutilmente di liquidare la faccenda.

«Dalla tua faccia non direi che siano proprio così stupide».

«Mamma veramente non voglio parlarne e sono stanca, stanchissima».

Calò il silenzio e la sua mano si posò delicata sulla mia testa, accarezzandola dolcemente. Nascosi il viso, affondandolo nel cuscino, sono solo stanca.

In quel gesto semplice ma incredibilmente protettivo e amorevole, tornai piccola. Era quello di cui avevo bisogno, un attimo di totale abbandono in chi mi amava incondizionatamente, in chi non si nascondeva mai dietro a segreti o a sotterfugi, in mia madre.

«Non userò le solite frasi teatrali come...», cambiò repentinamente il tono di voce imitando chissà chi. «Non permettere a nessuno di ridurti così, che possono andar bene giusto su Facebook», bofonchiò strappandomi una risata e facendomi voltare piano verso di lei.

Sorrise di risposta e mi fissò, continuando. «Devi accogliere tutto il dolore ed ogni briciola che ne rimarrà perché, seppur insensato e inopportuno, il più delle volte fortifica e aiuta a crescere, altro che i libri e tutti quei manuali di scuola», mormorò facendo una smorfia di disappunto lasciandomi a bocca aperta.

«Non sto dicendo che devi smettere di studiare, non fare inutili salti di gioia, ma che l'esperienza nella vita reale è la lezione più grande di tutte e non possiamo perderla in nessuna delle sue sfumature. Sei triste? Va bene, questo è il momento di buttarsi giù. A volte serve inciampare o cadere per imparare a camminare e riprendere il via. Tra non molto dovrai però riconquistare il comando ed uscire da questa stanza col sorriso e con tutta la grinta che hai, oltre Nathan ok?»

Mamma probabilmente pensava che la mia fosse una ricaduta post-rottura con Nath, le sue parole erano comunque preziose per me e da quel momento le avrei sempre conservate gelosamente nel cuore.

«Non sopporto vederti così, ma non posso far altro che asciugarti le lacrime di tanto in tanto e restare a guardare la tua battaglia con la vita: nulla è stupido tesoro! Ad ognuno spetta il proprio combattimento e dopo un passo falso ed altri dieci incerti riuscirai a trovare il tuo momentaneo equilibro e sarà un successo», disse.

«Grazie mamma», alzai le braccia per stringerla forte e mi venne incontro, ricambiando la stretta. «Grazie», le sussurrai di nuovo.

Mi baciò la guancia e con delicatezza andò via, chiudendo la porta alle sue spalle e lasciandomi sola a pensare.

Quando passa l'InvernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora