Dating show.

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La mia irritabilità si poteva tagliare con mano. Ingurgitai la prima dose di caffè mattutina per trovare l'energia necessaria per prepararmi ed uscire da casa.

«Charlie aiutami tu», supplicai il mio cagnolone che di tutta risposta poggiò il muso sulle mie gambe coperte dal pigiama di flanella. «E la chiamano vita da cani, eh?».

Durante il fine settimana né Ethan e né Nathan si erano fatti vivi. Desideravo davvero con tutta me stessa che, dopo il confronto imbarazzante nella mia camera, risolvessero il loro passato a quattr'occhi, ma un messaggio tipo:"Ciao Elena, buona domenica", potevano anche inviarmelo. Ero infastidita.

Certo a Nathan aveva dato un buon alibi per sparire, lo avevo praticamente cacciato dalla stanza senza proferire alcuna parola dopo quel bacio.

Mi toccai le labbra al pensiero e abbassai lo sguardo verso la tazzina ormai vuota.

«Perché sembra che un camion ti sia passato sopra?», domandò mio fratello Joe versandosi quel poco caffè, che gli avevo gentilmente lasciato, nel latte.

Ma quando è entrato in cucina?

Feci una smorfia. «Non è un buongiorno. Non sfidarmi».

Mi alzai di scatto, trascinando la sedia rumorosamente verso il tavolo. Sola, mi osservai allo specchio dell'ingresso e potei constatare che tutti i torti lo scimmione non ne aveva.

Joe mi seguì, uscendo dalla cucina. Sbilanciò il suo peso su una gamba e poggiandosi al muro, mangiò un biscotto continuando ad osservarmi divertito.

Assottigliai lo sguardo. «Attento che ti strozzi».

Mi ignorò. «Hai preparato le cose da mettere in valigia?».

Quale valigia? Sentii spuntarmi un punto interrogativo sulla fronte e anche mio fratello lo notò visto che mosse la testa in segno di esasperazione.

«Ti ricordi che dobbiamo partire domani oppure hai deciso di farmi un favore e rimanere a casa?».

Sbattei la mano sulla fronte. Londra, caspita me ne ero proprio dimenticata. Nascosi il viso con entrambe le mani, cercando di rendere innocente la mia sbadataggine.

Ma dove ce l'ho la testa?

«Eh me lo chiedo anche io, finisciti di preparare che dobbiamo andare».

Scoprii il viso e spalancai gli occhi. Come ha fatto?

La noiosa lezione di biologia era da poco terminata, cercai di finire velocemente la lista delle cose che dovevo portare a Londra, prima di cambiare aula e dimenticarmene.

«Aggiungi la testa», esclamò Liz ridendo. «Tuo fratello mi ha detto di tenerti sott'occhio e di aiutarti a fare la valigia. Elena come è possibile dimenticarsi di un viaggio?».

«Nathan mi ha baciata», ecco. Chiusi gli occhi assaporando quel meraviglioso silenzio prima che...

«COOOOOOOSA?».
Liz uscisse fuori di senno.

La ignorai, sistemando la lista incompiuta nello zaino per uscire dalla classe. Mi seguì come un'ombra.

«Mi devi rispondere».

«Ma non hai lezione?», replicai infastidita.

Non sopportavo le domande insistenti della mia amica.
La osservai piccata. Si grattava il mento pensierosa.
Ed ora cosa le frulla nel cervello?
Decisi di farmi gli affari miei finché non ricominciò a parlare.

«Qualcosa non mi torna».

«Benvenuta nel mio mondo privo di certezze», bofonchiai cercando il manuale di letteratura nell'armadietto. «Ma dove l'ho messo?».

Mi spostò delicatamente, prese il libro che cercavo e me lo passò.
Riguardai sconcertata tra i due scaffali, c'è un passaggio segreto qui dentro?

«Adesso ascoltami due secondi per favore».

Annuii. Dove lo ha trovato? Non c'era fino a due secondi prima!

«Hai detto che Nathan ti ha baciata, ma Ethan lo sa?».

Rivolsi nuovamente lo sguardo verso di lei, riflettendoci su. «No, non lo sento da venerdì».

Come glielo dico? "Ciao Eth! Ti trovo bene. Sai che quando te ne sei andato la scorsa sera, io e Nathan ci siamo baciati appassionatamente? Cosa hai mangiato oggi a pranzo?".

«Ah bene, rimane comunque strano», rispose aggrottando le sopracciglia.

«Ma cosa?», sbottai.

«Che quei due parlino come se fossero amici», rispose con ovvietà.

In quel momento fui io ad urlare. «COOOOSA?».

Liz mi guardò sorpresa. «Ah non ne sapevi nulla?».

«La mia faccia ti dice forse il contrario?», indicai a mano aperta il mio viso dall'espressione sconvolta.

Parlano come amici in pubblico, da non crederci.
Misi una mano sopra al petto e presi un respiro profondo.

«Ero convinta che lo sapessi, cioè stai sempre con loro, avete un rapporto così intimo. Adesso che ci penso fai parte di un triangolo Elena, è ora di compiere una scelta!». La mia amica si illuminò di colpo come se la mia vita sentimentale fosse un dating show di basso livello.

«Ma di cosa parli?».

«Elena pensaci un attimo, provi qualcosa per entrambi e loro per te. Non puoi continuare a stare con due piedi in una scarpa».

Sorrisi. «Forse volevi dire con un piede in due scarpe».

Scosse la testa e alzò le spalle. «L'importante è che hai afferrato il concetto».

Annuii. «Quando sarà il momento ci penserò, adesso lasciami andare a lezione».
Alzò il pollice in segno di approvazione. Finalmente ero libera dalla mia amica squilibrata.

«A dopo!», la salutai andando via.

«Ricordati che vengo a casa tua, dobbiamo fare la valigia», alzò di due toni la voce per farsi sentire da lontano.

Mi girai verso di lei, camminando per qualche passo al contrario, giusto il tempo di alzarle il dito medio e scontrarmi contro un muro.

«Piccola ti stavo pensando proprio adesso e tu mi cadi tra le braccia».

Quello che mi sembrava un muro era il petto di Nathan, arrossii di colpo. La mia vita è un gigantesco cliché.

Non volevo guardarlo in faccia, avrebbe notato il mio imbarazzo. Una ottima scusa per essere presa in giro da qui all'eternità.

Mi misi in piedi, cercando di darmi un contegno e a sguardo basso lo salutai.
Voltandomi, mi alzò delicatamente il mento con le mani e l'ombra di un sorriso malizioso comparì sul suo viso da schiaffi.

«Tutto bene?», era particolarmente divertito.

«Stavo andando a lezione e già sono in ritardo», risposi guardandogli il naso, le guance, la barba che stava crescendo. Tutto eccetto le labbra e gli occhi, non ponevo una grande fiducia nelle mie forze, non potevo correre rischi.

Eravamo rimasti impalati nei corridoi, il mio viso era ancora tra le sue mani, quindi trattenni il respiro e feci un passo indietro.

«Ci vediamo più tardi», continuai.

Mi mise una mano sulla spalla e mi sentii improvvisamente paralizzata.

«Ti andrebbe di passare la pausa con me e Ethan? Dobbiamo parlarti», mormorò con tono dolce.

Deglutii a fatica. «O-ok, a dopo allora».

«A dopo El».

Troppo fisico, decisamente troppo fisico. Ho bisogno di respirare.

Quando passa l'InvernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora