Che bambini.

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Ai miei genitori dissi che sarebbe venuto Ethan a trovarmi dopo cena, erano così entusiasti di rivederlo. Fin troppo entusiasti.

«Ah quel fantastico ragazzo, perché vi ostinate a essere solo amici?», domandò mia madre facendomi alzare gli occhi al cielo.

Papà sorrise. «Infatti! E' veramente in gamba e tifa Chelsea. Mica come quel disgraziato di... Come si chiamava? Coso?».

«Coso va bene, papà».

Coso entrerà dalla finestra stasera, lo sai papà? E non è mica la prima volta.

Mamma lo fissò con disappunto. «Nathan tesoro, si chiamava Nathan. Un gran bel ragazzo, ancora devo capire perché vi siete lasciati... Ti guardava con quello sguardo da innamorato», si concesse un attimo di imbarazzante silenzio per rifletterci sopra.

Silenzio immediatamente rotto da Joe, che iniziò a tossire nervoso.

Chissà in quanti modi diversi avrà pensato di minacciarlo in tutto questo tempo.

«Ma Ethan è tutta un'altra storia, un giovane così... Così adorabile e bello, molto bello. Mia figlia ha degli ottimi gusti», concluse soddisfatta.

«Come la mamma», aggiunse papà guardandola compiaciuto.

«A pensarci bene Eth sarebbe il cognato ideale», si intromise Joe in quella che doveva essere semplicemente una cena di famiglia e non un teatrino su chi dovesse essere il mio futuro fidanzato.

Avvampai. Mio fratello apprezza Ethan? Qualcosa non mi quadra.

Abbassai la testa e presi un profondo respiro. «Ok, ok. Vi siete sfogati abbastanza? Quando arriva quel poveraccio, evitate di dire queste cose», mi alzai da tavola e li sentii ridere. «Grazie».

Attacco di panico.
Diamine, ma come mi è venuto in mente?
Fra poco saranno entrambi qui, nella mia stanza.

Erano vittime dei casini combinati dai genitori, per usare alla lettera le parole di Ethan, e allora che senso ha non rivolgersi più la parola ed arrivare ad odiarsi?

Mi uccideranno lo so, chi lo farà per primo? Magari organizzare il mio omicidio sarà per loro un modo divertente per riavvicinarsi, no?

Mi presi la testa tra le mani. La parte vigliacca di me aveva unicamente voglia di correre a nascondersi.

Chi me lo ha fatto fare? Sentivo il cuore uscire fuori dal petto e la fronte inumidirsi di sudore.

Elena calmati e respira, maledizione.

Bastò il suono del campanello per svuotare di colpo ogni traccia di pensiero nella mia mente e farmi correre verso la porta.

Oh cazzo, uno è arrivato.

Abbassai la maniglia e a due passi da me uno sguardo incredibilmente dolce mi trafisse.

Elena questo non è ancora il momento per smettere di respirare.

«Ciao Ethan», lo abbracciai forte.

«Perdonami per qualsiasi cosa uscirà dalla bocca dei miei genitori». Coccolata sul suo petto lo immaginai sorridere. «E a qualsiasi cosa succederà stasera», aggiunsi in un sussurro.

Mi baciò i capelli e ci staccammo controvoglia. «Stai tranquilla, dove sono piuttosto?», mi domandò divertito.

«In cucina, sono felici di rivederti».

Si grattò la testa imbarazzato. «Beh, è da tanto che non vengo qui», sorrise amareggiato. «Mi mancava questa casa, ma non quanto mi mancavi tu», aggiunse.

Arrossii e iniziai a balbettare senza controllo.

Elena tra poco arriva Nathan, devi pensare alle cose serie. Hai un compito da portare a termine.

«Andiamo a salutare i miei, poi saliamo in camera così possiamo parlare con calma».

«Va bene, ma cosa ti rende così nervosa? E' successo qualcosa?», aveva un tono ansioso, febbrile. Mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, aspettando una mia risposta.
Ero ancora sorpresa dal modo in cui mi conosceva.

«N-no, no. Sono soltanto nervosa per quello che dobbiamo dirci», confessai in difficoltà una mezza verità.

Accennò un sorriso sghembo. «Non sarà la fine del mondo».

Quando finalmente i miei genitori ci lasciarono andare in camera, Joe uscì miracolosamente da casa.

Bene, lui poteva essere un problema.

Aprii la porta della stanza e... CAZZO.

«Elena, lui cosa sta facendo qui?», sbottò Ethan.

Nathan era sdraiato sul divano della mia camera e giocava distrattamente con il cellulare. Mi stava aspettando.

Si mise seduto mantenendo lo sguardo fisso su Ethan. Sembrava essere su tutte le furie. Ops. 

Chiusi immediatamente la porta alle mie spalle, nel panico.

«Eroe mi ha invitata lei», ringhiò a denti stretti. Poi mi rivolse la sua attenzione. «El da dove ti è venuta questa brillante idea di fare una rimpatriata?».

Elena respira.

«Nathan innanzitutto ti prego abbassa la voce, se i miei ci scoprissero...»

«Ti ucciderebbero, lo so. Lo dici sempre», concluse Nath al mio posto.

Ethan sbarrò gli occhi, sorpreso. «Sempre? Quante altre volte sei entrato di nascosto?».

Un sorriso malizioso si aprì sul volto di quel che era lo stronzo del mio ex. «Ah, non ne hai idea», disse provocandolo.

Eth chiuse gli occhi per qualche secondo e poi, accennando un sorriso incerto, diresse nuovamente lo sguardo verso di lui. «Certo, ha senso. Con i suoi genitori si vergogna di te e con Joe... Beh lui ti vorrebbe quasi morto. A proposito El, tua mamma mi ha invitato domenica a pranzo».

Roteai gli occhi. Che bambini.

«Smettetela. Se siete qui non è per fare la gara a chi è più uomo».

«Beh,  sono sicuro che anche in quel caso vincerei a mani basse. Il tuo migliore amico preferisce pettinarti i capelli piuttosto che...».

«NATHAN», lo fulminai. Quando fa così diventa insopportabile.

Alzò le mani in segno di scuse. «Ok, vai avanti».

«Hai ancora quell'assurda idea di voler chiarire una storia che non ti riguarda Elena?», mi domandò Ethan, ignorando l'ennesima provocazione di Nath.

«Certo e non vi farò uscire da qui finché non capisco tutto quello che c'è sotto a cosa Eth? Chilometri e chilometri di terra?».

Serrò la mascella. «Perché mi hai fatto questo?».

«Perché per stare con voi ho bisogno di sapere la verità», confessai.

Nathan sorrise falsamente. «La verità te la dirà Ethan, è il tuo migliore amico, non capisco nemmeno il perché abbia aspettato tutto questo tempo. Non le avevi promesso amore e sincerità quando eri lì, pronto a consolarla?».

Lo sguardo di Ethan si accese di rabbia e con due falcate raggiunse il viso di Nath.

Vi prego, non complicate ulteriormente le cose. Non vi uccidete, ammazzate me.

«Consolarla da come l'avevi ridotta? Dallo schifo che avevi fatto? Potevi pensarci tu, tra una ripresa con la videocamera e l'altra, no?»,

Touché.

Nathan si alzò dal divano, rivelandosi pochi centimetri più alto del mio amico.

«Che le dovevo dire? Ciao Elena, ho una madre pazza e mio padre è scappato di casa, ma non correre via da me ti prego, perché mi sto innamorando di te?».

Rabbrividii. «Tua madre non è pazza».

Catturai magicamente la loro attenzione. «Cosa?».

Fissai Nathan. «Elenoire non è pazza».

Quando passa l'InvernoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora