IL GRAN GIORNO.

1.9K 72 55
                                    

Il gran giorno arrivò.
Salutai mia madre con un abbraccio, davanti al portone di casa. Non mi avrebbe accompagnata lei alla stazione quella mattina, ma zio Frederick.

Non smetteva di piangere, neanche all'arrivo di suo fratello. Continuava a singhiozzare. Il suo viso era un misto tra felicità e tristezza allo stesso tempo.

Io e lo zio raggiungemmo la stazione di King's Cross di Londra, dove avrei dovuto prendere il treno Express Hogwarts dopo aver superato il binario 9 3/4.

Tutto questo era scritto sulle indicazioni stradali, chiuse nella lettera di zia Sibilla. In realtà già sapevo come funzionava, ma in quel momento ero talmente euforica che dimenticai le cose più banali.

«Fai la brava» mi disse zio, salutandomi con un bacio sulla guancia. «E occhio ai nemici, ma ancor di più agli amici.» sorrise, e io ricambiai senza dire una parola.

Mi aspettava un lungo viaggio, era mattina presto ma sarei arrivata sicuramente per cena.

Per tutto il viaggio rimasi da sola, in un vagone vuoto. L'ultimo per precisare. Dentro di me speravo di incontrare Harry, Hermione, Ron, o anche solo uno di loro. Ma così non fu e rimasi a leggere uno dei libri che avevo comprato prima di partire.

«Primo anno, Primo anno! Di qua! Primo anno!» Scesi dal treno e sentii un uomo dalla voce potente urlare. Sapevo di chi si trattasse: Hagrid. Un individuo grande e grosso, con la barba lunga, i capelli scuri e gli occhi neri come la pece.

«Neville, non sei del primo anno! Non fare il furbo! Torna indietro.» si lamentò con tono scherzoso. Era una persona dolce, più docile anche di un neonato.

Non feci a meno di sorridere osservando quella scena così buffa, a parer mio. Mi ricomposi subito però, non mi piaceva far vedere agli altri il mio lato vulnerabile e sensibile.

«Vivian!» esclamò Hagrid con tono sorpreso, vedendomi sorpassarlo senza degnarlo di uno sguardo. Erano passati troppi anni, mi misi vergogna, avrebbe potuto non riconoscermi.

«Da quanto tempo! Caspita, come ti sei fatta grande! Che ci fai qui? Sono felice di rivederti!»

«Hagrid» lo salutai con un mezzo sorriso, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo. «Sono felice di rivederti anch'io, mi sei mancato.» ammisi, un po' perché mi sentivo in colpa e un po' perché era vero.

Nel mentre ci dirigevamo ad Hogwarts gli studenti fecero il loro gruppetto, tranne me ovviamente, poiché non avevo conosciuto nessuno di nuovo.

Quando vidi la grande costruzione, mi sentii come a casa e finalmente mi sentii felice, come immaginai.

Restai a guardare per più di dieci secondi il grande castello in mezzo alle montagne. Si intravedevano arcate, vetrate e torri. Era diviso in due zone da sottili ponti e si affacciava sul lago Nero, che io trovavo a dir poco affascinante. Molti non la pensavano così, però.

Il castello era sempre stato protetto da incantesimi di protezione, fatti per lo più dalla professoressa McGranitt e dal preside Albus Silente.

Li ho sempre visti bene insieme a quei due, peccato che tra loro non ci fosse niente e fosse solo una mia fantasia.

Quando arrivammo all'interno, prima del banchetto di iniziazione, si sarebbe dovuto tenere lo smistamento nelle rispettive case: serpeverde, tassorosso, corvonero e grifondoro.

Solo per i nuovi arrivati, ergo quelli del primo anno. In quell'anno, in ogni caso, come nuova arrivata c'ero anch'io. Pensavo, però, che il cappello parlante mi avrebbe messo nella stessa casa di sei anni prima.

Il cappello parlante, era appunto un capello magico, che poggiato a turno sulla testa di ogni nuovo studente assegnava la casa più appropriata a lui.

Scrutava nella mente, valutava le caratteristiche e le qualità della persona in questione. Il cappello non si sbagliava mai.

C'era un mucchio di studenti davanti alla professoressa McGranitt, non invecchiata di una virgola, che aspettava di essere chiamato per conoscere il dormitorio nel quale sarebbe andato.

Gli altri studenti, invece, erano seduti ai rispettivi tavoli. Alcuni seguivano la cerimonia, altri morivano dalla voglia di addentare tutto quel delizioso cibo che si faceva largo sulle tavolate.

Io preferii rimanere vicino alla soglia dell'enorme portone della sala da pranzo, da sola, ancora. Fino a quando non sentii pronunciare il mio nome: «Vivian Gallagher?» questo mi sorprese. Non ero del primo anno, bensì del sesto. Non poteva essere.

«Vivian Gallagher?» ripeté nuovamente, stavolta con tono più freddo e deciso, la professoressa. Mi feci avanti e tutta la scuola si girò verso di me. Alla mia destra vidi girati anche Harry, Hermione e Ron al tavolo del Grifondoro. La nostra casa.

Ron mi guardò per un secondo, disse poi qualcosa ad Harry a bassa voce, ma quest'ultimo non si mosse. Fece come se non l'avesse sentito.

Vidi pure, a pochi metri davanti a me, zia Sibilla al tavolo dei professori cercare con lo sguardo sua nipote. «Eccomi, presente.» inghiottii il groppo che mi rimase in gola. Mi salii l'ansia e il cuore non smise di battere neanche per un secondo. Penso che fossi più agitata io, di quei nuovi piccoli maghi.

«Oh, signorina Gallagher! Venga qui, per favore!» mi incitò la McGranitt. «Su, Su, in fretta! Non abbiamo tempo, si muova!» fece segno con la mano di raggiungerla.

La raggiunsi, mi sedetti sullo sgabello di legno antico e rovinato, mi venne messo sul capo il cappello parlante che iniziò subito a fare le sue osservazioni.

«Mh, Vivian, che bello riaverti qui!» guardai il pavimento, molti occhi erano puntati addosso a me. «Sei cambiata, i tuoi ideali lo sono. Sei più coraggiosa, sei più astuta e più intelligente. Fiuto una voglia irrefrenabile di avventura, e un pizzico di follia. Dove ti colloco?» fece una piccola pausa.

«Serpeverde!» gridò pochi secondi dopo. Per un secondo il mio cuore perse battiti, non sarei stata con i miei amici di sempre e questo mi dispiaceva. Speravo di riallacciare il rapporto, ma le mie speranze andarono in fumo.

Mi incamminai verso il mio tavolo, intanto lanciai uno sguardo ai tre e sorrisi, loro ricambiarono.
Tutto il tavolo del Serpeverde applaudiva, urlava e rideva, tranne uno.

Non era cambiato neanche lui, forse di poco. Era più alto, poco più muscoloso, ma sempre lo stesso. Stessi capelli biondo platino, stessi occhi blu, stesso sguardo minaccioso e stessa aria da arrogante.

Mi chiesi se avesse dato ancora fastidio ad Harry nel mentre ero via, mi risposi subito da sola.

Draco Malfoy non sarebbe cambiato mai.

You Saved Me. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora