UN SECONDO ANNUNCIO.

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Io sono un guerriero
Veglio quando è notte
Ti difenderò da incubi e tristezze
Ti riparerò da inganni e maldicenze
Ti darò certezze contro le paure
Per vedere il mondo oltre quelle alture
Non temere nulla io sarò al tuo fianco
Con il mio mantello asciugherò il tuo pianto

«Alzati, devo parlarti.»

Eravamo nella sala Grande. Draco stava mangiando e parlando allegramente con i suoi amici. Accanto c'era anche Blaise, che alzò lo sguardo prima di lui.

Smise di ridere e si alzò, dicendo agli amici che sarebbe tornato in un lampo. Juliet mi aveva detto di restare seduta a tavola, o mi sarei potuta prendere una punizione da qualunque professore. Ma non riuscivo a vedere Malfoy, a ridere e scherzare, mentre io avevo un dubbio gigantesco nella mente.

«Come mai tutta questa fretta? Già ti manco?» cercò di essere spiritoso, fece solo la figura dello stupido. Con quella frase aumentò il mio nervoso.

«Non devi dirmi niente, Malfoy?»

Doveva dirmi qualcosa eccome, ma ero certa che non me l'avrebbe mai detto di sua volontà.

«Mh, no. Cosa dovrei dirti?» chiese, facendo un'espressione pensierosa, prendendomi in giro.

«Forze dovresti dirmi che possiedi il terzo anello. Anzi, che l'hai sempre posseduto, fin dall'inizio.»

Ghignò, facendo un passo in avanti. «Mi piace quando scopri le cose in ritardo, e ti arrabbi.»

Rimasi così delusa dal suo comportamento.

«Se me l'avessi detto ieri avrei distrutto anche quello. Perché non l'hai fatto?»

Iniziai a gesticolare, e non era un buon segno. Quando diventavo nervosa iniziavo a farlo, parlando velocemente. Al contrario di quando ero triste, che sarei stata capace di rimanere in silenzio per una giornata intera.

«Perché le cose le faccio quando dico io, e non quando me le ordinano gli altri.»

Non aveva senso comportarsi in quel modo. Era tornato il Draco dei primi giorni, quello spavaldo, arrogante, fastidioso. Lo guardai delusa, arrabbiata e lo sorpassai. Tornai a sedermi, e chiesi a Juliet se volesse l'ultimo pezzo di pizza rimasto nel mio piatto. Negò chiedendomi cosa non andasse, le risposi che non ci fosse nulla di cui preoccuparsi. Ma era ovvio, lei aveva assistito alla scena. Aveva visto mentre stavo parlando, per meglio dire discutendo, con il biondo. Anche il più ignorante degli ignoranti, avrebbe potuto capire che il mio malessere provenisse da quel ragazzo.

«Un momento, per favore, tutti zitti! Per seconda volta in un anno, ho un annuncio da farvi.» si alzò in piedi, la professoressa Minerva McGranitt. «Andrò dritta al sodo. Dato che siete stati dei bravi alunni, abbiamo deciso di farvi andare a casa per questo weekend, per passare un po' di tempo con le vostre famiglie. Usufruite al meglio questa opportunità, i vostri genitori verranno informati due ore prima del vostro arrivo. Grazie dell'ascolto, vi lascio ai vostri discorsi.»

Mi voltai senza pensarci verso Malfoy. Aveva smesso di parlare, ed era sbiancato in viso. Sembrava essere preoccupato, infastidito, per nulla contento della notizia. Al contrario di Juliet.

«Che bello! Non vedo l'ora di andare a trovare i miei genitori e a salutare i miei nonni! E tu, Viv?»

Non spruzzavo gioia da tutti i pori, non ero triste, ma neanche entusiasta. Almeno avrei potuto chiedere spiegazioni a mia madre su suo padre. Era suo dovere dirmelo, ed era mio diritto sapere. Ogni qualvolta nominavo tu-sai-chi si arrabbiava e mi diceva di non farlo, perché era il male. Era sangue del suo sangue, questo non capiva. Nella mia famiglia il male era esistito da sempre, tutti noi eravamo il male. Eravamo, oramai, maledetti.

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