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Finito il lavoro saluto Michael e gli altri ragazzi per dirigermi poi alla macchina e mettere in moto una volta salita. Quello che mi deve dire Jason mi spaventa a morte. Che accidenti è successo? Guido in silenzio, senza musica, guardandomi intorno ma nessuno sembra fare caso a me. Sono sempre molto paranoica quando si tratta di Jason, non posso farci niente.

Arrivo a casa sua, al suo appartamento, e parcheggio nel posto auto, stringendo a me la borsa, sentendomi osservata ma so benissimo che è soltanto una mia impressione. Arrivo davanti alla porta di casa e suono, mentre il cuore mi martella nel petto a ritmo costante. Mi sento svenire.

Jason mi apre con uno strano ghigno sul volto ed io rabbrividisco.

<< Hai scoperto qualcosa sull'omicida delle modelle?>> mi chiede una volta entrata. Io scuoto la testa.

<< No, ma pensiamo ci siano altre persone coinvolte>> e detto questo mi siedo sul divano mettendo una gamba sopra l'altra. Accetto la birra che mi porge, poi Jason si siede sul tavolo della cucina e prende il portatile, girandolo nella mia direzione per farmi vedere lo schermo.

Vedo una foto segnaletica di un uomo che non conosco. Sono confusa e aggrotto le sopracciglia. Jason sorride, mordendosi il labbro poi si rivolge a me.

<< Questo è Mark, l'uomo che avete arrestato qualche mese fa, quello che ha bruciato i resti di sua moglie dopo averla uccisa. Adesso è agli arresti domiciliari, e voglio che tu sbrighi il lavoro per me>> dice serio, incrociando le braccia davanti al petto. Lo osservo poi guardo la fotografia. Ora so perché mi ha chiamata e di cosa voleva parlarmi. Ora che ho un compito mi sento più tranquilla, anche se devo ancora compierlo.

<< Va bene, dammi l'indirizzo>> dico seria. Jason sorride, inumidendosi le labbra e alzandosi dalla sedia per prendere un foglio ed una penna.

<< Usa sempre i guanti. Non ho avuto tempo di prenderti la roba, non lo puoi uccidere al solito modo>> dice serio, allungandomi il foglio con su scritto l'indirizzo. Non è lontano.

<< Va bene>> dico, pensando che posso fingere che si sia trattato di un suicidio. Prima di lasciarmi andare Jason mi allunga una pistola carica, forse leggendomi nel pensiero. Mi capita spesso di recente e non capisco perché.

Esco dalla casa di Jason con una nuova missione.

Una volta arrivata alla mia auto, prendo gli abiti giusti dal bagagliaio, poi mi cambio in macchina, raccogliendo i capelli in una coda alta. Poi metto in moto l'auto, diretta alla casa di Mark. Sono soltanto le 21, ho tutto il tempo di ucciderlo, tornare a casa, fare una doccia e andare a letto. Dopo aver mangiato qualcosa si intende.

Senza l'aiuto di Jason mi sento un po' smarrita, ma non è la prima volta che uccido senza di lui. Ce la farò.

Arrivo a casa di Mark e accosto, cercando parcheggio e quando scendo mi sento svenire dall'ansia. Continuo a ripetere a me stessa che ce la farò, che riuscirò nella mia impresa e farò felice Jason, il quale aspira ad eliminare la feccia umana servendosi di me.

Ci siamo conosciuti tre anni fa, quando sono andata a trovare mio padre in prigione. Jason ha ucciso l'uomo abbietto che ha ucciso mia madre a colpi di pistola. Una pistola molto simile a quella che ho io adesso. Me la infilo nel retro dei pantaloni, poi mi infilo i guanti di lattice che uso in laboratorio e mi avvio alla casa di Mark.

Appoggio una mano coperta dai guanti sulla maniglia, poi provo ad abbassarla e la trovo aperta. Sorrido, mi ha tolto il peso di scassinarla. Entro in casa e sento delle voci provenire dal salotto, segno che sta guardando la televisione.

Quando entro in salotto trovo quell'uomo seduto sul divano, intanto a ridere nel guardare uno stupido programma alla televisione. Devo dire che il vecchio modo di rapirlo e legarlo mi manca, ma devo fare presto, sono stanca e domani mi aspetta una lunga giornata di lavoro. Accanto a lui, sul tavolo c'è una pistola.

The serial killer Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora