Capitolo 17

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LA VITA SEGRETA DI UN RIVOLUZIONARIO

Parte VIII: Joly.

Joly si sentiva in colpa. Aveva mentito a Bossuet.
In realtà era stata solo una piccola bugia, ma non riusciva a non pensarci.
In fatto è che quando l'altro si era dichiarato aveva usato come complemento di tempo 'negli ultimi mesi' e anche lui gli aveva risposto usando lo stesso. Dopotutto non poteva mica confessargli di averlo amato dal primo istante in cui lo aveva visto, anche se ci aveva messo un bel po' a capire cosa fosse quel sentimento.

Era stato il suo primo giorno di scuola superiore, quando l'altro, con la sua infinita sfortuna, era riuscito ad arrivare tardi a scuola e così l'unico banco libero rimasto era quello accanto al suo, che nessuno voleva perché di fronte alla cattedra. Allora gli si era seduto vicino, guardandolo con quel meraviglioso paio di occhi verde chiaro che non sarebbe più riuscito a dimenticare, e poi accidentalmente lo aveva sfiorato. Mentre apriva il quaderno la sua mano aveva toccato la sua. Aveva provato un brivido lungo la colonna vertebrale ed era tremato leggermente. Da quel giorno era innamorato perso.

Il problema era che non solo Bossuet non condivideva i suoi sentimenti, ma era anche etero, come dimostravano le numerose ragazze che aveva avuto durante l'arco delle superiori. Così anche lui aveva provato ad iniziare a uscire con Musichetta, persino a farsela piacere, ma non c'era stato verso: lui amava Laigle.
Una volta era stato addirittura friendozonato. Ricordava quel giorno come se fosse stato ieri.

Era un bigio pomeriggio di novembre, durante il secondo anno della loro convivenza, avevano circa diciassette anni, e lui era seduto al tavolo della cucina a studiare, mentre l'amico si annoiava sul divano. Infatti lui era sempre stato un maniaco della perfezione nello studio, ma in modo diverso da Combeferre. Infatti, mentre la Guida si premurava di far sapere a tutti che doveva studiare, innervosendosi se veniva disturbato, lui cercava di non farlo pesare a nessuno. Se per esempio gli chiedevano un favore e lui doveva fare i compiti accettava comunque, e poi la notte si alzava in punta di piedi e lavorava a lume di una piccola lanternina led, una di quelle cinesate che danno l'impressione di potersi rompere solo respirando.
Invece Bossuet non era esattamente un patito dello studio. Faceva i compiti, sì, ma quel tanto che bastava per prendere sei, sette quando proprio ne aveva voglia. Lui invece puntava sempre al massimo, nonostante questo gli costasse molta fatica.

Ad un tratto l'amico gli aveva lanciato un cuscino. Lui si era limitato a lasciarsi sfuggire un sorriso e a rilanciarglielo.

-Suet, devo studiare- aveva sospirato, dandosi mentalmente dello scemo per essere troppo innamorato per sgridarlo a dovere. Anche perché la dolcezza con cui aveva parlato non era esattamente il metodo migliore per far capire a una persona che quello che sta facendo ci stia dando fastidio.

Infatti poco dopo il cuscino gli era tornato sul quaderno. Ancora una volta non era riuscito a non sorridere, ma si era imposto di mantenere la calma e appoggiarlo sul pavimento.

-Jolllyyy, non fingere, lo vedo che stai ridendo- aveva scherzato quello, prima di ricominciare l'attacco con altri cuscini.

E la noia della materia che stava studiando, unita alla forza di attrazione dei maledetti occhi di Bossuet lo avevano spinto ad alzarsi dal tavolo e iniziare una battaglia.

Dieci minuti dopo giacevano entrambi sul pavimento, ricoperti da una montagna di cuscini.

-Sei un cretino- aveva riso lui, alzandosi a sedere -ma è anche per questo che ti amo.

Solo in un secondo momento aveva veramente metabolizzato le sue parole e così aveva abbassato lo sguardo, arrossendo vivamente.

-Anche io ti amo, piccolo Joly- si era sentito rispondere.

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