Too young

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Eveline Miller stava mangiando il suo solito sushi nell'unico ristorante giapponese della città che oltretutto gli abitanti odiavano volendo restare disintossicati dal resto delle culture.
Come veri americani dopotutto.
Come colazione si era concessa quella prelibatezza, lasciando Olivier a dormire tranquillo dopo una lunga ed estenuante passeggiata per i boschi con il suo Chopin. Pulendosi le mani con il tovagliolo guardò fuori dai vetri leggermente opachi, vedendo un'unica persona camminare per la vuota Carlinville delle sei del mattino.
Quell'unica persona era Noah Lewis che, appena la vide, entrò nel locale venendole incontro. Eveline cordiale gli offrì da mangiare e il ragazzo accettò soltanto un misero pezzo di zenzero.
-Devo correre in ospedale.
Si giustificò.
-Allora perché sei entrato a salutarmi?
Noah arrossì senza risposta, chinandosi dato che non voleva alzarsi e sfiorandole la guancia con le labbra. Corse velocissimo fuori dal ristorante rischiando di scontrarsi contro l'uomo in giacca e cravatta in ogni occasione, perfino all'alba. Vide il povero Noah alzare le mani e chiedergli scusa chissà quante volte, ma l'altro in risposta quasi lo cacciò via a calci nel didietro: che scorbutico!
Indossava degli occhiali da sole anche al mattino....impossibile.
Per sbaglio lanciò uno sguardo verso di lei mentre si aggiustava la cravatta, guardandola mentre alzava un nighiri per salutarlo. Sbuffando riprese la sua camminata con una valigetta in mano, divorando la strada con fretta.
Osservandolo capì che la direzione era proprio quella per il tribunale, quindi fece bene a pensare che fosse uno di quegli avvocati coi fiocchi che potevano permettersi di combattere tra quelle mura bianche e solenni.
Informatissimi i due ragazzi sapevano che nel palazzo della giustizia in corso c'era una difficile causa di omicidio dove nessuno riusciva a venirne a capo. E forse oggi sentiva che qualcuno l'avrebbe spuntata, magari quell'uomo dall'aria invincibile.
Con calma ingoiò l'ennesimo pezzo di sushi e prese la tazza di tè verde, bevendo placidamente.
Aveva quelle giornate dove voleva soltanto scendere dal letto e andare in giro, magari sulla punta della collina che dominava la città, con l'amato vento preso simbolo di ogni domanda. Finendo di mangiare pagò il dovuto uscendo dal locale, stiracchiandosi ancora indolenzita dalla vita. Pensò ai suoi momenti preferiti trascorsi a scuola di legge, in quella specie di collegio d'altri tempi dove però aveva trascorso esperienze indimenticabili. Con affetto chiuse gli occhi rivedendo le sue amiche di stanza e di banco, tutto ciò che amava. Lo stesso vale per noi a scuola: passi cinque anni ad odiare, ma quando tutto finisce ti rendi conto di quanto ha significato per te.
Al volo fece un salto nel supermercato per prendere un cappuccino di quelli dove devi soltanto shakerare per bere.
Eveline dal dolce nome camminò allegramente per le strade, sfoggiando quel maglione troppo lungo per lei che le arrivava quasi alle ginocchia. Erano nella stagione tra l'estate e l'autunno, a volte freddo a volte caldo.
Con la sua inseparabile borsa del grande Monet, la Miller come tradizione sedette sugli scalini della cattedrale cercando di sentire ciò che dicevano nell'aula. Da lontano vedevi questa bellissima immagine dove il bianco veniva allontanato da una piccola macchia gialla e nera: un'ape tra le margherite.
Prese per sfizio il cellulare con lo sfondo della statuta della giustizia che tralasciava intendere la sua passione nonché ragione di vita.
Purtroppo la legge non si pratica mettendola come sfondo al cellulare.
Con la fotocamera interna iniziò a specchiarsi come ogni ragazza normale, soltanto quando l'idea di farsi un selfie le passò di mente ecco che la spada della statua le cadde proprio in testa, e aveva questo suono:
-Ti sembra il luogo?
Una voce altamente stizzita e stressata già a quell'ora.
Colta in flagrante si voltò lentamente per assaporare i seguenti minuti di rimprovero, ma vide davanti a sé soltanto l'uomo di prima con l'espressione di aver appena passato gli ultimi minuti ad urlare e scervellarsi.
Ora che poteva vederlo meglio osservò il ciuffo moro pendente verso sinistra, tenuto così perfettamente sicuro dalla cera, degli occhi simili ai suoi ma con qualcosa che andava ben oltre il colore e poi, beh: tutto il resto!
Un ben di Dio senza dubbio.
Data l'età poteva benissimo farle la paternale.
Allungò lo sguardo vedendole la cover di Wonder Woman del telefono.
-Una principiante come te inizia male se si comporta così davanti ad un palazzo dove dovrà spenderci la sua stessa vita in futuro!
Eveline non volle alzarsi anche per via del timore.
-Ancora irrispettosa sei? Tsk, farai bene a cambiare atteggiamento prima di entrare qua dentro.
Parlava in tale modo che lei si sentì davvero in colpa, cosa che nessuno era riuscito a farle provare seriamente, e si demoralizzò pensando di non riuscire mai a parlare in quel modo davanti ad un vero giudice.
Si limitò ad abbassare lo sguardo non sapendo come reagire, ma almeno lo scacciò via.
Con gli attimi precedenti ancora impressi lo seguì con lo sguardo finché non lo vide sparire dentro una grossa auto grigia. Dalla borsa tirò fuori le sue cuffie rosa dorate, indossandole e connettendo il filo al cellulare per far partire Spotify.
Tra Avicii e P!nk la strada per casa divenne sempre più corta, fino a ritrovarsi un Olivier Dubois trafelato che la prese per una mano trascinandola in casa.Vide in salotto una donna dai riccioli biondi che tristemente la salutò.
-Ti presento la nostra nuova cliente.
Le sussurrò eccitato il ragazzo.
Per Eveline non c'era nulla di eccitante nel vedere una povera donna sull'orlo della depressione.
Con dolcezza le preparò un tè verde fumeggiante, bloccando ogni tentativo di Olivier per farla parlare finché non so sentisse pronta.
-Come si chiama?
Chiese cauta.
-Christine.
Da sola raccontò.
-Mio marito mi ha lasciata perché spesso non avevo voglia di uscire in centro con lui, di punto in bianco, adesso si è messo con un'altra e mi ha lasciata sola come un cane...non vuole pagarmi gli alimenti e ho sporto denuncia.
Disse tirando su col naso.
-Voi siete gli unici avvocati che posso permettermi.
Dubois lo prese quasi come un insulto alla loro professionalità, Miller no.
-Suo marito ha già preso un avvocato?
Christine alzò il capo distrutta, sorridendo triste.
-Oh si, e mi dispiace mettervi contro di lui però...
Eve la consolò prima di farla scoppiare a piangere seriamente mentre Olivier tutto concentrato prendeva appunti.
-Dicono che Hank Palmer può essere sconfitto solo una volta.
E loro sono troppo giovani per rendere vera quella frase.



*mi piace tutto ciò. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

Mo ve mostro la borsa di Eve, cuz noi di soldi ne abbiamo a palate sisi

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Già che ci siamo anche le cuffie dai, tanto non mi pagano lo sponsor

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