The Lawyer

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Doveva esserci felicità per questa storia, dovevano esserci state molte cose in realtà, ma sapete che uno dei piatti della bilancia deve pur sempre scendere verso il basso. Se il peso è maggiore, peggiore di qualsiasi altra cosa, se si confronta la tristezza alla felicità, allora i piatti resterebbero perfettamente immobili.
Non c'è canzone triste che possa dirvelo, anche solo usando le mie semplici parole posso farvi rabbrividire o piangere.
È un potere enorme che pesa quasi quanto il cielo.
Perciò siamo qui, sono qui, e mi viene chiesto di scegliere per Eveline Miller, per una di quelle tante ragazze uscite dalla mia testa come quando Zeus crea Atena. E se abbiamo parlato di giustizia, di amore, di legge, allora per Eve c'è soltanto una spada. Io gli occhi mi bendo, come statua divento ed ecco ciò che temiamo: il destino.
Lo temi, lo eviti, il destino arriva comunque, direbbe Thanos.
Questa frase la dicono soltanto i cattivi, ed Eveline Miller pensava di esserne parte.
Guardava quella folla però con occhi determinati quanto velati di eterna tristezza. Guardava persone potenti, presidenti di nazioni, ascoltarla. Per tutti era ambasciatrice della giustizia, aveva combattuto per cause apparentemente perse dinanzi alla corte suprema di Washington, ma quando la invitarono a Parigi quella che credette essere la sua patria le impedì di tornare non dimenticando suo padre. Viveva una vita che non aveva scelto, ogni giorno vedeva nemici vecchi e nuovi tornare da lei e sapeva che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa.
Tra qualche ora sarebbe arrivato il Natale, uscendo da quella conferenza oramai terminata non c'era una limousine ad aspettarla, né un bodyguard per scortarla a casa. C'è sempre la prova per vedere se c'è il miracolo in fondo al tunnel, ma non per Eveline. Una ragazza praticamente divenuta famosa dovrebbe avere almeno un ragazzo, un fidanzato, ebbene lei lo aveva o almeno credeva fosse così. Viveva a Carlinville, lavorava come lei forse con più esperienza, ma adesso da molto tempo non lo vedeva e francamente era meglio così. Portava dietro i suoi passi solo guai e trappole, solo errori che costano fiducia, per proteggerlo se n'era andata.
Rimorso, mancanza? Ogni singolo secondo.
Perciò, tornando nel suo piccolo monolocale da sola poiché da sola stava da quando se n'era andata via da Henry.
Aveva bruciato ogni ponte che la potesse indurre al ritorno, alla fine venendo intrappolata dalla sua stessa trappola.
La musica, la chitarra, le lettere dall'inferno tenevano compagnia.
Veniamo al mondo piangendo e questo mi ha fatto sempre riflettere.
Come al solito si sedette sul divano guardando quella foto che aveva addirittura incorniciato, quell'unica foto che aveva di Hank. La solita lacrima scese sulla guancia, il solito sorriso triste, il solito dolore che prende e non da'.
Ogni giorno lei piangeva perché aveva nostalgia di lui, la mancanza è quello che gli deve.
Qualcosa nasce sempre lì dopo che piove, e in questa storia è nata solo una crepa che fa entrare felicità, ma esce veleno.
Poteva sembrare il solito giorno triste, di singhiozzi a volte soffocati a volte gridati, di bottiglie di whiskey rotte sul pavimento, ma l'essere umano sopporta fino a un certo punto. Eveline andava spesso da uno psicologo, il migliore, eppure chi dovrebbe far rinascere le persone con lei non sapeva che pesci pigliare: era la persona più danneggiata, triste e incurabile che avesse mai incontrato.
La risposta è che Hank Palmer era felice ma non con lei, l'unica cosa che la teneva in vita era sapere che era felice per causa sua. Quel piccolo angelo che fa andare tutto bene, che si sacrifica per farci sorridere, che patisce delle pene insopportabili per proteggerci. Eveline Miller era tutto questo.
E si sa che queste persone sono le migliori, ma le più tristi e predisposte all'eterna sofferenza.
Dopotutto c'è un motivo per cui Giuda ha tradito Dio, ci si ferma soltanto al sapere chi è buono e chi è cattivo, ma te l'hanno detto, non lo sai con certezza.
Per Eve non esisteva medicina o solletico per farla ridere di nuovo, sapeva che Hank era tornato con Lisa, e andava bene così. Non è la sua di storia a finire bene, lo accetta, spera soltanto che almeno quella dell'unico uomo che avesse mai amato finisse nel migliore dei modi.
Un cuore così grande purtroppo può far entrare frecce avvelenate.
Non è giusto per voi, non avrà senso per chi si crede talmente esperto da criticare, ma stiamo leggendo di esseri umani e l'errore è l'unica nostra certezza. Lei ed Hank sono una storia lontana, nessuno sa più dov'è oramai, nessuno sa più dire cos'è. È una storia perfino lontana da me, ed Eveline vuole che la lasci dov'è.
Si massaggiò le tempie, l'ennesima bottiglia di whiskey vuota lasciata al suo fianco, il dolore dell'alcol che poteva avvelenarla da un momento all'altro. Ecco, c'è un momento, quando sei ubriaco, in cui pensi d'essere invincibile: non lo sei.
Questo concetto o quello che sto per descrivere nessuna canzone potrà insegnarvela meglio di una storia in cui speri finisca tutto bene.
Eveline tremava, la bava scendeva dalla sua bocca mentre emetteva dei versi strozzati, il sudore le imperlava la fronte mentre veniva dilaniata da un mal di pancia orrendo causato da tutto quel veleno che aveva ingerito negli ultimi mesi, e non era la prima volta che il suo corpo reagiva così.
Si contorceva a terra, senza nessuno ad aiutarla, scossa da brividi violenti e conati di vomito.
Questa volta però il dolore era straordinariamente aumentato, le tappava le orecchie e la bocca per gridare, i cerchi rossi che le marcavano gli occhi sciupati divennero ancora più evidenti. E mentre soffriva, Hank Palmer stava ridendo con Lisa e Lauren aspettando il Natale. Questo pensiero la fece sorridere tra gli spasmi, tra il dolore atroce che la fece gridare senza poter produrre alcun suono e attirare l'attenzione dei vicini. Strinse le mani al petto, chiudendo gli occhi con il corpo che non rispondeva più al suo comando. Alla fine il suo più grande nemico la stava uccidendo, quel nemico che sapeva di non poter combattere: se stessa.
Stava collassando tutto, dai suoi organi avvelenati dal whiskey e dal fumo e purtroppo anche da qualche grammo droga, così iniziò a canticchiare la canzone che cantava sempre con Henry. Voleva portarsela come sottofondo alla sua fine.
Allungò la mano verso il cellulare con sforzo quasi impossibile da sopportare, sentiva i muscoli strapparsi talmente stava andando in crisi, quasi epilettica. Signori ricordate che non c'è bellezza o moda che possa giustificare una sigaretta in più o una bottiglia di troppo. E ricordate sempre che queste cose vi porteranno via gli amici, anche voi stessi.
-Eveline? Stai bene?
Era riuscita a chiamarlo, digitando il suo numero che non riusciva a dimenticare, e risentire quella voce che nemmeno l'alcol poteva far scordare rese quella morte meno dolorosa.
Unì le sue ultime forse solo per lui, per Hank Palmer che ascoltava i suoi gemiti soffocati preoccupandosi, mentre la mezzanotte stava per scoccare.
-S....sono...fe...lice...He..Henry....
Sussurrò, sentendolo urlare il suo nome per il dolore con cui aveva confessato quelle terribili parole, e anche le ultime.
-Dove sei?! Dove diavolo sei?! Resisti che ti vengo a prendere!
Ma lei aveva già messo giù, e non intendo la chiamata poiché era ancora accesa, ma intendo proprio lei.
In quel monolocale una forza immortale aveva abbandonato l'immortalità. Un sorriso aveva smesso di brillare, una stella s'era unita alla notte. Il corpo di una ragazza che avrebbe potuto essere felice giaceva senza più vita sul pavimento, lasciando così ogni cosa. Le grida di Hank ancora risuonavano, ma Eveline non poteva più sentirle. Troppa tristezza, troppa debolezza, non era mai stata capace di sopportare il proteggere il suo più grande amore mai davvero consacrato. Questa storia rimarrà un segreto custodito dalle stelle.
Non è forse colui che difenderebbe ciò che è giusto fino alla morte, l'avvocato?







*non mi dispiace per questo finale, mi mancava far finire così una storia. Sono malvagia lo so, potrete dirmene di tutti i colori nei commenti, una certa persona mi crucerebbe una volta per tutte, ma non potete negare che questa è stata una grande avventura, comunque sia andata a finire. Un altro viaggio è finito, alcune citazioni alla canzone Lettera dall'Inferno che Emis Killa fece per Braccialetti Rossi sparse ovunque, e per la ventottesima o ventinovesima volta ci ritroviamo alla solita fermata. Aspettando il prossimo treno. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Alla prossima storia.

*Qua da Shinimal è tutto Alla prossima storia

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