Read all about it

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Eveline Miller correva sempre di più, ferendosi i piedi scalzi ma sentendo il terreno pulsare sotto di lei, portarla verso la cima. Aveva perso ogni cosa, non riusciva a vedere bene da dove salire la collina dato che aveva la vista annebbiata dalle lacrime che ostentava a far uscire.
Guardò un'ultima volta indietro, arrampicandosi per la salita che portava in cima.
Faceva più fatica del solito a salire, il dolore la spingeva giù, a tornare dai suoi problemi e affrontarli.
Ogni passo le sembrava che la collina diventasse ripida come una montagna, ma è soltanto una semplice collina.
Scoppiando a piangere cadde in ginocchio strappandosi i delicati pantaloni sul terriccio, aggrappandosi al tronco di un albero con la costante sensazione di star precipitando.
Un martello batteva dentro la sua testa, pulsava la pelle, una morsa senza nodi legata al cuore.
E poteva sprigionare la luce più forte che abbiate mai visto, quindi perché restare con questa tragedia sulle spalle?
Perché stare nel buio quando si può risplendere?
La mano debole come il suo respiro si aggrappò al terreno, prendendone un po' per poi farlo trasportare dal vento.
E lui arrivò.
Il vento le scompigliò i capelli, dandole la forza di respirare, facendola barcollare fino allo sprazzo che dominava la città, quassù, in questo splendido e triste momento.
Si mise a correre, due lame incastonate nel petto, urtando un ramo appuntito che le ferì un braccio facendola cadere a terra urlando.
Non è il momento di urlare, quando il vento copre la tua bocca, quando domini il paesaggio.
E pensava a tutto, non solo ad Hank, ma a tutto.
Lei voleva cambiare il mondo con le proprie parole, scacciare via le sue ombre del passato e smetterla di nascondersi.
Aveva un grande potere di cambiare le cose, quindi perché restare a Carlinville?
Sotto il dominio di prepotenti uomini che giocano a fare gli dei.
Piangendo mise la testa per terra, sentendola inumidirsi assieme alle sue lacrime e la pioggia.
Il vento restava a coprirla per proteggerla, facendola sentire viva, aprendole quella ferita perché senza dolore non esiste una storia. Si macchiò del suo stesso sangue, quello che scorre e non si ferma mai come l'istinto.
Eveline hai il ruggito di un leone dentro al cuore, quindi perché continui a tacere?
Aprì la bocca lasciando che il grido si formi da solo, esca da solo, spalancando le braccia con il sangue che scorreva mentre in ginocchio il vento portava il suo grido ovunque.
La pioggia non è nient'altro che l'eterno pianto delle stelle.
Si strinse il braccio ferito al petto, soffrendo, urlando ancora e ancora e più urlava più il vento le dava forza di farlo.
Lei ha la forza di un tornado dentro agli occhi, ma li abbassa sempre.
Ogni giorno le dicevano che non poteva essere quello che desiderava, di fare qualcosa di più semplice, e perché dovrebbe fare qualcos'altro se quello che vuole fare è l'avvocato?
Ditelo voi a me.
Il vento infuriava con la rabbia di Eveline, restava con lei ad ogni pugno, ogni sangue versato.
E se non è stato dolore e sofferenza come diavolo hai vissuto?
Con il volto sporco di lacrime e terriccio, di sangue, di vento che la prendeva a schiaffi per renderla una guerriera, di un libro dal finale ancora tutto da decidere, lei chi doveva essere?
Poteva tornare in città e sguainare le parole usandole come la peggior arma del mondo, perché quello sono, invece gridavano lei e il caro vento.
Il vento è il grido della natura, il fuoco del cielo, il soffio delle stelle.
Il vento è dolore e agonia, tortura, brutalità, la caduta di un popolo, ma è e rimane l'imperfezione di un dio.
Ora Eveline aveva lui e lui soltanto, in quella città c'erano soltanto traditori.
Lei, Hank, Olivier, erano delle persone straordinarie, quindi perché sono diventate così paurose di loro stesse?
E parola dopo parola, grido dopo grido, la battaglia cominciava sotto il suo sguardo, sulla splendida tempesta che stava per abbattersi su Carlinville.
Eveline aveva occhi soltanto per guardare avanti rifiutandosi di voltarsi, ricevendo così altrettanto dolore.
Non ha senso creare il caos e poi scappare, per questo doveva tornare al più presto.
Soltanto quel minuto in più sulla vetta del mondo, dove appena credi di essere invincibile cadi giù.
Stava vivendo la sua vita, così ingiusta e segnata, era ora che prendesse in mano le redini del suo destino e guidare lei.
Poteva cancellare tutto senza accorgersene, ma arrabbiarsi non serviva a far tornare indietro ciò che aveva eliminato.
Poteva stare a gridare con il vento per l'eternità, io dico ad ogni dio il suo simbolo, perciò la tempesta senza fulmini doveva portarla a Carlinville.
Doveva essere Eveline Miller a prendere la bilancia e la spada per pesare la giustizia e colpire gli ingiusti, non aspettare  che sia una statua immobile a farlo.
La canzone che impari solo alla fine, che capisci dopo averla ascoltata soltanto una volta, è la tua.
Sono soltanto parole per far finire la musica, perciò lascerò che il vento le porti via.
Questo significava scendere in strada e non lasciare che l'amore e le emozioni la indussero ad abbassare la guardia, eppure non è mai stato così facile.
Voleva cantare, voleva gridare, voleva urlare finché le parole si asciugano.
Se questa è la sua storia, allora non provava vergogna a leggerla tutta.








*errori di battitura a parte, mi è mancato tutto ciò. Commentate e votate altrimenti vi crucio...*
Qua da Shinimal è tutto
Al prossimo capitolo.

*Qua da Shinimal è tutto Al prossimo capitolo

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