Cap 22

134 12 0
                                    




" Arriverà, eccome se arriverà.

Arriverà il momento in cui ti sentirai felice,

felice da morire, felice da vivere.

E tutto il dolore, e le lacrime, e le tristezze,

sembreranno lontane anni luce,

quasi come un ricordo.

E sarai felice di aver sofferto così

perché quella sofferenza ti avrà portato a diventare quella che sarai,

una persona migliore,

una persona che sorride, e sorride davvero.

Arriverà la felicità, eccome se arriverà"

La mattina arriva il dottore per comunicarmi che i miei test sono buoni,  quindi posso tornare a casa.

<< Prima che arrivi tuo padre vorrei parlare un po' con te. >> esordisce Karina.

<< Okay >> rispondo tranquilla, sedendomi sul letto, seguita da Karina.

<< Mi rendo conto che il discorso di ieri ti ha lasciato un attimo spiazzata; a primo impatto puoi aver pensato che io lo stessi difendendo, ma non è così... Ecco.. Io voglio solo che tu sia sicura di quello che fai>>

<< Che intendi dire?>>

<< Non lo so... Arrabbiandoti in questo modo, e evitare di parlarne... Devi tener conto che non per tutti è facile parlare della propria vita con leggerezza... Forse aspettava davvero il momento giusto>>

<< Lo so>>

<< Lo sai?>> mi chiede, aggrottando le sopracciglia.

<< Si, per questo gli ho scritto ieri sera>> le passo il telefono, per farle leggere il messaggio.

<< Stai facendo la cosa giusta>> mi dice, dopo avermi ripassato il telefono.

<< Lo penso anche io... Solo, vorrei sapere perché fare la cosa giusta fa così male>>

<< Perché altrimenti non sarebbe la cosa giusta... Il dolore che hai provato, ti fa capire, dopo aver fatto la cosa giusta, che ora stai meglio. E che hai fatto bene a fare in quel modo>>

<< Come sei saggia>>

<< Avere 18 anni aiuta>> risponde ridendo. << Ora vado, devo tornare a scuola. Vengo a casa tua dopo>>

<< A dopo>>

POV ADAM

Il mio risveglio è stato traumatico, contando il fatto che ho dormito solo 20 minuti.

Dopo il messaggio di Dylan, non sono più riuscito a dormire. Tutto questo mi fa sentire un ragazzino alle prime armi.

In più devo fare lezione nella sua classe oggi, e visto che le sfighe non vengono mai sole...

<< Adam, ti devo parlare>> esordisce Kari, venendomi in contro nel parcheggio.

<< Io ti odio, per quello che hai fatto a Dylan. E questo già lo sai... ma le ho comunque suggerito di parlare con te. Di più non  posso fare. In più devo scusarmi con te, non avevo diritto di parlarti così. Sei un mio insegnante, e mia madre mi ha insegnato il rispetto>>

<< Kari... Non devi scusarti di nulla. Avresti dovuto dirmi quello e tanto altro... Sei la sua migliore amica, è un tuo diritto parlami così. Vorrei solo che tu sapessi, e lo dicessi anche a Dylan, che non ho mai avuto intenzione di farle del male, o tanto meno ferirla>>

<< Dovresti parlarne con lei... Ma sappi che ti credo>>

<< Dici sul serio?>> chiedo sbigottito.

<< Si>> risponde con dolcezza

<< Perché? Cosa ti ha fatto cambiare idea?>>

<< Quando parli di lei, hai lo stesso sguardo che Aidan ha con me. QUESTO mi ha fatto cambiare idea>>

<< Che sguardo?>>

<< Quando parlerai con Dylan, dille questo. Lei saprà risponderti>>

Poi torna dai suoi amici, e io entro a scuola.

POV DYLAN

Odio, e ho sempre odiato stare a casa da sola. Mi fa stare mille volte peggio di quanto già io stia.

Papà ha chiesto di non viaggiare per un po', ma deve comunque andare in ufficio, e tutti i miei amici sono a scuola.

<< Joker! La pappa!!!>>

Dopo avergli dato da mangiare, ci mettiamo sul divano. Ma la pace non dura molto; comincia a suonare il campanello con insistenza. Così mi alzo e vado ad aprire

Aperta la porta, sento tutto il sangue defluire dal mio viso, mentre Joker comincia a ringhiare. Non riesco a muovere un muscolo.

<< Mamma>> è l'unica cosa che riesco a dire.

<< Ciao cucciola... Dici al cane di smettere di ringhiare?>> esordisce, superandomi ed entrando in casa.

Ci metto un secondo per riprendermi dallo stato di stupore in cui sono caduta, e ora sento tutta la rabbia repressa farsi strada dentro di me.

Chiudo la porta,  con un gesto secco, e mi dirigo in salotto.

<< Che cavolo ci fai tu qui?>> chiedo, gelidamente.

<< Tuo padre mi ha chiamato ieri sera, dicendomi che avevi avuto un attacco... Così sono venuta a trovarti. In ospedale mi hanno detto che eri già tornata a casa. Avvisare no?>>

<< Stai scherzando, vero?>>

<< Scherzando? Dylan, sei mia figlia. E' normale che io mi preoccupi per te>> mi risponde, come se fosse la cosa più scontata del mondo.

<< Certo! Peccato che non ci vediamo da 9 anni!>>

<< La puoi smettere di urlare? Mi fai venire mal di testa>> mi risponde scocciata. << A proposito... Dove è tuo padre? Dovrei parlare con lui urgentemente>>

<< E' al lavoro.. Torna sempre tardi ultimamente. Ma che t'importa? Devi andare via! Io non ti voglio qui! NON ABBIAMO BISOGNO DI TE!>>

<< Beh... mi dispiace, ma dovrai abituarti alla mia persona>>

mi dice, tranquilla

<< Non ci pensare neanche!>>

<< Adesso basta, Dylan!>> urla. Poi si alza, e viene verso di me.

Spero che non stia per abbracciarmi, e infatti mi stupisce ancora. Alza la mano e mi da un schiaffo molto forte.

Sento le lacrime contornare i miei occhi, e la guancia prudere dal dolore.

<< Va nella tua stanza>> sussurra poi.

All'improvviso mi viene in mente che tra poco dovrebbe tornare Jamie da scuola, e non ho nessuna intenzione di farli incontrare. Gli mando un messaggio dicendogli di non tornare, e che gli avrei spiegato tutto domani.

E poi chiamo mio padre.

<<Pronto>> risponde lui, con tono preoccupato.

<< Papà... puoi tornare a casa?>> dico, con il magone e le lacrime che non smettono di scendere.

<< Dylan, mi fai preoccupare... Ti senti male?>>

<< Lei è qui!>>

<< Dammi 20 minuti, e sono a casa!>>

Insegnami   Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora