1. Poisoned

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Di correre in quel modo, con il cuore che mi batteva all'impazzata nel petto ed i denti che tremavano per l'adrenalina, non mi capitava ormai da un bel pezzo.

Ero abituata al mio triste stile di vita, credevo che nulla potesse ancora farmi effetto o sconvolgermi, ma mi sbagliavo.

Eccome se mi sbagliavo.

Corsi finché non mi cedettero le gambe, addentrandomi nella fitta boscaglia che circondava il paesino nel quale vivevo, dopodiché mi rannicchiai tremante con la schiena appoggiata contro un albero e le gambe al petto.

In mano reggevo la mia arma di difesa, un limetta per le unghie in ferro completamente sporca di sangue, mentre i vestiti che coprivano i vari lividi sul mio corpo, erano completamente stropicciati. Guardai con un sospiro il buco nerastro che storpiava orribilmente la mia maglietta rossa, passando un dito sulla pelle sottostante.

Avevo sempre detestato le maledette sigarette che mio padre fumava dalla mattina alla sera, ma da quel giorno decisi che le avrei odiate a morte. La mia pelle, dopo essere venuta a contatto con una di quelle schifezze, aveva iniziato ad emanare uno strano odore di bruciato, quasi insopportabile.

Sospirai e decisi di non pensarci più: almeno quello non era il livido più profondo che mi aveva fatto da quando ero nata.

Ricordai che una volta, in preda ad uno scatto d'ira, mi aveva picchiato selvaggiamente a mani nude, senza mostrare alcun sentimento di pietà o rimorso, tanto che mi era rimasto per un mese un livido enorme ed irregolare, grande più di una mano.

Questa volta me la ero cavata con meno ferite, e la cosa mi rendeva parecchio felice, ma chissà cosa mi avrebbe fatto non appena sarei ritornata a casa. Odiavo dover mentire alle persone sul perché di quei lividi e di quei graffi, quindi ero felice che stavolta quel bastardo mi avesse colpito in posti abbastanza nascosti.

Mi alzai in piedi, con gli occhi completamente vuoti, e zoppicai malamente fino al laghetto stagnante che si trovava a pochi metri da dove mi trovavo.
Era un laghetto piccolo e putrido, nel quale sguazzavano liberamente rane dal colore dorato e rospi vari, saltando da foglia a foglia.
La poca acqua che non era ricoperta da muschio e foglie, aveva un colore verdognolo che ricordava il vomito.

Tuttavia non c'era tempo di fare gli schizzinosi: avevo il gomito destro e le suole delle scarpe sporche di sangue e dovevo assolutamente ripulirmi.

Usai un po' d'acqua per togliere quello schifoso liquido rossastro dal mio prezioso giubbotto di pelle nera, poi immersi una alla volta le suole nel laghetto, agitandole per bene per eliminare ogni residuo.
Per ultimo, lavai accuratamente la limetta e me la rimisi in tasca.

Sospirai nuovamente, mettendo entrambe le mani nelle tasche dei miei pantaloni neri, iniziando ad incamminarmi per la mia strada: si era fatto tardi e dovevo assolutamente ritornare a casa in tempo, altrimenti chissà cos'altro mi avrebbe potuto fare, usando il mio ritardo come scusa per sfogare il suo stress su di me.

Zoppicai per un'altra decina di metri prima di capire che ero troppo esausta per continuare a muovermi, dunque cercai di prendere fiato appoggiandomi ad un albero.

Iniziai a vederci doppio, poi tutto cominciò a farsi scuro e buio, quasi come se stessi avendo un calo di zuccheri. Gli alberi, le foglie ed i rami che mi circondavano iniziarono a muoversi vorticosamente intorno a me, tanto che mi parve di stare per morire: non mi era mai capitata una situazione simile in vita mia, ed ero completamente paralizzata.

Avrei tanto voluto urlare aiuto, ma nessuno sarebbe mai venuto in mio soccorso: ero sola, nel bel mezzo della boscaglia, ed era sera.
Sarei stata davvero una stupida a credere che ci fosse davvero qualcuno nei paraggi.

Metal Claws - (Lemon) Levi Ackerman X ReaderDove le storie prendono vita. Scoprilo ora