Capitolo 20

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                               ***
<<Eva sbrigati, non vorrai arrivare tardi al colloquio?!>> grida Helena dietro la porta del bagno, rassegnata ormai al fatto di dover sempre aspettare almeno mezz'ora prima di poter entrare anche lei.
<<Ho quasi finito un attimo solo!>> rispondo mentre lego i capelli cercando di creare uno chignon elegante.
<<Fanculo>> sbotto. Dopo vari tentativi non sono ancora riuscita a farlo, quindi mi accontenterò di tenerli sciolti.
Apro la porta e mi incammino verso verso la cucina frustrata e un po' nervosa.
Mi siedo accanto ad Ashley che mi passa una tazza di caffèlatte fumante e insieme ad Helena mi guarda storto.
<< Non dovevi legarteli?>> chiede indicando i miei capelli.
<<Si, dovevo, ma non ci son riuscita.>> sbuffo per la seconda volta, ripensando alle inutili due giornate spese ad immaginarmi elegante per il colloquio.
Scoppiano entrambe in una risata e io socchiudo gli occhi cercando di trattenerla.
<<Non è divertente>> avverto entrambe sorseggiando il caffèlatte per nascondere il mio sguardo divertito.
Helena alza le mani imitando la scena di una che si è arresa.
<<Okay, okay basta. Jace è giù, ti sta aspettando, quindi è meglio se ti sbrighi>> mi dice.
<<Da quanto?!>> Chiedo incredula e sorpresa.
<<Da circa quindici minuti>> ammette con tutta calma.
Per la prima volta riesco a non farmi andare di traverso la bevanda, ma invece di restare impassibile come lei, mi alzo, agitandomi per cercare di fare più cose contemporaneamente. Con una mano mi porto la tazza bollente alla bocca scottandomi di continuo e con l'altra addento il mio croissant.
<<Ma perché è arrivato prima? Non ho neanche tempo di fare colazione tranquilla adesso!>> Grido tra un morso e l'altro.
Poggio la tazza sul lavandino e salutando furtivamente le mie amiche scendo di fretta le scale per raggiungerlo.
Non sono mai stata una ragazza puntuale e il fatto che Jace arrivi in anticipo non fa che peggiorare le cose.

<<Ciao>> ansimo cercando di riprendere fiato non appena salgo in macchina.
<<Buongiorno>> risponde avvicinandosi e porgendomi un dolce bacio sulla guancia per poi soffermarsi divertito sulle mie labbra.
<<Ho qualcosa che non va?>> chiedo preoccupata dalla sua reazione.
<<No è solo che..>> il suo sorriso si sta allargando e continuo a non capire il motivo.
Inizio a frugare nella borsa per cercare uno specchietto ma vengo fermata dalle sue dita che premono dolcemente sull'angolo della mia bocca.
<<Hai del cioccolato qui.>> inizia a muovere il pollice e in pochi secondi lo ritrae faccendoni arrossire dall'imbarazzo.
<<Stavo cercando di fare presto per non farti aspettare troppo e mi sono dimenticata di guardarmi prima di uscire..>> abbasso lo sguardo per evitare il contatto diretto con i suoi occhi e coprendoli con le mani ma vengo obbligata a farlo non appena mi posa le sue dita sul mento per farmi voltare verso di lui.
<<Pronta per il colloquio?>> mi chiede sorridendo.
<<Non mi hai voluto dire che lavoro è, quindi direi di no..>> ho insistito per giorni ma non c'è stato verso di saperlo, e questo non fa che farmi agitare di più.
<<È una sorpresa, quando arriveremo lo scoprirai>> accende la radio cercando una canzone da ascoltare durante il viaggio e alla fine si ferma su una intitolata "Dusk till dawn", che inizia sin da subito a entrarmi dritta al cuore.
Accende il motore e parte, restando in silenzio insieme a me, in un silenzio che fa riflettere, per nulla imbarazzante e che mi fa ammirare soddisfatta il cammino che ho intrapreso.
Prendo il cellulare dalla tasca dei jeans e digito un messaggio a mia madre dicendole che tutto sta andando meglio di come speravo e promettendo di chiamarla una volta tornata a casa.

<<Siamo arrivati, scendiamo?>> mi domanda.
Annuisco aprendo la portiera e osservando l'insegna a forma di boccale di birra: è un bar.
L'idea di dover servire alcolici non mi alletta molto vista la situazione di mio padre, ma è pur sempre un lavoro e ne ho bisogno.
Entriamo e inizio a guardarmi intorno. È piccolo ma molto accogliente, presenta un lungo bancone di marmo nero, in cui dietro, dove c'è il muro sono presenti almeno un centinaio di bottiglie contenenti alcolici. Gli sgabelli alti color argento riflettono la luce che arriva dal soffitto. Le pareti sono bianche ma coperte da molte cornici che ritraggono la storia del bar.
<<Come ti sembra?>> ha gli occhi speranzosi, probabilmente è felice di avermi aiutata.
Il posto di per sè non è male, anche se non nego che mi ricorda molto mio padre.
<<È bellissimo! Grazie!>> lo abbraccio sorridendogli sincera, se prima l'idea non mi sembrava delle migliori, ora invece non vedo l'ora di lavorare.
<<Buongiorno, lei deve essere Eva Lewis>> una voce incombe dietro di me.
Entrambi ci stacchiamo dall'abbraccio e mi avvicino all'uomo per stringere la mano che mi ha porto.
<<È un piacere conoscerla, io sono John Thompson>>
È un signore sulla trentina, alto poco più di Jace, occhi marroni e capelli castani e con uno volto che ispira fiducia e simpatia.
<<Il piacere è mio, può darmi del tu se vuole>> sorrido contraccambiando la sua cordialità.
<<Mi hanno parlato bene lei, così ho deciso di darle una possibilità, non farai il colloquio, ma inizierai domani sera se per te non è un problema>> sposto il mio sguardo verso Jace per capire se è stato lui a parlare di me, ma lo vedo confuso allo stesso modo in un cui lo sono io.
<<Scusi ma chi le ha parlato di me?>> domando incuriosita, se non è stato Jace non so chi altro potrebbe essere.
Proprio mentre mi sta per rispondere il suo cellulare squilla e con un gesto indica a me e Jace di aspettare un attimo.

<<Eva non ti ho detto una cosa..>> mi guarda preoccupato passandosi le dita tra i capelli.
<<Cosa?>> speravo che per una volta le cose potessero andare per il verso giusto.
<<Qui lavora anche Daniel, non tel'ho detto perché non volevo che tu rifiutassi il lavoro ancor prima di provarci. Credo che sia stato lui a parlare bene di te.>>
Resto senza parole. Da un lato sono arrabbiata, insomma, non è stato sincero con me, ma so che aveva soltanto buone intenzioni e che aveva perfettamente ragione, se mi avesse detto che Daniel lavorava qui non sarei venuta.
Ma ora che so che ha parlato bene di me, nutro la speranza di poter andare finalmente d'accordo con lui.
<<Scusatemi, dovevo proprio rispondere. Il ragazzo che mi ha parlato di te si chiama Daniel, lo conosci giusto?>> chiede.
<<S-si>> ammetto sapendo di non conoscere affatto il vero Daniel ma solo il lato che duro che vuole mostrare.
<<Perfetto, allora domani sarà lui a spiegarti il lavoro, ci vediamo domani alle 19:00>>  mi porge la mano e la stringo un'ultima volta prima di vedere la sua figura andarsene.

MADNESS - Un passato da dimenticare (IN PAUSA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora